‘di Talal Khrais.
Beirut, malgrado tutte le tempeste
che è costretta a subire (dalla guerra in Siria, con milioni di profughi
costretti a varcare il confine, agli effetti del conflitto israelo–palestinese) continua a essere il rifugio degli intellettuali
provenienti da tutto il mondo. In particolare quelli arabi provenienti
da paesi dove la libertà di opinione è negata. La capitale libanese
ancora oggi è considerata il “paradiso della libertà â€. Il caffè du
Paris, ad Hamra Street, è il luogo di incontro di molti giornalisti,
libanesi ed esteri, esperti di scenari internazionali.
Non si può
parlare di Libano senza parlare della Siria e dell’interferenze
dell’Occidente. È opinione comune che quanto sta accadendo in Medio
Oriente tutto sommato non sia così diverso dai fatti dell’Ucraina, con
la NATO che non smette di fare pressioni sulla Russia. Si condivide
l’idea che il ritorno dell’Imperialismo – che vede negli Stati Uniti la
sua massima espressione – sia però messo in crisi da una visione
multipolare del mondo, in cui la Casa Bianca non può più decidere da
sola le sorti del pianeta.
La volontà di aggressione contro la Repubblica Araba Siriana e contro
la Repubblica Islamica dell’Iran, la fabbricazione del consenso
pubblico che giustifica le guerre nel mondo arabo, l’assurda guerra
contro la Libia voluta dalla Francia perché esclusa – dal defunto Moammar
el Gheddafi – dalle gare petrolifere, sono tutte espressioni del nuovo
imperialismo occidentale.
Tutto questo avviene nel silenzio generale di
soggetti e movimenti che in passato avevano svolto un importante ruolo
di pressione sull’opinione pubblica internazionale: si pensi all’assenza
totale dei movimenti pacifisti, della sinistra e dei movimenti
cattolici, poco interessati a creare un tavolo di solidarietÃ
internazionale. Senza mobilitazione è difficile creare le condizioni per
risolvere quei conflitti e contrastare un imperialismo violento come
non mai.
Soltanto la Russia di Putin si è opposta a questo disegno di Obama e
dei suoi alleati. Il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha detto che le
sanzioni occidentali costringono Mosca a cambiare la propria posizione
su questioni fondamentali e non hanno risolto in alcun modo la crisi in
Ucraina. Secondo Lavrov, questo comportamento “è uguale al pensiero
coloniale del secolo scorso, dell’epoca passataâ€. Ha perfettamente
ragione a sostenere che la crisi in Ucraina si sarebbe potuta evitare
sostenendo tutti assieme la proposta del Trattato di Mosca sulla
sicurezza europea. Di questo i media occidentali preferiscono non
parlare, indugiando in analisi superficiali spesso appiattite sulle
posizioni dei governi di riferimento.
Le nuove sanzioni dell’UE – che limitano l’accesso ai mercati dei
capitali alle compagnie russe energetiche e della difesa Oboronprom,
OAK, Uralvagonzavod, Rosneft, Transneft e Gazprom Neft – dimostrano come
l’Occidente sia orientato ad appesantire il confronto politico con la
Russia.
La crisi ucraina rappresenta un mutamento radicale nelle relazioni
internazionali a livello europeo e globale. La Russia oggi è tutt’altro
che isolata come tendono a far credere i governanti occidentali. Mosca
non è mai stata così corteggiata, ogni giorno firma accordi di
cooperazione commerciale ed economica con altri paesi mentre, nel
contempo, l’Occidente perde credibilità e mercati.
L’intervento in Crimea e l’alleanza con la Siria rappresentano
quindi la determinazione della Russia ad aprire un confronto duro con
l’Occidente, un modello che tende a disintegrare il neo imperialismo
americano, rivendicando una sfera d’interessi esclusivi ai propri
confini e nei Paesi con i quali ha legami storici.
La Russia sente il
dovere di difendere la «vita e dignità » delle popolazioni etnicamente
russe o russofone anche al di fuori dei propri confini. Se non si
capisce questo punto, si rischia di non comprendere quanto sta accadendo
in queste parti del mondo. Tra i giornalisti e analisti che ogni giorno
si ritrovano al caffè du Paris di Beirut, c’è la convinzione che in
questo scenario si gioca la credibilità della NATO e dell’Europa, messa a
dura prova dalle recenti confuse azioni sullo scenario internazionale. Cӏ in definitiva la consapevolezza che il modello unipolare e imperialista messo in atto
da Obama e dai suoi alleati europei sia al tramonto. E che, piaccia o
meno, il merito sia soprattutto di Putin.
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