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È contro noi europei!

'In Ucraina gli USA vogliono una tensione permanente. Si rischia che tutto vada fuori controllo. L''enorme costo europeo della nuova politica energetica atlantista.'

È contro noi europei!
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29 Aprile 2014 - 23.03


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di Osvaldo Pesce.

La situazione
ucraina è pericolosa e in continuo sviluppo, è un conflitto che
provoca qualche morto o ferito in varie località ma resta in un
equilibrio precario che potrebbe durare a lungo o saltare
improvvisamente. I governanti USA, che sono stati dietro al colpo di
stato contro Janukovic strumentalizzando le proteste di piazza,
vogliono mantenere nel paese una tensione permanente.

L’attacco è
diretto ovviamente contro la Russia, contro i suoi interessi militari
(la base di Sebastopoli) ed economici (i gasdotti verso l’Europa).
La crisi è scoppiata durante le olimpiadi di Sochi, rovinando la
vetrina della Russia di Putin.

In realtà, meno
ovviamente, questo attacco è diretto anche contro l’Europa, ma non
tutta; è in particolare contro la Germania. L’Europa dei 28 esiste
sulla carta geografica ma non ha consistenza reale: ha una politica
estera comune talmente flebile da essere inudibile e nessuna politica
militare comune se non sotto controllo USA entro la NATO. Anche
l’area euro dei 18 ha molte disparità economiche e scarsa
omogeneità politica. Chi traina in Europa è la Germania.

Forte della sua
potenza economica, che ha eroso i mercati degli altri paesi
industriali dell’area (Italia soprattutto), la Germania rinsalda
l’integrazione con i paesi renani e baltici, erige una sorta di
confine col sud Europa considerandolo solo terra di scorrerie
finanziarie succhia-risorse (Grecia), e punta a est. Questa politica
indebolisce ancor più l’Europa e accresce le disparità politiche
ed economiche al suo interno, ma implica un certo grado di
autonomia politica dagli USA. Ora gli avvenimenti ucraini sconvolgono
tutta questa situazione.

Con il crollo del
muro di Berlino e il collasso dell’URSS, la Russia ha dovuto
ritirarsi: si è avuta la riunificazione tedesca e l’inclusione
graduale dell’area ex patto di Varsavia ed ex Comecon nella NATO e
nell’UE, e gli USA che tenevano in Europa 200mila militari li hanno
potuti ridurre a 40mila.

Se l’Ucraina entra
anch’essa nella NATO e nella UE, la Russia avrà grosse difficoltà
a gestire la base navale che condivide con l’Ucraina, Sebastopoli,
l’unica sul Mar Nero – quindi verso il Mediterraneo, Suez e
Gibilterra – e sempre libera dai ghiacci, diversamente
dalle basi sul Baltico (tranne Baltiisk, nella regione di Kaliningrad
circondata da territori UE) e sul Pacifico. L’unica
base navale nella disponibilità della Russia nel Mediterraneo,
Tartus, è a rischio in Siria a causa della guerra civile (dove pure
l’ingerenza USA è palese).

L’assetto europeo
delineato a Jalta, che in sostanza perdurava fino al 1989-91, è
ormai superato. Il problema è che quando un accordo cessa i pericoli
di reazione e guerra aumentano.

La guerra è tornata
in Europa con la dissoluzione violenta della Jugoslavia. I governanti
dell’UE accettano ormai tranquillamente il rafforzamento delle
destre, nazionalista in Polonia, fasciste in Ungheria e Grecia, e ora
il colpo di stato ucraino con milizie fasciste in piazza, come
documenta la controinformazione della libera web-tv Pandora.

Mosca ha bisogno di
buone relazioni con Kiev non solo per Sebastopoli, ma anche perché
per l’Ucraina passa il gas russo verso il suo più importante
compratore, l’Europa, che dipende da esso per buona parte del
proprio consumo energetico (v. la nostra scheda “l’Europa
e il problema del gas
”).

