di Marcello Foa.
Qualcosa vorrà pur dire se per la seconda volta in poche settimane le
 opposizioni abbandonano in massa il Parlamento al momento del voto di 
leggi fondamentali per il futuro del Paese. Tutte le opposizioni: da Sel
 alla Lega. Un comportamento senza precedenti. Significa che i principi 
fondamentali della democrazia sono in pericolo, non sono più condivisi.
E’ in questi frangenti che un presidente della Repubblica deve 
intervenire, rimandando alle Camere le leggi contestate e costringendo 
il premier a riaprire trattative su quelle che non possono essere che 
regole condivise. Sergio Mattarella, che nella sua vita professionale si
 è creato l’immagine di giudice inflessibile, ora appare come un 
fantasma politico, una non-entità, tanto lusingata per l’inaspettata 
elezione al Colle quanto palesemente inadeguata, al punto da convalidare
 il sospetto che sia stato messo lì apposta per non disturbare il 
manovratore.
Se ha personalità, se ha davvero il senso dello Stato, questo è il 
momento di mostrarlo, di imporlo con forza ma temo che Mattarella questo
 coraggio non l’abbia e che preferisca passare alla storia come il 
presidente che ha avallato due misure golpiste – riforma dell’articolo V
 della Costituzione e ora l’Italicum – anziché, come suo dovere 
istituzionale, fermare il nuovo piccolo Duce, Matteo Renzi.
E che dire del Partito democratico? All’ultima votazione i dissidenti
 sono stati 60, più di prima ma ancora troppo pochi e chiaramente 
isolati. Nel Pd non si respira un clima di rivolta, si percepisce, 
semmai, uno straordinario ma non sorprendente conformismo, un 
appiattimento delle coscienze che cancella d’un tratto tutte le loro 
emozionanti, travolgenti, irrinunciabili battaglie civiche degli ultimi 
due decenni.
Già perché la sinistra dei “pecoroni†si era fatta leonina per 
combattere i rischi di una deriva autoritaria da parte di Berlusconi, 
che avrà avuto tanti difetti e ha commesso tanti errori, ma non ha mai 
avuto mire dittatoriali. All’epoca, però, era facile opporsi, tutti 
assieme, a Berlusconi; era facile provare, tutti assieme l’ebrezza di 
sentirsi inflessibili paladini della democrazia di fronte al satrapo di 
Arcore.
E ora che quei timori si materializzano – e non è un’opinione, ma un 
fatto – quella sinistra non solo non si oppone all’uomo che rappresenta 
davvero una minaccia per la democrazia, Matteo Renzi, – il caudillo come
 lo ha definito Ferruccio De Bortoli – ma lo saluta festante, partecipa 
attivamente al golpe, approvandolo in Parlamento. Ancora una volta, 
tutti assieme, con poche lodevoli ma insufficienti eccezioni.
Sempre e comunque omologati e cortigiani.
Lasciatemelo dire: che vergogna.
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Fonte:   http://blog.ilgiornale.it/foa/2015/05/05/renzi-il-piccolo-duce-e-i-suoi-complici/-