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'L''Agenda Rossa, Scatola Nera della II Repubblica'

Sulla scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino restano intatti molti interrogativi, dubbi e ipotesi investigative. Cosa riaffiora?

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18 Maggio 2013 - 23.33


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di Lorenzo Baldo.

La notizia
rilanciata oggi da Repubblica relativa al video dei vigili del fuoco
dove si vedrebbe l’agenda rossa di Paolo Borsellino accanto ai suoi
resti ha creato un notevole clamore mediatico. Di fatto nel filmato che
Antimafia Duemila ha visionato si vede una sorta di quaderno dal colore
rosso accanto ad un corpo carbonizzato nel quale non si distinguono la
testa e le braccia, privo di gambe, incastrato tra la parte anteriore di
una macchina e il marciapiede. Nei 20 secondi durante i quali
l’operatore dei pompieri filma questo dettaglio, quella che viene
indicata come la possibile agenda rossa del giudice giace intatta sul
suolo costellato di detriti e pezzi di carne umana.

Il filmato, però, lascia aperti alcuni interrogativi. Secondo la
ricostruzione dei funzionari della Dia di Caltanissetta il cadavere
ripreso in quel momento dal cameraman dei vigili del fuoco (a cui fa
riferimento Repubblica) non è quello di Paolo Borsellino.

Il corpo del
giudice si trovava infatti nel giardinetto antistante il portone di
ingresso dello stabile dove abitava la madre del magistrato e non
incastrato tra una macchina e il marciapiede. Successivamente nel video,
una ventina di secondi dopo le riprese del quaderno di colore rosso,
avviene un cambio di immagine: si vede un lenzuolo che viene alzato al
di sopra del corpo mutilato del giudice Borsellino. La fisionomia del
suo volto, seppur annerito, è decisamente riconoscibile; è evidente che
la salma del magistrato è posizionata in un altro luogo, lontano dalla
macchina e dal marciapiede. Un minuto dopo l’immagine del giudice cambia
prospettiva. In pochi istanti che racchiudono tutto l’amore e la pietà
umana si vede il marito di Rita Borsellino che, in ginocchio, accarezza
il volto del giudice assassinato sul quale sembra quasi di vedervi un
sorriso.

Per quanto riguarda quindi il cadavere ripreso dai pompieri
accanto al quaderno di colore rosso gli investigatori ipotizzano che
potrebbe essere quello dell’agente di scorta Claudio Traina. E’ evidente
che il “dettaglio” di quell’agenda rossa accanto al corpo carbonizzato
non è stato a suo tempo particolarmente attenzionato dagli investigatori
e quindi la segnalazione di Repubblica merita decisamente ulteriori
approfondimenti investigativi. Ma le possibilità che l’agenda rossa
fosse nelle mani di Borsellino al momento dello scoppio dell’autobomba
sono davvero minime. Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino aveva deciso di
guidare personalmente la macchina nel tragitto da Villagrazia di Carini a
via D’Amelio. Il giudice si trovava da solo nell’auto, presumibilmente
aveva appoggiato la sua valigetta, dentro la quale era riposta la sua
agenda rossa, sul sedile posteriore, o sul pianale posteriore. Una volta
arrivato sotto casa della madre era sceso a suonare al campanello del
civico 19. Per quale motivo Borsellino sarebbe dovuto scendere dalla
macchina tenendo in mano la sua preziosa agenda? Di fatto si trattava di
attendere qualche minuto fino a quando sua madre sarebbe scesa e
insieme sarebbero andati dal cardiologo per una visita di controllo
dell’anziana signora.

Ma se invece quell’agenda fosse stata nelle mani
del giudice, come è possibile ritrovarla integra nonostante l’esplosione
dell’autobomba? Come è noto i 90 chili di esplosivo posizionati nel
bagagliaio della fiat 126 hanno scatenato l”inferno in via D’Amelio. Il
famigerato “Semtex-H”, un esplosivo di produzione cecoslovacca
contenente T4 e Pentrite (venduto legalmente fino al 1989, dopodichè in
dotazione soltanto alle Forze Armate e soprattutto merce di scambio tra
ambienti legati ai servizi e la criminalità organizzata), ha
carbonizzato e sbriciolato corpi, bombardato muri, polverizzando
letteralmente qualunque cosa trovasse sulla sua traiettoria.

Come
potrebbe quindi essere rimasta integra un’agenda fatta di carta
investita da una fiammata violentissima?

Gli investigatori ricordano che
nell’immediatezza dello scoppio dell’autobomba le stesse armi in
dotazione agli agenti di scorta scoppiavano per la reazione termica.
Resta infine appesa ad un filo la domanda su chi fosse l’uomo in abiti
civili vicino all’auto di Borsellino nei minuti successivi alla strage. E
sono le stesse dichiarazioni dell”ispettore Giuseppe Garofalo, in
servizio il 19 luglio ‘92 alla Sezione Volanti della Questura di
Palermo, ad alimentare gli interrogativi. “Ricordo – aveva raccontato
Garofalo agli investigatori – di avere notato una persona, in abiti
civili, alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza
nei pressi dell’auto. A questo proposito non riesco a ricordare se la
persona menzionata mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se
io l’ho vista con la borsa in mano o, comunque, nei pressi dell’auto del
giudice. Di sicuro io ho chiesto a questa persona chi fosse per essere
interessato alla borsa del giudice e lui mi ha risposto di appartenere
ai Servizi. Sul soggetto posso dire che era vestito in maniera elegante,
con la giacca, di cui non ricordo i colori. Ritengo che se mi venisse
mostrata una sua immagine potrei anche ricordarmi del soggetto”.

A quel
punto i funzionari della Dia hanno sottoposto all”attenzione
dell”ispettore Garofalo il video che riprendeva Giovanni Arcangioli
mentre si allontanava da via D’Amelio reggendo la valigetta di Paolo
Borsellino. Ma l”ispettore ha escluso che si potesse trattare della
stessa persona in quanto l”abbigliamento del personaggio appartenente ai
Servizi era completamente diverso dallo stile casual di Arcangioli.

Il
16 novembre 2005 davanti agli inquirenti Garofalo aveva ravvisato “forti
somiglianze tra l”Adinolfi (il tenente colonnello del Ros di Palermo
Giovanni Adinolfi, ndr) e il soggetto qualificatosi in forza ai Servizi
ed interessatosi della borsa”, poi però in data 20 gennaio 2006,
visionando nuovamente insieme agli investigatori le immagini
dell”attentato Garofalo “non riconosceva nessuno (neanche l”Adinolfi)
ravvisando somiglianze con un soggetto (non meglio identificato) non
corrispondente alla figura dell”Adinolfi”. Sulla scomparsa dell’agenda
rossa di Paolo Borsellino restano quindi intatti molti interrogativi,
dubbi e ipotesi investigative. Il caso sollevato da Repubblica riaccende
nuovamente l’attenzione su quella che a ragione è stata definita “la
scatola nera della Seconda Repubblica”.

E sono gli stessi che l’hanno
fatta sparire a preoccuparsi che non possa più riaffiorare dagli archivi
di Stato.

Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/2013051842934/primo-piano/alla-ricerca-dellagenda-rossa-di-paolo-borsellino-nuove-immagini-dubbi-e-verita.html.

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