Oggi l”Europa non
può permettersi di fare a meno del gas russo, se non per periodi
molto limitati: benché i consumi della Ue-28 siano calati nel 2013
per il terzo anno consecutivo (-1,4% a 492 miliardi di metri cubi),
Mosca è rimasta il primo fornitore straniero e soddisfa tuttora il
27% del fabbisogno, contro
il 23% della Norvegia, l”8% dell”Algeria e il 4% del Qatar, il cui
gas naturale liquefatto (Gnl) prende sempre più spesso la via dei
mercati asiatici, più redditizi: il Giappone paga il 40% in più
(art. di Sissi Bellomo – Il Sole 24 Ore – leggi su
http://24o.it/pdpL8).

Estonia, Finlandia,
Slovacchia, Rep. Ceca importano tutto il gas dalla Russia, Polonia e
Austria dipendono dalla Russia per quasi l’80% delle importazioni,
la Grecia per il 60%, Slovenia e Ungheria per più del 40%, la
Germania per quasi il 40%, l’Italia stessa per il 30% circa che
utilizza per il 15% circa della produzione di riscaldamento ed
elettricità (fonte Linkiesta da International Energy Agency).

Per Van Rompuy
(presidente del Consiglio europeo) di fronte alla crisi ucraina si è
“inviato un chiaro segnale che l’Europa sta intensificando una
marcia per ridurre la dipendenza energetica, in particolare dalla
Russia”
; ulteriori misure dovranno essere prese “per
sostenere lo sviluppo del Corridoio Sud”
, compresi “ulteriori
percorsi di deviazione attraverso l’Europa dell’Est”
, e si
dovranno esaminare “modi per agevolare le esportazioni di gas
naturale dal Nord America”
, cosa che potrà essere fatta anche
attraverso i “TTIP [negoziati
sul libero scambio, vedi
nostro articolo del 3 marzo
] con gli Stati Uniti”.

Il Corridoio Sud
connette i giacimenti di gas dell’Azerbaigian – e potenzialmente
del Medio Oriente (Iraq) – all’Europa e dal Mar Caspio dovrebbe
sfociare in Italia con la TAP (Trans Adriatic Pipeline); la sua
espansione è all’ordine del giorno al summit UE di giugno, ma il
gas azero copre meno del 2% del fabbisogno UE e arriverà solo nel
2019.

Il gasdotto North
Stream, costruito dai russi, dal 2011 consente di inviare gas in
Germania aggirando l”Ucraina (art. cit. di Sissi Bellomo), e ciò
spiega la prudenza tedesca sulla crisi ucraina.

Il gas statunitense
sarebbe disponibile dal 2015-6, ma in quantità tale da non farlo
rincarare in patria: Washington ha rilasciato finora solo sei
permessi, l’UE vorrebbe importare senza permessi. Altri fornitori
sarebbero Cipro e Israele (e l’Australia).

Gli USA si
presentano quindi a contrastare direttamente la Russia in Europa –
via Ucraina – sia sul piano militare che economico.

La Cina è
preoccupata per tutta la situazione europea, in particolare per la
crisi ucraina, sia dal punto di vista politico che economico, visto
che sta intensificando i suoi investimenti in quest’area (in Italia
per es. nell’ENEL, in Ucraina in terreni); d’altra parte la
battuta d’arresto nelle relazioni Germania – Russia apre nuove
possibilità di mercato tra Russia e Cina su tecnologie, materie
prime, prodotti di consumo di massa.

Quanto all’ONU, ha
una posizione ambigua, Ban Ki-moon deplora il referendum in Crimea, e
tace sul colpo di Stato e sulle leggi dell’attuale governo ucraino
contro la minoranza russa:
proibizione della lingua russa, “operazione antiterrorismo”
contro edifici pubblici occupati per difendere i propri diritti
contro un governo ostile e per garantire le relazioni economiche con
la Russia, in particolare la funzionalità del gasdotto che passa per
Odessa (mentre gli USA sanzionano la società del gas in Crimea,
Chernomorneftegaz).

