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Quattro cose per orizzontarsi nel Gioco di tutti i Giochi

Che sia l’euro o la sovranità nazionale o la Siria o i migranti o la disoccupazione, tutti i giochi si giocano in un gioco più ampio di cui c’è scarsa conoscenza. [P.L. Fagan]

Quattro cose per orizzontarsi nel Gioco di tutti i Giochi
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29 Settembre 2015 - 18.26


ATF

di Pier Luigi Fagan.


C’è un gioco che condiziona tutti gli
altri giochi. Condiziona significa che ne determina le condizioni di
possibilità e, talvolta, financo gli esiti. Che sia l’euro o l’Europa o
la sovranità nazionale o la Siria o i migranti o la disoccupazione o il
bilancio dello stato o il ruolo di certe élite, tutti i giochi si
giocano in un gioco più ampio di cui, soprattutto in Italia, c’è assai
scarsa conoscenza. Paese che ha perso la guerra, capitalistico per certi
versi ma ancora “ancien règime” per altri, umanistico e financo
religioso quanto mai estensivamente scientifico, più idealista che
illuminista, ancora fratturato dalla questione meridionale, ripiegato
nel confort del proprio paesaggio, tradizione e gastronomia, sempre più
estraneo al mondo. Sarà bene allora far pratica di conoscenza con questo
gioco di tutti i giochi perché anche se facciamo finta di non saperlo,
noi siamo anche pedine di questo gioco.


  • La prima cosa da considerare è che le condizioni interne di un sistema dipendono in gran parte dal suo esterno.


compare-countries-money-01Quando analizziamo lo stato di potere, di
forza e di salute di una civilizzazione, di uno stato, di un sistema
economico, dobbiamo prioritariamente riferirci a quali sono i suoi
rapporti con l’ esterno. Il suo esterno è ciò che lo contiene e i tre
stati qualitativi dipendono in gran parte dall’assetto della relazione
che il sistema intrattiene con ciò che lo contiene. Lo
scenario ultimo, quello che non dipende da altri ma da cui tutti
dipendono è quindi, semplicemente, il mondo. Il mondo è il contenitore
di tutti i sistemi.


Nel mondo, oggi, si muovono diverse forze
ma le principali, quelle che lottano l’un con l’altra per il controllo
migliore del mondo sono due. Una è gli Stati Uniti d’America. Gli USA
sono la forza di gran lunga dominante e il loro dominio proviene da
almeno sessanta anni di potere sostanziale sul mondo o quantomeno su sua
larga parte. L’altra non è una singola forza ma un potenziale sistema,
un sistema che al momento non è ancora tale essendo ancora allo stato di
aggregato. Tale aggregato, passibile di divenire un sistema, è formato
da tre entità: Germania, Russia, Cina. Queste tre entità coprono tutte e
tre le parti del continente euroasiatico, Germania ad ovest, Russia al
centro, Cina ad est. Se queste forze minori, si saldassero in sistema, è
la semplice geografia che determinerebbe la struttura portante del
potere sul mondo, gli USA diventerebbero un satellite del centro del
mondo ed i satelliti non hanno alcuna autonomia, dipendendo da ciò
intorno a cui gravitano. Se e per quanto avere un mondo dominato dagli
USA e se, quando e come, avere un mondo diverso è il Grande Gioco.


  • La seconda cosa da considerare è la natura sistemica dei giocatori del gioco.


Gli USA sono un sistema, l’aggregato
Germania – Russia – Cina no, è un sistema potenziale. Gli USA sono un
sistema perché sono uno stato-nazione, con un paio di secoli di storia e
senza un ingombrante passato. Non è quindi percorso da linee di faglia
interne per quanto tutti i sistemi molto estesi sono sempre a rischio di
frattura. L’unità degli Stati Uniti significa un unico sistema
politico, militare, economico, culturale, religioso che riporta ad un
centro intenzionale, un potere o un gestore centrale in grado di far
muovere il sistema come un organismo unico. Gli Stati Uniti sono
posizionati su un’isola con due oceani ai meridiani e nessuna seria
minaccia ai paralleli, sono quindi una fortezza isolata ed
inespugnabile. Il gioco in difesa degli USA sarà sempre un gioco in
attacco, sarà cioè un gioco che si svolge fuori dei propri territori,
sul continente euroasiatico o altrove ma mai sul proprio territorio. La
posta del suo gioco è il controllo di buona parte del mondo, da questo
controllo deriva il suo benessere.


