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La politica americana nei confronti del Levante, dei Curdi e della Turchia

Mentre la Turchia bombarda i curdi in territorio siriano, leggiamo questa analisi di un professore USA interno alla logica dell'Impero, ma critico verso le scelte di Washington.

La politica americana nei confronti del Levante, dei Curdi e della Turchia
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20 Gennaio 2018 - 23.55


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di Joshua Landis.

 

Il Dipartimento di Stato USA ha deciso di ripartire da zero con la Turchia dato che Ankara non viene più considerato un partner affidabile. Molti sostengono che Washington abbandonerà i curdi di Siria per alleviare la rabbia dei turchi: io ne dubito. Washington si aspetta altre azioni anti-americane da parte di Erdoğan. Molti a Washington credono che in Turchia il crescente islamismo, il regime dittatoriale e la retorica anti-Israele non potranno che peggiorare in futuro. Non hanno nessuna speranza che Washington possa invertire questa tendenza.

Gli Stati Uniti hanno aumentato il loro sostegno per Israele e l’Arabia Saudita. Trump ha impostato chiaramente la sua politica e ha invertito gli sforzi di Obama per bilanciare i rapporti con l’Iran e il Regno Saudita. Trump ha deciso di giocarsi il futuro di Washington in Medio Oriente con i suoi alleati tradizionali: si sta muovendo per colpire l’Iran e Assad. Il suo principale strumento per avvantaggiarsi nella regione sembra essere la Siria del Nord e le Forze Democratiche Siriane (SDF). Washington sta promuovendo il nazionalismo curdo in Siria. La Turchia aveva sperato che, dopo la distruzione dello Stato Islamico, Washington si sarebbe ritirata dalla Siria settentrionale. Ma Ankara è rimasta delusa (vedi mio precedente articolo dell’Ottobre 2017: Will the U.S. Abandon the Kurds of Syria Once ISIS is Destroyed?).

Mantenendo Damasco debole e divisa, gli Stati Uniti sperano di negare all’Iran e alla Russia i frutti della loro vittoria. Washington è convinta che questa politica pro-curda aumenterà l’influenza americana nella regione e aiuterà a ridimensionare l’Iran. Lo scorso 11 Gennaio, David Satterfield, Sottosegretario per l’Ufficio degli Affari del Vicino Oriente, ha spiegato in Senato che la politica statunitense è stata studiata per convincere i russi che è già stata scritta una nuova costituzione per la Siria e che saranno tenute libere elezioni, supervisionate dalle Nazioni Unite, orchestrate in modo tale da far perdere Assad. Gli Stati Uniti sono convinti di ottenere tali risultati negando a Damasco l’accesso alla Siria del Nord. Io non conosco nessun analista che sia convinto di questo. È una proposizione completamente irrealistica.

La Russia, anche se volesse, non può obbligare Assad a fare queste concessioni. La maggior parte degli analisti ritiene che queste argomentazioni del Dipartimento di Stato non siano altro che un paravento per nascondere obiettivi molto più cinici.

Washington riconosce che la sua politica pro-curda sta portando la Turchia a cadere fra le braccia della Russia, ma accetta di correre il rischio di questa perdita. Non è del tutto chiaro che cosa speri di ottenere il buon Erdoğan invadendo Afrin. Non riuscirà certo ad indebolire la relazione di Washington con i curdi nella Siria orientale. Più probabilmente otterrà l’effetto opposto. Quelli che a Washington considerano la Turchia come un partner inaffidabile e incauto vedranno confermate le loro opinioni negative. I curdi si infiammeranno. Le YPG e il PKK collaboreranno ancora più strettamente per mobilitare i curdi in Turchia. Per questa ragione io credo che Erdoğan non invaderà. Lui sta cercando di attirare attenzione sul suo scontento, scatenare la sua base e prepararsi per le elezioni che si stanno avvicinando. Ma dubito che stia progettando di occupare Afrin. Potrebbe sparare delle cannonate su Afrin, come ha fatto nei giorni scorsi, ma ho il sospetto che la sua rabbia si fermerà lì.

 

Cosa succederà in Siria?

