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La versione USA dell'attacco chimico in Siria ha troppi buchi

Il casus belli dell’amministrazione Obama per l’attacco alla Siria è zeppo di inconsistenze e si regge fondamentalmente su prove circostanziali.

La versione USA dell'attacco chimico in Siria ha troppi buchi
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Redazione Modifica articolo

3 Settembre 2013 - 00.59


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di
Hannah Allam e Mark Seibel

WASHINGTON
– Il casus belli dell’amministrazione Obama per l’attacco alla
Siria è zeppo di inconsistenze e si regge fondamentalmente su
evidenze circostanziali, al punto da minare lo sforzo di costruire il
supporto, sia in America che sul piano internazionale, per un attacco
punitivo contro il regime di Bashar Assad.

Il caso
che il Segretario di Stato John Kerry ha esposto venerdì scorso
conteneva affermazioni che sono state contestate dall’ONU, che si
sono rilevate non coerenti in alcuni dettagli con quanto riportato
dalle intelligence di Francia e Gran Bretagna, e che erano carenti
delle garanzie di trasparenza minime necessarie affinché esperti
internazionali di armi chimiche potessero prenderle per buone sulla
parola.

Dopo le
false affermazioni sulle armi di distruzioni di massa che hanno
preceduto l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti, la
soglia minima delle prove necessarie ad ottenere il supporto
internazionale a un intervento militare è estremamente alta. E
mentre c’è poca disputa sul fatto che agenti chimici siano stati
usati il 21 agosto negli attacchi alla periferia di Damasco – e
probabilmente, su scala limitata, anche prima di quell’episodio –
ci sono richieste da ogni parte per prove scientifiche ed
indipendenti a supporto della narrazione americana secondo cui il
regime di Assad avrebbe usato gas sarin in un’operazione che ha
provocato la morte di 1.429 persone, tra cui più di quattrocento
bambini.

Alcuni
dei punti oggetto di disputa:

L’amministrazione
Obama non ha preso in considerazione i risultati del lavoro di un
team di ispettori ONU, sostenendo che gli investigatori sono arrivati
troppo tardi perché le loro indagini producessero risultati
credibili e potessero fornire informazioni di cui gli Stati Uniti non
disponessero già.

Il
portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq ha replicato che è “raro”
che un’indagine di questo tipo possa essere avviata in un breve
lasso di tempo, ed ha detto che “il fatto che siano passati così
pochi giorni non pregiudica la possibilità di raccogliere campioni
attendibili e utili”, secondo quanto riportato dal sito dell’ONU.
Per esempio, ha aggiunto Haq, il sarin può essere individuato in
campioni biomedici anche mesi dopo il suo uso.

Gli
Stati Uniti affermano che il sarin è stato utilizzato nel corso
dell’attacco del 21 agosto, citando i risultati positivi di test
condotti sul sangue e sui capelli degli operatori di pronto soccorso
intervenuti dopo l’attacco – campioni “che sono stati forniti
agli Stati Uniti”, ha detto Kerry domenica in televisione senza
alcuna informazione circa i metodi di raccolta utilizzati.

Esperti
affermano che le prove si deteriorano con il passare del tempo, ma
che è semplicemente falso affermare che un’indagine condotta
cinque giorni dopo un attacco non avrebbe alcun valore. Come notato
in un articolo del New York Times, due organizzazioni a sostegno dei
diritti umani hanno dislocato un team di analisi nel nord dell’Iraq,
nel 1992, che è stato in grado di trovare prove dell’uso di sarin
e gas mostarda ben quattro anni dopo un attacco chimico.

L’affermazione
americana è stata inoltre messa in discussione in un rapporto dei
servizi di intelligence britannici che il Governo inglese ha reso
noto la scorsa settimana. “Non c’è un limite immediato di tempo
oltre il quale campioni fisiologici o ambientali avrebbero potuto
degradare fino al punto di essere inutilizzabili”, secondo quanto
afferma il rapporto distribuito al Parlamento inglese prima del voto
che ha negato la partecipazione britannica a un’azione bellica
contro il regime siriano.

Un
altro punto in discussione è il bilancio delle vittime dell’attacco
del 21 agosto. Né le dichiarazioni di Kerry, né la versione non
classificata del rapporto delle organizzazioni di intelligence
americane hanno spiegato come si arriva a un conteggio di 1.429
vittime, di cui 426 bambini. L’unica attribuzione generica si
riferisce a una “valutazione preliminare del Governo”.