L’aggregato Germania – Russia – Cina (GRC) invece non è un sistema.


La parte di massima estensione spaziale, la Russia,
ha uno popolazione che è poco meno del doppio di quella tedesca ed un
decimo di quella cinese. Essa non esercita alcuna forza di gravità ad
est dove la massa cinese è padrona del campo, esercita una forza di
gravità naturale nel centro-Asia ed esercita una forza di gravità
contrastata sul suo ovest dove una serie di stati europei si trovano in
mezzo tra la Russia e la Germania. Qui è la storia recente più che la
geografia o la storia profonda a segnare le dinamiche. Questi paesi che
“stanno in mezzo” furono satelliti dell’’URSS ed hanno un ricordo assai
sgradevole della perdita di autonomia che connotò quella fase storica.


Map of GfK purchasing power Russia

Map of GfK purchasing power Russia


Essi quindi cercano e cercheranno in
tutti i modi di sottrarsi al risucchio gravitazionale russo. In questi
casi, si cerca un altro centro di gravità che possa contrastare quello
da cui si vuole evadere. Sembrò che l’Europa e la Germania potessero
rappresentare questa alternativa ma l’Europa non è a sua volta un
sistema e la Germania è troppo debole per esercitare questo ruolo. Così,
sono diventati il perfetto pied à terre per gli Stati Uniti 
in cerca di alleati fidati nel territorio euroasiatico che è lì dove si
gioca la partita. La Russia ha un centro politico forte ed una forza
atomica e militare altrettanto competitiva (essendo l’eventuale gioco
militare dettato dalla forza più forte, cioè l’arma atomica, la
consistenza delle tre armi tradizionali -terra/aria/mare- è importante
fino ad un certo punto. La guerra condizionata dall’atomica è una guerra
di pura e semplice altrui distruzione non di conquista territoriale
come è stata nei millenni passati). La Russia non ha una economia forte,
né alcuna capacità di egemonia culturale. Come la storia insegna, la
Russia non si può “conquistare” poiché ha sempre un territorio alle
spalle nel quale rifugiarsi ma può essere seriamente danneggiata ovvero
resa relativamente impotente.


