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La paradossale e contraddittoria guerra economica dei sauditi

A distanza di un anno si può dire senza paura di smentita che la strategia saudita di petrolio a prezzi bassi si stia rivelando come un completo fallimento, ecco come. [G.Masala]

La paradossale e contraddittoria guerra economica dei sauditi
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11 Gennaio 2016 - 15.45


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di Giuseppe Masala.

Il 2016 è
iniziato con l”acuirsi della crisi tra Iran e Arabia Saudita a causa
dell”esecuzione, da parte dei sauditi, di un importante Imam sciita. In realtà
la tensione tra queste nazioni è già molto forte da qualche anno e va letta comunque
sullo sfondo della plurisecolare ostilità esistente tra sciiti e sunniti. Non
pare azzardato dire che la guerra strisciante tra l”Iran – maggior paese sciita
– e l”Arabia Saudita – paese chiave del sunnismo – vada ormai avanti da qualche
anno sia sul piano militare (guerra per procura in Siria e in Yemen dove i due
contendenti sono schierati su versanti opposti) che sul piano diplomatico
(l”Arabia Saudita era ostile alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra USA
e Iran e alla fine delle sanzioni che colpivano l”Iran) sia sul piano economico
(dove ormai da più di un anno va avanti una guerra scatenata dai sauditi tendente
a colpire l”Iran con il crollo del prezzo del barile del petrolio).

Concentrandoci
sull”aspetto economico di questa crisi non è azzardato dire che il focus è
quello del prezzo del barile di petrolio. L”innesco della crisi può essere
individuato con precisione anche dal punto di vista temporale: la riunione Opec
del 27 novembre 2014, dove il ministro del petrolio saudita Ali al Naimi
annuncia l”intenzione di aumentare la produzione di petrolio facendone crollare
il prezzo. La giustificazione di questa strategia fu quella di battere la
concorrenza del petrolio di scisto americano che ha prezzi di produzione più
alti rispetto a quello tradizionale. Secondo questa tesi, aumentare la
produzione – facendo crollare il prezzo – avrebbe messo fuori mercato il
petrolio americano e conseguentemente il prezzo del petrolio (una volta
eliminato il concorrente americano) sarebbe risalito. È evidente che le altre
“vittime” gradite della strategia saudita sarebbero state la Russia e
soprattutto l”Iran verso il quale stavano per finire le sanzioni imposte dal
Consiglio di Sicurezza dell”ONU grazie all”accordo sullo sviluppo della
tecnologia nucleare tra il grande paese sciita e il cosiddetto gruppo “5 + 1”
(USA, Russia, Cina, Francia, Inghilterra e Germania)

A distanza
di un anno si può dire senza paura di smentita che la strategia saudita si stia
rivelando come un completo fallimento: la Russia grazie ad accordi bilaterali
portati avanti con i paesi asiatici ha aumentato le sue quote di mercato,
l”Iran ha aumentato la sua produzione grazie alla fine del regime sanzionatorio
ed anche il petrolio di scisto americano continua ad essere estratto. Dunque il
cerino in mano – paradossalmente – è rimasto proprio nelle mani dei sauditi che
hanno visto aumentare il proprio deficit statale (ormai pari a quasi il 20% del
Pil) a causa degli ammanchi nelle entrate petrolifere che non riescono più a
sostenere le spese del welfare né le spese belliche in Yemen e in Siria.

Secondo
alcuni osservatori proprio l”esplosione di questa crisi fiscale stia spingendo
la dirigenza del paese ad intraprendere azioni sempre più provocatorie – come
appunto l”esecuzione dell”Imam sciita Al Nimr – al fine di ottenere un
repentino rialzo del prezzo del petrolio prima che venga minata la stabilità
finanziaria del paese con conseguenze difficilmente preventivabili sulla tenuta
sociale e politica. Secondo altri invece la strategia sarebbe più sottile:
accelerare la destabilizzazione dei suoi avversari sia con atti provocatori di
tipo politico o militare sia con azioni economiche tendenti ad  indebolirli finanziariamente confidando  di riuscire a farli crollare prima che la
stabilità dello stesso regno saudita sia messa a repentaglio seriamente.

Molto
probabilmente è più facile immaginare che – sullo sfondo della lotta per la
successione – la dirigenza wahhabita che domina l”Arabia Saudita sia divisa in
fazioni che perseguono strategie diverse e conflittuali.

Per
paradosso proprio questa incoerente strategia innescata dai sauditi per
indebolire – e alla lunga abbattere – i propri avversari rischia di ritorcersi
contro i sauditi stessi e sempre per paradosso proprio chi doveva esserne
vittima ha l”interesse ad attendere sulla riva del fiume il passaggio del
cadavere del proprio avversario.

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