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Benvenuti nel mondo reale!

Nel tentativo di non pagare il prezzo della crisi sistemica, le élite europee hanno cercato in tutti i modi di scaricarlo al loroesterno, ma ora il conto arriva [Piero Pagliani]

Benvenuti nel mondo reale!
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17 Febbraio 2015 - 21.24


ATF

di Piero Pagliani.

1. La Fortezza Europa, la parte più stabile del mondo, è alla fine entrata
nel mondo reale. Ci fece un’incursione con le guerre dei Balcani, ne uscì e
oggi ci è ritornata, e ci rimarrà stabilmente.

Nel suo centro il conflitto in Ucraina, in questo momento
fortunatamente congelato ma molto lontano dall’essere risolto, e alle sue porte
la presenza dell’Isis, hanno portato
la Fortezza Europa all’interno gorgogliante di lava della caldera della crisi sistemica.

Come si dice, chi è colpa del suo
mal pianga se stesso. Nel disperato
tentativo di non pagare il prezzo della
crisi sistemica
, le élite europee hanno cercato in tutti i modi di
scaricarlo all”esternodell”Europa
, contando di poterlo fare accodandosi all’analogo
tentativo messo in atto dagli Usa.

Ha incominciato rapinando a mano
armata i Paesi del Sud sottoposti al capestro
della finanza internazionale
, privata e di Stato. All’epoca le persone
andavano in piazza chiedendo la remissione dei debiti del terzo mondo, basta
ricordarsi del G8 di Genova.

Poi ha proseguito rapinando i propri
lavoratori, la propria classe media e i Paesi europei più deboli, a partire dal
tentato assassinio della Grecia. Si è iniziato allora a scendere in piazza
reclamando la remissione dei nostri debiti.

Era il segnale che la vanitosa e
altezzosa Europa aveva iniziato ad autocannibalizzarsi,
a suicidarsi.

L’alleanza con gli Stati Uniti sta
facendo il resto. Ci siamo accodati alle sue avventure imperiali. Ma nessuno è sceso in piazza.

2. Il mondo esterno agli Usa, su cui tentano di scaricare la crisi,
comprende anche l’Europa. Un’entità con un rapporto particolare con gli Stati
Uniti e quindi da trattare con politiche particolari, ma pur sempre un’entità
estranea all’America. Non è quindi una
sorpresa che la strategia statunitense possa danneggiare gli interessi europei
.

L’Europa, come si sa, è sempre stata
a sovranità limitata. Ma ciò vuol dire, per simmetria, che gli interessi
dell’Europa non hanno mai coinciso perfettamente con quelli degli Stati Uniti. È
inevitabile. Nemmeno l’Unione Europea ha
assopito i conflitti tra gli stati membri
, tanto che è sull’orlo del disfacimento ad appena 15 anni dal
raggiungimento del suo punto formalmente più alto, cioè l’adozione della Moneta
Unica.

Per dirla in termini semplici, il capitalismo è tutto un gioco di rapina e
scaricabarile
. Dato che si basa su differenziali
di ogni tipo – sociali, culturali, politici, militari, finanziari, produttivi –
non può essere che così. Perché la “differenza” è differenza da qualcos’altro.

Se quindi gli interessi di Usa e Europa non coincidevano nemmeno durante lo
sviluppo
, come si può pensare che coincidano oggi con la crisi sistemica in
ebollizione?

Durante lo sviluppo, i problemi che
gli Stati Uniti dovevano affrontare e le loro soluzioni, erano quelli della
potenza egemone, la potenza che quello sviluppo coordinava e facilitava
globalmente. Erano quindi problemi e soluzioni diversi da quelli degli stati
vassalli europei, facilitati e coordinati.

Durante la crisi, il problema centrale
degli Stati Uniti è quello di mantenere a
tutti i costi e con ogni mezzo l’egemonia globale
e quindi, anche in questo
caso, è diverso da quello dell’Europa, che non esercita nessuna egemonia
globale. Al livello delle élite la diversità può sfumare, assumere gradi
minori, essere contrastata da interessi intrecciati, ma non può comunque
sparire. Gli stessi meccanismi di polarizzazione delle ricchezze, ovvero di centralizzazione di capitali, che
vengono possentemente attivati durante le crisi, restringono e gerarchizzano
l’élite, e dove c’è restringimento e
gerarchia
il conflitto è sempre
latente
. Non esiste, perché non può esistere – perlomeno nel capitalismo – una
“élite mondialista e mondializzata”. Questa è una semplificazione mitopoietica,
alla pari dei complotti demo-pluto-giudaico-massonici-white-anglo-saxon-protestant.