china_water_stress_2La Cina ha una
estensione territoriale meno vasta dell’apparente essendo altissima la
sua composizione demografica ed essendo più di metà del suo territorio
difficilmente abitabile. La Cina ha una fragilità intrinseca che è la
sua totale dipendenza quanto a fornitura di acque dolci da un territorio
specifico, il Tibet. La nuclearizzazione mirata delle fonti fluviali
tibetane, porterebbe ad una carenza d’acqua drammatica. Sebbene si siano
verificate tensioni nella consistenza interna (Tibet e Xinjang), la
Cina non è facilmente divisibile al suo interno come per altro la
Russia. Intorno, la Cina ha potenziali partner e potenziali nemici, i
potenziali nemici possono ovviamente essere amici dell’avversario. Il
principale è il Giappone. Con l’India i rapporti sono variabili ma non è
né nella storia e nelle tradizioni, immaginare evoluzioni negative (una
guerra indo-cinese) o positive (una concreta alleanza indo-cinese).
Comunque delle due, è semmai più probabile la seconda che non la prima.
La Cina ha dunque un problema nel suo stesso intorno perché ognuno degli
stati che la circondano, può diventare pied à terre per
l’eventuale nemico in un confronto dichiarato. La forza economica della
Cina è basata su quella che è anche una debolezza in termini strategici,
una massa demografica enorme. I richiami allo “sviluppo armonioso”, il
recupero delle linee di saggezza strategica addirittura del periodo confuciano,
sono equivocate in Occidente. Per la Cina, queste direttive sono
ontologiche, quindi senza alternative, un cinese che ha cuore il proprio
sistema, sa da migliaia di anni che: a) internamente deve prevalere la
concordia alla discordia perché il territorio non consente la presenza
di parti in competizione pena la guerra eterna ed inconcludente (cioè
senza scopo possibile); b) ogni diversione esterna peggiora
l’equilibrio, già di suo problematico, della concordia interna. Chi
immagina una Cina imperialista che si lancia alla conquista del suo
mondo circostante, non sa quel dice. Ciò ovviamente non toglie che il
sistema cerchi in altri modi il controllo del suo intorno ma è più un
legare che un controllare. La forza militare della Cina non è nota. Si
suppone non sia molto competitiva in assoluto ma si teme (dal punto di
vista americano, ovviamente) abbia sviluppato qualche “sorpresa”. Il
potere cinese, da sempre, ha nella strategia e nel tempo, un suo a
priori. Quindi i cinesi, da quando decisero di aprirsi al mondo, avranno
sviluppato una simulazione ampia di scenari e previsto almeno a livello
di pensiero, diverse alternative. A che punto è la realizzazione
pratica di queste alternative, quelle militari e dei sistemi d’arma
nello specifico, non sappiamo e non sappiamo neanche se lo sanno o
pensano di saperlo i vertici strategici USA.


screen-shot-2013-05-31-at-2-10-43-pmLa Germania è, dei tre,
il sistema più squilibrato e problematico. Del tutto privo di autonomia
militare, questo ne fa un paese a sovranità zoppa. Con una estensione
territoriale contenuta ed una contenuta popolazione, l’unica vera forza
della Germania è la posizione e l’economia. Ma come spesso accade, i
punti di forza hanno le loro debolezze. Posizione ed economia, in
Germania, sono direttamente correlate.  Una buona parte della sua forza
economica è dovuta a: a) dominio del sistema monetario dell’euro che le
dà una serie di vantaggi noti, nel controllo delle relazioni
economiche con Francia, Italia, Spagna, nord Europa. La Gran Bretagna,
notoria seconda gamba del sistema anglo-sassone, è fuori da questo
raggio sebbene rimanga un vicino geografico; b) mantenimento del sistema
mondiale degli scambi dove esercita, tramite una politica economica
mercantilista, un ruolo di rilievo assoluto. Se però si arrivasse ad una
qualche perturbazione di tale mercato mondiale (se si arrivasse ad un
irrigidimento nel confronto delle forze, non necessariamente una guerra
vera e propria) la Germania sarebbe, con la Cina, una delle prime entità
a risentirne. La Germania è un sistema al centro di un parallelogramma
di forze. L’unica alleanza non problematica e naturale è con i paesi del
Nord Europa. Con gli altri europei il rapporto è di cuginanza
conflittuale e per altro, sino ad oggi, la Germania non ha mai mostrato
reali capacità egemoniche che tra l’altro non fanno assolutamente parta
delle sua storia, né di quella del continente. Quanto fatto a Luglio
scorso alla Grecia, ricorda (semmai ce ne fosse stato il bisogno) a
Francia ed Italia, cosa significa avere a che fare coi tedeschi.
Naturalmente antagonista è il rapporto con il Regno Unito. Interessata
ad allargare
la sua egemonia ad Est andando incontro alla richiesta di maggiori
legami proveniente dalle nazioni in fuga dal “Grande orso russo”, non ha
mostrato reali capacità di saper gestire questo possibile incontro. Per
altro, deve sempre bilanciare questo suo eventuale interesse espansivo
con la necessità di non mettersi in urto con la Russia. Se alla Germania
fosse permessa una amicizia organica coi russi, nel contratto si
potrebbe prevedere lo spazio consentito all’espansione d’influenza
tedesca ma a questo punto agisce l’altra forza traente, gli Stati Uniti
d’America. I rapporti tra Germania e Stati Uniti sono assai complicati.
Storicamente, non c’è simpatia ma ricordiamoci che sia gli Angli, sia
soprattutto i Sassoni, originano proprio da quelle terre. 