La NATO si mobilita.
Il segretario generale Anders Fogh Rasmussen dopo il Consiglio
transatlantico (16 aprile), ha spiegato che saranno rafforzati i
“dispiegamenti via terra, aria e mare” ed è quindi
stato deciso di schierare “immediatamente” aerei nei cieli
orientali, navi nel mar Baltico e nell”Est Mediterraneo, e uomini e
mezzi sul terreno; da un mese aerei radar pattugliano i confini
orientali dell’UE. Eurofighter britannici, F-16 danesi e
probabilmente anche Rafale e Mirage 2000 francesi saranno schierati
nei tre paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania, privi di
aviazione) e in Polonia, affiancando gli F-15 ed F-16 già inviati
dall’Usaf americana.

Hollande è quello
che si è mosso subito, è l’uomo della guerra non solo nel bacino
mediterraneo e in Africa (Libia, Siria, Mali, Rep.
Centrafricana) ma in Europa; in questo contesto la Francia ha
sospeso le attività di cooperazione militare con la Russia.

La Merkel è stata
costretta ad allinearsi con gli USA. C’è però un suo sforzo di
mediazione, motivato dai commerci e dagli accordi economici con la
Russia: nella telefonata con Putin del 15 aprile pare
che lei abbia chiesto il ritiro delle truppe russe schierate al
confine con l’Ucraina, lui abbia ribadito che l’uso della forza
da parte del governo ucraino contro la minoranza russa è
incostituzionale. L’incontro a quattro – USA, Russia,
Ucraina, UE – del 17 aprile ha deciso la cessazione della violenza e
il disarmo di tutte le formazioni illegittime, la liberazione degli
edifici occupati, una riforma costituzionale e la considerazione
degli interessi dell’Est dell’Ucraina, l’amnistia per i
manifestanti, il rispetto dei diritti della popolazione russofona; il
processo sarà controllato da osservatori dell’OSCE.

Si tratta di vedere
cosa avverrà davvero sul terreno (l’Ucraina è tra i maggiori
produttori di armi al mondo, i kalashnikov in circolazione sono 4
milioni). Obama ha dichiarato il suo scetticismo.
Intanto il boicottaggio della Russia da lui chiesto fin
dall’inizio ha avuto seguito limitato (l’UE attua “sanzioni
mirate” contro 33 alti responsabili russi e ucraini: restrizione
dei visti, congelamento dei beni).

Putin propone per
Crimea e Ucraina sud orientale un assetto federativo, il governo post
colpo di Stato sembra ora disposto a indire un referendum tra quelle
popolazioni per garantire un’ampia autonomia, il partito di
Janukovic chiede la fine dell’ “operazione antiterrorismo”
governativa e dell’occupazione di sedi politiche locali da parte
della popolazione russa.

Il governo di Kiev
però ha già ripreso le operazioni, e il ministro degli esteri russo
Lavrov ha reagito duramente: se non si rispettano gli accordi, e gli
interessi russi saranno attaccati, Mosca risponderà come in Georgia
nel 2008 (guerra di 5 giorni per l’Ossezia del sud, territorio
contestato vigilato da truppe georgiane, russe e dell’Ossezia del
nord: a un attacco georgiano nella notte del 7-8 agosto, le truppe
russe reagirono immediatamente e con forza). I soldati ucraini
all’interno delle basi, come quelli inviati dal governo, cercano di
evitare scontri o solidarizzano con i dimostranti: il popolo –
ucraini, russi, cosacchi, tatari di Crimea – non vuole scivolare
nella tragedia di una guerra civile.

Il pericolo permane
grave, ma una soluzione razionale e pacifica è ancora possibile, è
nell’interesse non solo delle popolazioni coinvolte ma di tutti i
popoli europei: dobbiamo sostenerla con tutte le nostre forze. Il
governo di Washington semina il caos per mantenere il predominio
mondiale, in Ucraina come altrove; l’unico possibile futuro
dell’Europa è in una politica che conquisti l’indipendenza
politica, economica e militare dagli USA, rafforzi le proprie
risorse interne e si ponga in rapporti di collaborazione e
sviluppo con gli altri paesi in un mondo che si muove in direzione
multipolare.


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