L’attuale politica americana è improntata sul contenimento dell’Iran. Questo è un obiettivo miope. Il PYD è uno strumento troppo debole su cui basare la politica americana. Né Assad né l’Iran faranno concessioni agli Stati Uniti o all’opposizione siriana a causa del supporto americano per le SDF: questo fornirà un vantaggio piuttosto limitato. Mantenendo il controllo della metà delle risorse energetiche siriane, della diga sull’Eufrate a Tabqa ed anche della maggior parte dei migliori terreni agricoli, gli Stati Uniti potranno tenere la Siria in povertà e senza risorse. Tenere la Siria povera ed impossibilitata a finanziare la ricostruzione soddisfa gli obiettivi americani a breve termine perché protegge Israele e serve per prosciugare le risorse iraniane, alle quali la Siria deve affidarsi per cercare di ricostituire i servizi statali e per ricostruire ciò che è stato distrutto dalla guerra.

Al contrario io credo che gli Stati Uniti dovrebbero aiutare il PYD a negoziare un accordo con Assad per promuovere gli interessi di entrambi: autonomia curda e sovranità siriana. Un accordo è possibile perché entrambi hanno degli interessi in comune. Entrambi vedono la Turchia come il principale pericolo. Entrambi hanno la necessità di cooperare per sfruttare le ricchezze della regione. Entrambi rigettano l’islamismo radicale e temono il suo ritorno. Nessuno può ricostruire da solo. Le regioni curde della Siria devono vendere i loro prodotti alla Siria ed hanno bisogno di stabilire dei diritti di transito; Damasco ha bisogno di acqua, elettricità e petrolio. Naturalmente arrivare a un qualunque tipo di accordo fra PYD e Damasco non sarà semplice. I siriani del nord guarderanno a Washington per aver garantite le loro libertà. Ma è molto importante aiutare entrambi ad arrivare ad un accordo il prima possibile. Oggi le richieste non sono ancora consolidate, le istituzioni e i partiti non sono formati e i confini non sono fissati. Domani lo saranno.

Gli Stati Uniti dovrebbero permettere la costruzione di oleodotti e gasdotti per collegare i ricchi giacimenti di carburante dell’Iraq e dell’Iran al Mediterraneo. Piuttosto che ostacolare gli sforzi siriani per la ricostruzione, l’Occidente dovrebbe facilitarli se non supportarli direttamente.

L’unico aspetto positivo di questa terribile guerra che c’è stata nel Medio Oriente settentrionale è che oggi i governi di Beirut, Damasco, Baghdad e Teheran sono fra loro amici. È la prima volta in un secolo che la cooperazione fra i quattro paesi è possibile. Perché non utilizzare questa felice coincidenza per promuovere il commercio e la crescita economica? Perché non permettere ai governi di sviluppare nella regione una rete di strade, autostrade, commerci e turismo?

La Giordania è ansiosa di ristabilire i suoi collegamenti commerciali verso Beirut attraverso Damasco, che al momento sono interrotti.

gruppi ribelli si sono attestati nella regione di confine sulla quale la Russia e gli Stati Uniti hanno concordato un cessate il fuoco o “deconfliction zone”. Lo stesso vale per la principale autostrada che collega Baghdad e Damasco. È oggi chiusa a causa dell’area militarizzata americana al posto di frontiera di alTanf.

La posizione Americana non ha altro scopo che quello di bloccare il commercio e di impedire un possibile collegamento via terra dall’Iran al Libano. Per decenni l’Iran ha rifornito Hezbollah per via aerea e continuerà a farlo. Con questa politica gli americani otterranno di mandare in rovina Assad e di tenere la Siria divisa, debole e povera. Questo non servirà a contenere l’Iran ma contribuirà decisamente a trasformare la Siria in una passività sia per l’Iran che per la Russia piuttosto che in una risorsa.

Ma il problema di una politica di questo tipo e che è completamente negativa. È progettata per punire e impoverire e non fornisce una visione per un futuro migliore. Gli Stati Uniti verranno visti come un cane rabbioso ed egoista. (N.d.T.: traduzione approssimativa dell’espression idiomatica “dog in the manger” che si riferisce ad una favola greca).