La Germania è
stato protettorato statunitense lungamente dopo la Seconda guerra
mondiale e tutt’oggi, la forza militare tedesca è americana. La Germania
dipende vitalmente dai rapporti con i cugini europei che possono,
all’occasione, giocare sull’amicizia interessata con gli USA per
bilanciare la maggior forza tedesca. In sostanza, la Germania dipende
dall’esistenza di quella globalizzazione che gli americani hanno
senz’altro favorito ma che potrebbero revocare anche solo in parte (ad
esempio diminuire o rendere meno facile quella delle merci ma mantenere
in quella dei capitali dove controllano l’intero sistema), proprio per
mettere in difficoltà eventuali competitors geopolitici. Né la
leadership interna, né le condizioni di possibilità esterne, permettono a
questo punto di pronosticare una facile soluzione del “problema
Germania”.


  • La terza cosa è simulare i possibili sviluppi del gioco.


geopolitics-of-myanmar-26-638 (1)Prima però bisogna dire qualcosa anche
sul sistema forte. Se i tre GRC sono ancora un aggregato potenziale e
non un sistema, la cui analisi delle forze indica qualche luce e molte
ombre, l’unico vero sistema esistente e quindi il player più forte, come
esce da una analisi che si sforza di essere realista? Gli USA
partono con quattro punti di forza ed uno di debolezza. I punti di
forza sono: A) come detto, gli USA, sono l’unico vero sistema, unito e
compatto. Hanno inoltre una lunga tradizione di controllo del mondo e
quindi un expertise. Possono disordinare gli altri più o meno a
piacimento e molto difficilmente possono essere disordinati; B) la
potenza militare degli Stati Uniti è inarrivabile anche si mettessero
assieme le forze dei tre aspiranti poli di un nuovo sistema. Tra
l’altro, al di là delle contabilità delle armi, il solo fatto che da una
parte c’è un sistema unico e rodato e dall’altra un sistema nuovo, fa
partire questo secondo in deciso svantaggio; C) la potenza più che
economica, finanziaria o banco-finanziaria. Dal dollaro al sistema Wall
Street – la City – l’offshore, gli Stati Uniti sono in grado non solo di
controllare relativamente ma sostanzialmente i competitors ma anche
tutti gli altri. Ci sono infatti coreani, australiani, indiani,
iraniani, sauditi, israeliani, egiziani, turchi, africani e sud
americani oltre che i rissosi e casinisti europei occidentali (e gli
affamati ed impauriti europei orientali) nel Grande Gioco e tutto il
Grande Gioco verte sul sistema banco-finanziario-off shore anglosassone.
In un modo o nell’altro, tutte le élite del mondo hanno i propri soldi
in quel sistema e sono le élite a decidere i destini dei popoli. D) Gli
Stati Uniti, rappresentano ancora la certezza del sistema vigente che
tutti consociamo e non è mai facile lasciare il conosciuto per lo
sconosciuto. La loro egemonia è hard nella struttura ma le popolazioni
poco o niente sanno di strutture, per lo più hanno contatto con le
sovra-strutture e sul piano sovra-strutturale, il soft power americano,
ancora oggi, non ha rivali. 

Se idealmente chiedessimo a chiunque se
preferisce stare sotto l’egemonia apparentemente benevola americana o
sotto quella tecno-ottusa dei tedeschi o quella alieno-repellente dei
cinesi o quella neo-zarista dei russi, non v’è dubbio che buona parte
del mondo sceglierebbe ancora
gli yankee. Il punto è che l’alternativa all’egemonia americana non è
un’altra egemonia ma l’autonomia. In teoria tra egemonia anche
benevolente e piena autonomia non c’è partita ma raggiungere l’autonomia
è un problema ciclopico, questa è l’inerzia su cui giocano gli
americani.


zoellick-20090929Gli USA hanno quindi quattro punti di
forza, la debolezza allora qual è? 

