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Il fallimento delle élite

Renzi aveva il compito di fare esattamente quel che fecero Monti e Letta ma doveva sembrare diverso. Ha retto 3 anni (moltissimo per politiche impopolari). S. Sylos Labini

Il fallimento delle élite
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10 Novembre 2016 - 21.37


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di
Stefano Sylos Labini
.

Il fenomeno Renzi può
essere considerato come la risposta dell”establishment all”ascesa folgorante
del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi
hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del PD ormai logoro e
privo di qualsiasi spinta propulsiva. E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore,
una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano.

Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che
hanno fatto Monti e Letta però doveva sembrare diverso agli occhi della gente
perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora. Renzi è
stata una mossa giusta per le élite. Ha retto 3 anni che è moltissimo per
qualcuno incaricato di attuare politiche impopolari. Sparirà probabilmente nel
2018 se non prima ma ha fatto quello di cui aveva bisogno chi l”ha messo lì: oltre
ad aver ricoperto le imprese di incentivi che non sono serviti a rilanciare la
nostra economia, ha finalmente spazzato via i diritti dei lavoratori.

Il problema è che la classe dirigente italiana non ha né coraggio
né progetti, ma si muove con una strategia tipicamente opportunistica, di corto
respiro e contraddittoria. Al riguardo sono illuminanti le dichiarazioni di
Carlo De Benedetti: «la politica dell’austerità europea è una scelta folle ma non
bisogna aumentare il deficit pubblico» [1].

Così come sono indicative le affermazioni del nuovo
Presidente della Confindustria: «L’errore, in questo momento storico, sono le
azioni sulla domanda che prescindano dal resto» [2].

Ma come? Noi ci troviamo in una crisi di domanda da cui
non riusciamo ad uscire perché le politiche di austerità impediscono qualsiasi
azione espansiva, mentre la storia ha già dimostrato che non è possibile
conseguire la riduzione del debito
durante una fase di stagnazione economica. Infatti, lo stesso De Benedetti
aveva affermato in un’altra intervista al Corriere
della Sera
che Renzi avrebbe dovuto ribellarsi alle regole europee
nazionalizzando le banche in difficoltà e sforando il vincolo del 3% per fare
investimenti nella banda larga e nel sapere [3]. L’esatto contrario di ciò che
ha detto qualche mese dopo.

E oggi noi dobbiamo essere
riconoscenti al M5S se ci sarà il probabile suicidio politico di Renzi: nel momento in
cui il M5S ha vinto le elezioni comunali a Roma e a Torino è diventato chiaro all’élite
che
il combinato disposto della modifica costituzionale e di una
legge elettorale pensata per un sistema bipolare in un
sistema tripolare poteva consentire al M5S di
prendersi tutto, dalla Camera al Quirinale. Ma dobbiamo ricordarci che il M5S è
il prodotto dello sfascio culturale della società italiana: se non fossimo
caduti così in basso e se fosse esistita una vera forza socialista di massa il
M5S non sarebbe mai nato. Per questo ci sono grandi interrogativi sul fatto che
un movimento così eterogeneo e poco strutturato abbia le capacità di far
riemergere dagli abissi la politica e l”economia del nostro Paese.

NOTE:

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