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La sinistra che non capisce nulla di fisco. Il caso tasse sulla casa

Le tasse sulla casa più che raddoppiate rispetto alla vecchia Ici, con una caduta vertiginosa dei prezzi delle abitazioni. Ecco gli equivoci e le furbate di chi vuole tutto ciò

La sinistra che non capisce nulla di fisco. Il caso tasse sulla casa
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30 Luglio 2015 - 07.41


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di Aldo Giannuli.

C’è un tema costantemente assente dai
dibattiti nella sinistra: quello del fisco e quando se ne parla sarebbe
stato meglio che non se ne fosse parlato.

Ogni tanto c’è qualche generico slogan
del tipo “che anche i ricchi paghino le tasse” senza, peraltro, mai dire
come fare a fargliele pagare. Semplicemente il tema è ignorato, e si
ripiega sulle piccole manovre che spremono il ceto medio. Questo in un
paese con la più alta pressione fiscale di Europa che (sommando quella
diretta e quella indiretta) supera di slancio il 50% del Pil.

Da Monti in poi è iniziata una
sciagurata politica fiscale, poi proseguita pedissequamente da Letta e
Renzi, il cui risultato è una flessione secca del Pil che ha contribuito
a portare il rapporto debito-Pil dal 119% al 133%. In questi anni
abbiamo avuto una grandinata di fallimenti delle imprese e i tassi di
disoccupazione sono schizzati a livelli senza precedenti. Il tutto
mentre veniva propalata senza vergogna la bufala merkeliana della
“austerità espansiva”, come dire “la fortunata sciagura”, “l’allegra
agonia”
, l’”onesta rapina”.

E’ evidente agli occhi di tutti che, se
prosegue questa morsa fra alti interessi bancari e pressione fiscale
fuori misura, possiamo far fagotto ed emigrare tutti, perché nel giro di
qualche anno saremo ridotti peggio della Grecia. Dunque, nel programma
di un partito di sinistra, al primo posto, dovrebbe esserci il taglio
secco ed immediato delle tasse, in primo luogo abolizione di ogni tassa
sulla prima casa e riduzione di almeno 4 punti dell’Iva, che colpisce
soprattutto i ceti deboli ed il consumo.

Invece, proprio non se ne parla. Perché?
Perché parlare di tagli al fisco è una cosa di destra, un favore ai
ricchi. Non è detto che i vari Vendola, Landini ecc. vi rispondano
esattamente in questi termini, ma è quello che pensano. Uno dei luoghi
comuni più cretini del sistema solare.

Per capirlo, bisogna capire che nella testa dei nostri ci sono due idee fisse:

a. le tasse sono “bellissime” perché così si redistribuisce la ricchezza

b. la spesa pubblica è flessibile solo al rialzo perché bisogna allargare lo Stato sociale.

Idee che avevano un loro (relativo)
fondamento in tempi di keynesismo trionfante. Ma in epoca di neo
liberismo imperante la verità è il contrario: pagare le tasse opera una
redistribuzione della ricchezza, ma dai ceti medi e deboli a quelli più
ricchi, attraverso il meccanismo degli interessi sul debito pubblico e
la spesa statale si dirige in larga parte nelle tasche del management
statale e para statale. Dunque il contrario di quello che era prima. Poi
bisogna considerare che, anche in tempi di keynesismo, il buon senso
non va in vacanza e il prelievo fiscale non può superare certi limiti,
oltre i quali si strangolano consumi e profitti di impresa.

Veniamo ad un magnifico esempio dei
luoghi comuni della sinistra in materia fiscale: la tassa sulla casa la
cui abolizione fa inorridire Bersani (che, ripeto,
è uno che dovrebbe aprire bocca solo per autodenigrarsi) e il giovane
turco Fassina. L’argomento che piace tanto a sinistra è che farlo in
modo indiscriminato è un favore ai ricchi, che hanno case lussuose a
piazza Navona o a Cordusio e possono pagare e, quindi, che paghino.
Cercheremo ora di dimostrare che si tratta di una barbonata culturale,
populismo da due soldi ed in mala fede.

La questione ha tre aspetti: uno morale,
uno economico ed uno giuridico. Di quello giuridico parleremo in un
pezzo apposito in altra occasione, vediamo gli altri due.

Iniziamo dal primo: è sicuramente giusto
che chi più ha più deve dare, va bene, ma questo ha senso se la misura
in questione incide in modo efficace, non se si tratta di una sparata
propagandistica di nessun effetto pratico. In primo luogo, occorre
stabilire la soglia o le soglie oltre le quali si può stabilire un
coefficiente di ricchezza, magari gradato. Cosa è una casa di lusso?
Mettiamola in termini di valore monetario. Tutti saremo d’accordo a dire
che un appartamento di 200 metri quadrati da 12.000 euro a metro quadro
nel nuovo grattacielo milanese di citylife è una abitazione di lusso,
ma una casa da 400.000 Euro a Trastevere o a Lambrate è una casa di
lusso?