Permettendo all’Iran e all’Iraq di costruire oleodotti che attraverso la Siria raggiungano Tartus o Tripoli, l’Occidente assicurerebbe all’Unione Europea le forniture di gas e petrolio. Gli Stati Uniti si assicurerebbero che il Levante guardi verso l’Europa piuttosto che verso l’Asia. L’Europa guadagnerebbe le fonti energetiche così necessarie per competere con la Russia. E, ancora più importante, promuovendo i commerci i paesi del Levante e l’Iran potrebbero creare lavoro per i propri giovani. Per favorire la stabilità ed il benessere regionale, niente è più importante del lavoro e della prospettiva di un futuro economico migliore. Questo aiuterebbe gli obiettivi di anti terrorismo americani più di ogni altra singola impresa.

Tutti gli analisti sono unanimi nell’indicare la povertà e la mancanza di lavoro come le cause delle rivolte della Primavera Araba e della radicalizzazione. Un’economia rivitalizzata nel Levante incoraggerebbe i rifugiati a tornare a casa. Il peso di ospitare così tanti milioni di rifugiati sopportato da Giordania, Libano e Turchia sarebbe alleviato. Invece di diventare esasperati come è successo ai palestinesi, i rifugiati della Siria potrebbero ricostruire le loro vite e iniziare a vedere la luce alla fine del tunnel.

Sfortunatamente l’attuale amministrazione statunitense non è pronta a perseguire una tale politica. Io la propongo semplicemente perché ha senso e sembra così ovvia. Gli Stati Uniti sperano di guadagnare potere nei confronti di Assad bloccando i commerci e colpendo il suo esercito. Permettendo la crescita economica sia nel Levante che in Iran, gli Stati Uniti fornirebbero lavoro e speranza non solo a quei paesi ma anche ai loro vicini che dipendono dalla prosperità regionale. Una tale politica favorirebbe i moderati a vantaggio degli intransigenti. L’attuale politica anti Iran e anti Siria produrrà più risentimento ed anni di disordini senza peraltro realizzare gli obiettivi americani. Non porterà Assad a rompere la sua relazione con l’Iran né a fargli cedere il potere all’opposizione siriana. Nel lungo termine danneggerà gli Stati Uniti come ora sta danneggiando i popoli nella regione.

Alla fine, la promozione del benessere e di una forte classe media in Medio Oriente sono le migliori speranze per l’America. Una volta questo principio di prosperità era il pilastro della politica estera americana e ha fatto crescere il rispetto per gli Stati Uniti in tutto il mondo. Oggi il pilastro della politica statunitense sono le sanzioni e gli interventi militari. Il libero commercio, la legalità, il rispetto per la sovranità nazionale sono stati messi da parte. La promozione della democrazia è diventata una parola in codice per colpire i nemici degli Stati Uniti ed un cinico strumento per imporre i cambi di regime. è raro che gli Stati Uniti promuovano la democrazia nei regimi amici. La politica estera americana ha mollato gli ormeggi.

Soltanto con il ritorno alla semplice verità che è la prosperità che può far avanzare gli interessi americani si può fare in modo che gli Stati Uniti mettano fine al terrorismo, promuovano effettivamente la democrazia ed attenuino il flusso di rifugiati che proviene dalla regione. Democrazia, moderazione e accettazione dei valori liberali arriveranno solo con l’istruzione e con la crescita economica. Non esiste una soluzione semplice per i problemi della regione. Fare in modo che i siriani e gli iraniani rimangano poveri nella speranza che siano loro a pretendere un cambio di regime è una cattiva politica. Non ha mai funzionato nonostante decenni di sanzioni. Ha portato nella regione solo collassi, guerre e distruzioni. Dividere i siriani e mantenerli in povertà può soddisfare gli interessi americani a breve termine; fa piacere ad alcuni degli alleati americani; ma nel lungo termine procurerà ulteriori fallimenti ed altre guerre. Solo promuovendo la crescita e l’unità gli Stati Uniti possono far avanzare la stabilità, la legalità ed i valori liberali.

 

 

Fonte: http://www.joshualandis.com/blog/us-policy-toward-the-levant-kurds-and-turkey-by-joshua-landis/

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