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La mangiatoia olimpica

Le elezioni amministrative e la partita dei grandi appalti, tra lusinghe e censure del grande circo mediatico. [Alberto Melotto]

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9 Giugno 2016 - 18.17


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di Alberto Melotto

Le elezioni amministrative, anzi le elezioni in generale, sono una vera manna per molti giornalisti del grande circo mediatico. Non è richiesta alcuna alzata d’ingegno, alcun particolare scintillio d’umana intelligenza. Nel pre-partita è opportuno spargere palate di fango sui candidati avversi al proprio padrone (in questo il tg1 di Mario Orfeo ha raggiunto delle vette di assoluta eccellenza) poi ci si rilassa brevemente durante la domenica del voto, sempre assolata (Calvino docet), infine è la volta dell’analisi del voto, e anche qui è meglio attenersi agli ordini di scuderia.

Nelle due settimane tra il primo e il secondo turno di votazione, insomma nei giorni che precedono il ballottaggio nelle grandi città, c’è un copione rassicurante da seguire: se x e y sono rimasti in gara a darsele di santa ragione, chi si aggiudicherà i voti del candidato z, che per un soffio non ce l’ha fatta? E giù di sociologismo spicciolo. Oppure: se si vuole denigrare l’avversario vittorioso inviso al padrone, si può sempre dire che, sì è vero, rispetto alle amministrative del 2011 c’è stato un discreto balzo in avanti, però rispetto alle politiche del 1896 quelli lì hanno avuto un autentico tracollo, tanto chi li legge i libri di storia.

Per fortuna la realtà riesce a farsi umilmente largo nel dibattito politico. Al riguardo, i casi di due città come Torino e Roma possono offrirci interessanti spunti.

In entrambi i casi, sono stati i candidati del Partito Democratico, Fassino e Giachetti, a sguainare l’arma della polemica affilata. Se il secondo deve recuperare una decina di punti alla pentastellata Virginia Raggi, il primo, munito di analogo vantaggio rispetto all’avversaria Chiara Appendino, dovrebbe sentirsi più sereno e al sicuro. Dovrebbe, ma evidentemente non è così.

E dunque il buon Piero Fassino, dopo aver comunque sfoderato uno degli evergreen d’ogni campagna elettorale dai tempi degli Orazi e Curiazi (la mia avversaria non possiede un programma per amministrare la città, dice) scende, bontà sua, più in profondità, e afferma che nelle proposte della rivale si parla di sviluppo urbanistico zero, e questo risulterebbe essere un male assoluto per l’economia all’ombra della mole. Ma come, non si vuole più vendere nemmeno uno straccio di terreno agricolo, per costruirci sopra qualche bel centro commerciale? E allora come potranno, questi grillini, fare cassa per pagare almeno parte degli interessi del debito pubblico che le giunte torinesi di centrosinistra hanno creato con le Olimpiadi di Torino 2006?

Anche a Roma si dibatte di Olimpiadi, soltanto che in questo caso l’omicidio, cioè le Olimpiadi stesse, si deve ancora commettere. C’è una candidata, Virginia Raggi, che dice cose di buon senso, ovvero che solitamente nel nostro paese l’organizzazione di un grande avvenimento sportivo porta con sé ruberie e arricchimenti disonesti a non finire, grazie ad appalti gonfiati a dismisura, progetti che prevedono cattedrali nel deserto, che non portano alcun vero beneficio alla cittadinanza.

Quel genio del male del candidato democratico, Giachetti, è davvero astuto e sa ascoltare quel che dice l’avversaria, e ha deciso di farlo sapere, tramite la stampa e la televisione compiacenti, a tutti i romani. Costei non vuole organizzare i giochi olimpici del 2024, e qui, come in ogni farsa che si rispetti, entra in scena a gamba tesa, lui, er pupone, Francesco Totti, l’ottavo re di Roma, che si straccia le vesti e si rivolge agli elettori operando così un endorsement (scusa Francesco, avallo, cioè appoggio) al candidato del Pd: le Olimpiadi si devono fare, la gente necessita di panem et circenses.

Come andranno a finire le cose lo vedremo, intanto possiamo affermare che alcuni temi della decrescita si sono fatti largo nell’eterno momento, grave ma non serio, della politica italiana. È questo un primo referendum su cui molti nostri concittadini dovranno meditare, magari inconsapevolmente. Decrescita vs resto del belpaese.

Oppressi da una crescente miseria e, in molti quartieri, da una difficile convivenza con lo “straniero” dipinto fino allo sfinimento come il vero responsabile della suddetta miseria e della fine del miracolo italiano, come potranno gli italiani elevare il proprio sguardo e accorgersi che, con ogni probabilità, continuare ad erodere quel poco di verde che è rimasto immune dai tentacoli dell’affarismo non sarebbe affatto saggio, anzi costituirebbe un accanimento terapeutico per un malato, il capitalismo nostrano, ormai in fase terminale? Mai perdere la fiducia nei nostri concittadini, si dice che diamo il meglio di noi stessi quando ci troviamo nel bel mezzo di enormi e tempestose difficoltà, e visto che siamo alla vigilia dell’ennesimo torneo calcistico internazionale, chissà che questa coincidenza non sia di buon auspicio.

(9 giugno 2016)

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