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'Oltre trent''anni di distruzione del Medio Oriente'

'Si sta compiendo l’unico disegno che avevano Cheney, Bush e i neo-con poi ereditato da Obama: polverizzare l’intero Medio Oriente arabo. Con L''ISIS gli USA non han reagito.'

'Oltre trent''anni di distruzione del Medio Oriente'
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6 Dicembre 2015 - 01.10


ATF

di
Alberto Negri
.

Lasciate stare la guerra dei Trent”anni e
concentratevi su questa.

Sono stati fatti recentemente alcuni
paralleli tra la guerra dei Trent’anni tra cattolici e protestanti e il
conflitto tra sciiti e sunniti. Niente è più fuorviante dei paralleli con il
passato per non imparare la storia del presente.

La guerra attuale ha inizio nel 1979 con la
rivoluzione islamica di Khomeini e poi con l’invasione sovietica
dell’Afghanistan. Saddam Hussein attacca l’Iran nel settembre del 1980 con il
sostegno finanziario delle monarchie del Golfo e quello militare
dell’Occidente: la guerra si conclude con il cessate il fuoco del 1988 con un
milione di morti. Sullo Shatt el Arab vidi la trincea di un soldato iracheno e
di uno iraniano a tre metri di distanza: il confine non era cambiato di un
centimetro.

L’invasione dell’Armata Rossa nel dicembre
1979 si concluse con la ritirata sovietica del 1989 e la vittoria dei
mujaheddin: era la prima volta che dei gruppi islamici di ispirazione radicale
ottenevano una vittoria di queste proporzioni contro una superpotenza: la base
fu il Pakistan, la direzione dei servizi di Islamabad, della Cia e i soldi in
gran parte dei sauditi e del mondo musulmano.

Anche qui la frontiera afghano-pakistana
non mutò e venne confermata la Linea Durand disegnata dagli inglesi a fine
Ottocento.

Si combatte quindi da 36 anni con due
scopi: contenere l’influenza dei russi e degli iraniani. L’obiettivo degli
Stati Uniti è quello di bilanciare le potenze regionali sciite e sunnite per
controllare militarmente il Golfo, il Mediterraneo e i flussi energetici diretti
a Oriente, in particolare verso la Cina dove si gioca la partita. Le guerre
americane del 1991 e del 2003 contro l’Iraq sono state il corollario di questa
politica e degli errori che ne sono derivati.

Il dato fondamentale è che finora non sono
mai stati cambiati i confini degli stati ex coloniali. Unendo il campo di
battaglia iracheno a quello siriano, il Califfato mette in dubbio le frontiere
tracciate un secolo fa dall’accordo Sykes-Picot nel 1916 e da quelli successivi
di Losanna e Sévres. Ed è questo il problema più spinoso per cui la guerra
all’Isis è apparsa esitante e inconcludente: non c’è nessun progetto politico
concreto per sistemare la regione se non quello del Califfato di Al Baghdadi,
sostenuto in vari modi dalle potenze regionali sunnite.

Si capisce bene che in questa situazione
stati come il Libano e la Giordania, per motivi diversi, rischiano grosso pure
loro. Quanto alle ineffabili monarchie del Golfo dovranno occuparsi della lo
stessa tenuta e di quella dell’Arabia Saudita che ha trovato in Yemen il suo
Vietnam.

Si sta compiendo l’unico disegno che
avevano Cheney, Bush e i neo-con, poi ereditato
da Obama: polverizzare l’intero Medio Oriente arabo. Gli Stati Uniti hanno
guardato nel 2014 il Califfato conquistare una città grande e strategica come
Mosul senza fare una piega: Washington non ha mai voluto fare davvero la guerra
all’Isis e ora se ne accorgono anche gli europei.

La Libia, che era uscita con l’ultimo
Gheddafi da ogni gioco mediorientale per concentrarsi sull’Africa, è stata
fatta rientrare nell’ambito del Medio Oriente dalla guerra del 2011 che l’ha
lasciata senza una guida alle influenze regionali. Come previsto si è subito
spaccata in due tra Tripolitania e Cirenaica e non si è più ricomposta.

Ora la presenza dei jihadisti potrebbe assestare
il colpo finale a ogni simulacro della Libia e innescare anche nuovi conflitti
che potrebbe coinvolgere oltre alla Tunisia anche l’Algeria ma da Washington
non arriva alcun segnale di interesse. Lo Stesso Egitto lotta per la
sopravvivenza: non solo si è impegnato a sostenere il governo di Tobruk,
rivendicata con la Cirenaica da re Farouk a Churchill negli anni’40, ma adesso
rischia di perdere il controllo del Sinai.

E Israele, la Palestina, i curdi? Il
Califfato che rivendica di voler governare tutti i musulmani non dice una
parola sull’occupazione israeliana del Golan perché teme di essere spazzato via
dalla maggiore potenza militare della regione fino alla comparsa della Russia
in Siria. Probabilmente c’è qualche accordo segreto tra Putin e Netanyahu per
spartirsi le rispettive zone di influenza. Agli israeliani resta il Golan, la
Palestina non si tocca mentre i russi manovrano i curdi in funzione anti-turca.
All’Iran resta l’influenza su metà dell’Iraq sciita e protegge le sue
frontiere, in cambio Mosca potrebbe ottenere da Teheran la “neutralizzazione”
di Hezbollah in Libano nei confronti di Israele: questa sarebbe forse la mossa
che potrebbe sistemare “miracolosamente” la regione.

In questo modo i principali attori, Usa,
Israele, Russia e Iran – accontentato dal rientro sulla scena internazionale –
ottengono soddisfazione mentre l’Europa esce ammaccata, come è logico che sia
per un’espressione monetaria e geografica ma non politica che fino a ieri ha
voltato la testa dall’altra parte per non discutere di quanto avveniva a Sud
delle sue labili frontiere.

Quanto al terrorismo, dopo uno spettacolo
di questo genere, c’è la forte possibilità che continui per altri anni perché
quando si inghiottono in questa maniera i destini di interi popoli e nazioni qualcuno
scontento rimane sempre. Non vi pare?

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