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Massacro di Palmyra: il reportage di Robert Fisk

Nota sul reportage di Robert Fisk a Palmyra (Siria), vittima dell’invasione della milizia wahhabita takfirista Isis, Daesh in arabo. [ALBAinformazione]

Massacro di Palmyra: il reportage di Robert Fisk
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11 Giugno 2015 - 11.00


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da The Independent

Il giornalista britannico Robert Fisk ha realizzato un reportage sugli abitanti di Tadmor, città siriana nel governatorato di Homs, nota con il nome di Palmyra, vittima nell’ultimo mese dell’invasione della milizia wahhabita takfirista Isis, Daesh in arabo.

È sorprendente che i media internazionali siano interessati solo ai monumenti. Fisk ha visitato la zona per raccogliere le testimonianze dei pochi che sono riusciti a sfuggire agli invasori, nella vicina città di Hayan, che si trova dalle parti dei giacimenti petroliferi e il gas del deserto siriano.

Il reporter racconta che dei 50 operai che lavoravano nella raffineria di petrolio e del gas Assad Sulieman, 25 sono stati uccisi, insieme ad almeno 400 civili – tra cui donne e bambini -. Essi stavano riposando e sono stati portati via dalle loro case. Sono stati semplicemente portati via e uccisi perché erano dipendenti governativi (settore pubblico).

Il direttore dello stabilimento ha rivelato che lui e i suoi collaboratori sono stati oggetto di minacce telefoniche da parte dei terroristi.

Egli è il fratello di un ingegnere petrolifero che Fisk ha incontrato a condizione di anonimato, ed è stato lui che ha raccolto le immagini dei corpi decapitati.

Secondo Fisk, alcune foto sono troppo orribili per essere pubblicate, mostrano teste separate dai corpi contorti e il sangue che scorre a fiotti lungo la strada.

«Daesh ha costretto la gente a vedere i corpi nelle strade, rimossi dopo tre giorni. Si è dovuto attendere il loro permesso per raccogliere i corpi e seppellirli», ha detto l’ingegnere.

Inoltre, ha riferito che la sua famiglia gli ha parlato di due uomini Daesh che hanno ucciso tre infermieri, uno nella sua casa, un altro nella casa di suo zio, un terzo per la strada. «Forse perché avevano aiutato l’esercito [come infermieri]. Si diceva che erano stati decapitati, ma mio fratello ha detto che sono stati uccisi con una pallottola alla testa», ha aggiunto.

Si parla anche di persone che mettendosi in fuga frettolosamente sono rimaste uccise quando le loro auto sono passate sugli esplosivi piazzati dai terroristi nelle strade. Tra i morti, un generale siriano in pensione della famiglia al-Daas e sua moglie, un farmacista di 40 anni, e suo figlio di 12 anni. Secondo i rapporti successivi, sono avvenute esecuzioni anche nell’antico Teatro Romano, nel cuore dei resti dell’antica Palmyra.

Il giornalista britannico ha anche incontrato l’uomo che conosce meglio i pericoli della guerra in Siria, il generale Fouad.

Questo Ufficiale di carriera ha registrato la sua più grande vittoria sui ribelli in una montagna vicina, suo figlio è stato ucciso combattendo a Homs, ha confidato di aver sentito un “grande shock” quando Tadmor è caduta. Ha spiegato che i soldati che hanno combattuto molto tempo fa per difendere la città non si aspettavnoa un attacco di una tale forza. Secondo altri militari – non il generale – l’Isis in quel momento si è mosso su un ampio fronte di 75 km, che ha travolto l’esercito.

“Non andranno oltre,”, ha affermato Generale Fouad. «Li abbiamo spinti dietro quando hanno attaccato tre siti minerari lo scorso anno. I nostri soldati hanno preso e cercato alcuni nei loro covi nella montagna Shaer. Abbiamo trovato documenti sui nostri impianti di produzione, abbiamo trovato libri religiosi takfiri. E abbiamo trovato biancheria».

Fisk ha riferito di un problema che assilla il generale, così come quasi tutti gli ufficiali siriani che ha incontrato nel deserto e tutti i civili: «Gli americani che dicono di voler distruggere l’Isis sapevano bene, grazie ai loro satelliti, come migliaia di uomini armati si ammassavano per attaccare Palmyra. Perché non mettere in guardia i siriani? E anche se a Washington non piace Assad, perché non li hanno bombardati? Eppure erano un facile bersaglio per la forza aerea degli Stati Uniti nei giorni precedenti l’attacco a Palmyra. È una questione alla quale un giorno si dovrà dare una risposta».

(10 giugno 2015)

Trad. dal francese per [url”ALBAinformazione”]http://albainformazione.com/[/url] di Francesco Guadagni.

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