3. Cinque anni fa Vladimir Putin sognava un’Europa da Dublino a Vladivostok. Il
problema era che anche gli europei iniziavano a sognarla, a partire dalla Germania. Un sogno ritenuto pericolosissimo
dagli Stati Uniti. A fianco di un’Europa così non ci sarebbe stato più spazio per
una potenza egemone, ma solo per una grande potenza al pari di altre. Un’ipotesi
non contemplata da nessuno a Washington, non concepibile.  

Il problema è che ogni impero, ogni
potenza globalmente egemone, si sovradimensiona per tutta la serie e varietà di
compiti e di privilegi che competono, appunto, a una potenza dominante. Il
sistema sociale si “adegua” a questo sovradimensionamento, così che ad esempio
le immense ingiustizie sociali presenti negli Stati Uniti sono filtrate e
attutite da questo sovradimensionamento.

Il sovradimensionamento esige non
solo di essere rinnovato, ma di essere ampliato. Come Alice attraverso lo
specchio, se non corre sempre più veloce torna indietro. È una regola dell’accumulazione di ricchezza ed è una
regola dell’accumulazione di potere.

Per questo motivo, una nuova
configurazione mondiale in cui gli Stati Uniti non siano più la potenza
dominante impedirebbe alla Superpotenza di poter correre sempre più velocemente,
cosa che porterebbe al collasso del suo sistema sovradimensionato, con tutte le
drammatiche conseguenze interne. Un’immagine evocativa può essere quella di un
uragano Katrina moltiplicato mille
volte e che si abbatte su tutti gli Stati Uniti. Vi ricordate cosa successe a
New Orleans? Che conseguenze avrebbe su una società molto disgregata, senza
ammortizzatori, che già oggi ha 45 milioni di abitanti che vivono coi sussidi
alimentari e che possiede la più numerosa popolazione carceraria di tutto il
mondo? È un’immagine spaventosa. E la
paura può portare a decisioni sconsiderate
. La prima è il rifiuto di
negoziare con gli altri Paesi del mondo qualsiasi redistribuzione del potere.

È una storia già vista. Circa un
secolo fa John Hobson implorava la Gran Bretagna di adeguarsi ai nuovi rapporti di forza, per evitare
una guerra. La Gran Bretagna scelse la guerra. Anzi, due. O, se vogliamo,
aspettò che giungessero, inesorabilmente. Le vinse formalmente ma perse
l’Impero e con esso il suo predominio mondiale. A quella situazione avrebbe
potuto arrivare decine di milioni di morti prima. Oggi la situazione è di gran
lunga peggiore di allora.

4. Non c’è possibilità che gli Stati Uniti possano rilanciare la loro
egemonia assoluta, nemmeno con una guerra globale
. Seppure ci riuscissero in
qualche modo, sarebbe per un brevissimo periodo di tempo. Ogni successivo ciclo
di sviluppo si contrae rispetto al precedente e ogni crisi sistemica si
allunga. La ragione è la crescente scala
di risorse da utilizzare per uscire da una crisi sistemica
e la conseguente
riduzione del tempo in cui vengono bruciate. Così l’eventuale secondo ciclo
sistemico di sviluppo americano verrebbe avviato a spese del resto del mondo,
durerebbe pochissimo e genererebbe contraddizioni maggiori di quelle che oggi
stiamo vivendo, avvicinando il punto in cui ogni soluzione, di qualsiasi
tipo, sarebbe impossibile
.

Per questo motivo ripeto da tempo
che il compito degli Europei dovrebbe essere quello di indicare ai loro alleati
statunitensi una soluzione alternativa
al disastro
e aiutarli a percorrere quella strada. Pensare di farlo
accondiscendendo a ogni loro richiesta è semplicemente idiota, dato che stanno
percorrendo la strada sbagliata. Si ottiene l’effetto opposto, è elementare, anche
se comunichiamo loro, mentre obbediamo, tutto il nostro disappunto. Il disappunto in politica non produce
niente, serve solo a imbiancare i sepolcri
.

Al sogno di un’Europa da Dublino a
Vladivostok si è sostituita la crescente realtà di un’Eurasia da San Pietroburgo a Shanghai. Questo, per ora, è l’effetto netto della politica combinata Usa-UE.