Il populista di sinistra (frequentatore
di salotti e terrazze romane, beninteso) dice: al primo facciamo pagare
una tassa pari all’ 1% del valore, al secondo una dello 0,1%. E questa
vi pare una cosa giusta? Non vi viene in testa che lo 0,1% su un
appartamento da 400.000 euro pesa molto di più sul reddito di un
contribuente del ceto medio che non l’1% della casa da 2 milioni di Euro
di un contribuente che, se ha una casa così, sicuramente ha un reddito
molto superiore al quintuplo del precedente. La scienza economica (vedi
il coefficiente Gini) ci insegnano che ci sono spese come
l’alimentazione e l’abitazione la cui incidenza cala sensibilmente man
mano che il reddito sale: non lo sapevate grandi economisti della gauche
caviar? Eppure, dati i vostri redditi presumibili, dovreste saperlo
almeno per esperienza. Realisticamente, quell’appartamento a citylife,
rappresenta meno del 5% (ed in molti casi meno dell’1% o lo 0,1%) del
Paperon Paperoni che la abita.

Se vogliamo realizzare una giustizia
impositiva dobbiamo tassare il contenuto del deposito di Paperone, non
le mura del deposito, vi pare?

Quindi come moralisti, i vari Bersani e
Fassina non valgono una cicca. Sono solo furbastri di buon reddito che
fanno facile populismo. Comunque le istanze di ordine morale, quando si
parla di politica o economia, hanno un peso relativo, veniamo a quello
che conta di più: l’economia.

I dati dicono che, a partire dal governo
Monti, le tasse sulla casa sono più che raddoppiate rispetto alla
vecchia Ici e fatte le dovute rivalutazioni questo ha provocato una
caduta vertiginosa dei prezzi delle abitazioni che, fatto 100 al 2010,
oggi, secondo l’Istat,  è arrivato a 82,9%. Va detto onestamente che i
prezzi immobiliari, almeno sino al 2007-8 erano obiettivamente gonfiati,
ma una caduta di 1/5 in cinque anni è uno sproposito che non solo
deprime i consumi, ma ha effetti disastrosi sul mercato immobiliare.
Questo significa che si sta puntando a scoraggiare la casa di acquisto,
in favore della casa in affitto, con l’effetto indiretto di premiare la
rendita immobiliare, una volta che gli italiani avranno svenduto le case
di proprietà ed allora, magicamente, le tasse caleranno.

Ovviamente, questo non significa che la
casa sia un bene non tassabile in assoluto, ma in limiti di
ragionevolezza. Sulla casa, come su ogni altro bene (dalle barche alle
auto) il cittadino italiano paga al momento dell’acquisto una tassa.

Inoltre è giusto pagare il servizio
ricevuto in termini di raccolta dei rifiuti o di assetto della viabilità
o delle opere di urbanizzazione, ma, dopo questo, di che stiamo
parlando? Il fatto è che i governi italiani hanno usato le tasse sulla
casa come un bancomat, il che ha causato ora una caduta verticale
dell’industria edilizia (non mi riferisco solo a nuove costruzioni ma
anche a ristrutturazioni di quelle esistenti). Ma quando si ferma
l’edilizia, si ferma tutto, perché, oltre che cadere l’occupazione nel
settore delle costruzioni, si fermano le industrie dei materiali
(cemento, ferro, marmo, legno, porcellane, vetro, gomma rubinetterie
ecc); forse non ci avete mai fatto caso, ma il mattone è il più
importante attrattore del ciclo economico, anche più dell’auto.

Dunque alleggerire la mano sulla casa è
una misura necessaria a ridare fiato al principale motore industriale
del paese. Infine: abbiamo detto che se vogliamo riequilibrare i pesi
fiscali, dobbiamo mettere le mani sulla grande rendita finanziaria. In
questo senso le tasse sulla prima casa dei “ricchi” sono la classica
puntura di spillo ad un elefante, ma anche una misura del tutto
irrisoria dal punto di vista del gettito. Le case di abitazione di gran
lusso sono una percentuale ridottissima del patrimonio immobiliare
italiano e realisticamente possono produrre un gettito molto inferiore
all’1% del gettito fiscale. Questo è come dire che si combatte
l’evasione fiscale con le retate a Cortina d’Ampezzo o sulla riviera
ligure (ricordate i primi tempi di Monti): roba da dare in pasto
all’opinione pubblica per coprire la vera grande evasione fiscale.

Urlare all’ingiustizia sociale per
questo è solo una sparata populista per distrarre l’attenzione dal tema
vero che è quello della rendita finanziaria.

Un espediente miserabile di un ceto
politico ancor più miserabile che dopo aver fiancheggiato Monti ha il
coraggio di presentarsi come “sinistra”.

 

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