Anthony
Cordesman, un ex alto ufficiale della difesa che oggi lavora con il
Centro per gli Studi Strategici e Internazionali di Washington, ha
preso di mira le discrepanze del calcolo delle vittime in un saggio
pubblicato domenica.

Cordesman
ha criticato Kerry per essersi “insabbiato da sé utilizzando un
assurdo ultra-preciso numero” di 1.429, ed ha notato che il numero
non combacia né con la valutazione inglese di “almeno 350
vittime”, né con le stime di altre fonti dell’opposizione
siriana, in particolare l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani,
che ha confermato 502 morti, tra cui circa cento bambini e “decine”
di ribelli, ed ha quindi richiesto che Kerry fornisse i nomi delle
vittime incluse nel suo elenco.

“Il
Presidente Obama è quindi stato forzato ad arrotondare il numero a
‘ben più di mille persone’, creando un mix di contraddizioni sui
fatti più basilari”, ha scritto Cordesman. Che ha aggiunto che
questa cantonata ricordava “gli sbagli fatti dagli USA nella
preparazione del discorso di Colin Powell all’ONU, nel 1993,
sull’Iraq”.

Una
versione non classificata di un rapporto dei servizi di intelligence
francesi sulla Siria, rilasciata lunedì, ha aggiunto ulteriori
dubbi; i Francesi confermano solo 281 vittime, anche se essi su un
piano più ampio condividono la tesi americana secondo cui il regime
di Assad ha usato armi chimiche nell’attacco del 21 agosto.

Un’altra
affermazione dell’amministrazione Obama che fa alzare le
sopracciglia è quella secondo cui l’intelligence USA avrebbe
“raccolto flussi di informazione da fonti umane, intercettazioni, e
dati di natura geospaziale” che mostrerebbero che il regime siriano
si stava preparando ad un attacco chimico tre giorni prima degli
eventi. La valutazione americana sostiene che personale del regime di
Assad era presente in un’area nota per essere utilizzata come sito
in cui si “miscelavano armi chimiche, compreso il sarin”, e che
le forze del regime si stessero preparando per l’attacco del 21
agosto indossando maschere antigas.

Questa
affermazione porta a due domande: perché gli Stati Uniti non hanno
allertato i ribelli circa l’attacco imminente, e salvato centinaia
di vite? E perché sono rimasti muti a proposito di queste attività
sospette quando in almeno un’altra occasione avevano sollevato
rimostranze a livello internazionale quando avevano osservato simili
azioni?

Il 3
dicembre 2012, dopo che funzionari USA affermavano di aver
individuato attività di miscelazione di sostanze chimiche per la
produzione di armi, il Presidente Obama ha più volte minacciato
Assad circa il fatto che l’uso di tali armi avrebbe rappresentato
una inaccettabile violazione della “linea rossa” che era stata
imposta in estate. L’allora Segretario di Stato Hillary Clinton
intervenne, e le Nazioni Unite ritirarono tutto il personale non
essenziale dalla Siria.

Le
attività sospette del mese scorso, però, non sono state rese
pubbliche fino a dopo l’attacco. Ed esponenti dell’opposizione
siriana affermano che i ribelli non sono stati avvertiti in anticipo
al fine di proteggere i civili residenti nell’area.

“Quando
ho letto il memo dell’amministrazione USA, è stato da mozzare il
fiato, perché loro sapevano tre giorni prima dell’attacco e non
hanno allertato nessuno nell’area”, ha detto Radwan Ziadeh, un
attivista dell’opposizione siriana che conduce il Centro Siriano
per gli Studi Politici e Strategici a Washington. “Tutti stavano
guardando queste prove, e nessuno ha fatto nulla?”.

Tra gli
esperti di armi chimiche, e tra altri analisti che hanno studiato da
vicino il campo di battaglia della guerra civile in Siria, la
principale riserva circa le affermazioni americane riguarda il fatto
che non c’è modo di capire quale sia la metodologia dietro la
raccolta delle informazioni di intelligence da parte degli USA. Essi
sostengono che le prove presentate puntano alla conclusione
dell’utilizzo di qualche tipo di agente chimico, ma dicono che ci
sono ancora dubbi circa il modo in cui queste prove sono state
raccolte, l’integrità della catena di custodia dei campioni, quali
laboratori siano stati coinvolti.

traduzione per Megachip a cura di G. Obiso.

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