Come se fossero presi alla
sprovvista da quest’esito, gli Europei continuano a menare pugni al vento, come
un pugile rintronato che si agita anche quando il round è finito. E così l”Unione Europea ha adottato nuove sanzioni
contro la Russia e il Donbass nonostante il gong di Minsk fosse già suonato.
C’è da rimanere stupefatti, perché sembra quasi il primo tentativo di far fallire gli accordi. Ma d’altra parte con
l’inqualificabile classe politica che esercita il potere in Europa ogni stupore
è fuori luogo. La riprovazione e il disgusto sono moti dell’anima più congrui.
Ma tutto sommato è solo in parte colpa dei suoi membri: è la crisi sistemica che li seleziona così, ottusi e arroganti.

Adesso crescono le voci che invocano
una nuova guerra in Libia. Il disastro
di quella del 2011 non è bastato. Un
disastro fortemente voluto dall’ex
presidente Napolitano, dal PD e messo in atto dall’ignobile
tradimento di Berlusconi. Un
disastro facilitato dall’opera corruttrice di una sinistra, anche “radicale”
(con pochissime lodevoli eccezioni), che culminò, con l’assalto alla visita di
stato di Muammar Gheddafi del 2009, di concerto con fascisti nostalgici delle
colonie, e con lo sconsiderato appoggio ai “ribelli” di Bengasi, perorato da
Rossana Rossanda dalle colonne di un “quotidiano comunista”. Tutto in nome dei
diritti umani o addirittura della “rivoluzione proletaria”. Oggi gli assalitori di allora, di fronte
allo sfacelo libico, fanno finta di non essere mai esistiti
.

Senso di responsabilità uguale a
zero
.

Lo stesso vale per quel ceto politico che tramava e decideva quell’immorale
follia. La semplice constatazione degli effetti di quelle imperdonabili decisioni
avrebbe richiesto la destituzione di
tutto quel ceto, intellettuali compresi,
e la sua destinazione ai servizi sociali
obbligatori
.

Invece è ancora in sella e ha
generato mostriciattoli.

Oggi vuole che l’Italia si infili in
ogni trappola che l’Impero ha disseminato (direttamente o “leading from
behind
”) in Medioriente, sulla sponda sud del Mediterraneo e in Europa.

Siamo dentro alla caldera, e la
caldera ribolle. Dobbiamo uscirne.

Benvenuta nel mondo reale, Fortezza Europa!
Benvenuta nel mondo del caos imperiale.

P.S.

La UE ha sanzionato due parlamentari della Duma. Uno di
questi è Joseph Kobzon, un cantante popolarissimo sia in Ucraina che in Russia
(ha cantato anche con Liza Mannelli), filantropo (ha fondato molti orfanotrofi)
e un passato di comunista. Fu un negoziatore chiave nella crisi degli ostaggi
del teatro di Mosca nel 2002. Riuscì a far rilasciare dai terroristi una madre
coi suoi tre figli e un cittadino britannico. Membro del Partito Comunista, nel
1983 ne fu espulso per aver cantato a sostegno di Israele ma l’anno dopo fu
comunque insignito del Premio di Stato dell’Unione Sovietica. Oggi è membro di
Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. Kobzon è nato nel Donbass da
genitori ebrei e al Donbass è rimasto legato. Il suo sostegno a quella regione,
sottoforma di dichiarazioni, invii di aiuti umanitari e di un concerto tenuto a
Donetsk sotto le bombe ucraine, non è stato perdonato dalla UE. Così la nostra
civilissima Europa ha deciso che Joseph Kobzon non potrà più venire qui da
noi a farsi curare il cancro
(sostanzialmente l’unico motivo per cui
veniva). Potremmo chiamarlo “embargo umanitario ad personam”, perché lo spirito
è lo stesso di quello dei bombardamenti umanitari. D’altra parte per anni con
un feroce embargo abbiamo negato a migliaia di Iracheni, uomini, donne e
bambini, le cure per il cancro. E’, insomma, un po’ un nostro brand, di
cui evidentemente siamo gelosi. Così come tradizione dei liberali e
socialdemocratici europei sembra essere quella di prendersela con gli ebrei
comunisti o in odore di comunismo. Parlavamo più sopra degli appelli
inascoltati di Hobson per la pace. Ma altre cose ritornano funeste dopo un
secolo: il riarmo mondiale, i  crediti di
guerra delle sinistre, il fantasma dell’assassinio di un’ebrea comunista chiamata
Rosa Luxemburg.

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