La debolezza è che gli Stati Uniti,
possono solo perdere, di più o di meno, più velocemente o lentamente ma
possono solo perdere. Gli USA dipendono strutturalmente da un forte
controllo su più o meno tutto il mondo ma il mondo è giunto ad un
livello di complessità tale che nessuno può sensatamente pensare di
controllarne l’intera complessità. Su questo non c’è dubbio alcuno. La
partita è certo molto complessa ma GRC sono solo la cuspide di un
possibile sistema mondiale, il sistema multipolare

La
vera posta in gioco nel Gioco di tutti i giochi e questa: un polo
americano a governo, con geometrie variate, dell’intero sistema o
comunque della parte maggiore o l’apertura di una nuova fase di mondo
con un nuovo gioco complesso che coinvolge diversi poli.  Tutti tranne
gli USA, avrebbero interesse ad aprire una nuova fase planetaria in cui
tutti giocano con tutti (con o contro), in cui ognuno si possa giocare
la sua partita, in cui anche il più remoto staterello periferico possa
giocarsi la sua ricerca di autonomia relativa pasandosi ora di qui ora
di là in qualche tenzone locale, portandosi a casa comunque un qualche
maggior vantaggio che non fare da colonia a qualche macro-sistema
dominante. C’è infatti una seconda corona di stakeholders interessati al
Grande Gioco ed è nell’elenco riportato precedentemente. Assicurare a
tutti il loro interesse non è facile. La realtà è sempre più complessa
della teoria per cui pur essendoci
un oggettivo interesse di tutti al nuovo sistema multipolare, c’è
comunque e per lungo tempo di sarà (basta vedere gli stati europei e il
loro harakiri – seppuku (切腹) – dell’interesse oggettivo nei rapporti con
i russi per compiacere il sistema dominante americano) un gioco
asimmetrico di resistenze, ricatti, inerzie, attriti, che freneranno
l’esplicarsi di un fronte attivo in favore dei nuovi equilibri. Sarà una
transizione, una transizione lenta e difficile.


Tra l’altro conviene a tutti sia una
transizione lenta perché se il sistema americano dovesse trovarsi in
seguito ad una forte contrazione in una improvvisa, grave, crisi
ontologica, si rischierebbe tutti un qualche colpo di testa della bestia
ferita ed una bestia con qualche migliaio di testate nucleari, può
decidere di morire portandosi appresso molte altre bestie attorno a lei.
Sarebbe un funerale assai affollato. Questa è una incognita che ha
molti gradi. In sostanza, non è facile rispondere alla domanda: quanto
possono contrarsi gli Stati Uniti d’America senza perdere la loro natura
essenziale che li obbligherebbe ad una svolta storica di
riconfigurazione della mentalità e delle strutture del loro vivere
associato, dall’esito assai incerto? Nell’incertezza, cautela è obbligo.


  • La quarta cosa è tentare di prevedere il reale svolgersi del gioco.


TTIP-mapA questo punto è chiaro che gli Stati
Uniti, giocheranno il gioco di difesa della loro posizione di controllo
cercando di limitare, ritardare e rallentare la crescita di
competitività degli avversari. Il miglior modo per farlo è metterli in
difficoltà. Lo sviluppo di questa nuova fase dei rapporti internazionali
ha già visto le prime mosse. 

La prima in assoluto è stata il varare una strategia di compattamento dello schieramento USA&friends. Ciò
sta avvenendo con la promozione dei tre trattati (TPP, TTIP, TISA)
commercial-giuridici che possono creare una piccola globalizzazione
centrata su gli interessi e soprattutto gli standard, americani. Gli
standard (giuridici e normativi), cioè la fissazione del regolamento di
sistema, sono financo più importanti dei vantaggi commerciali perché
creano una forma forte che, nel tempo, omogeneizza le strutture
politiche ed economiche, rendendo il processo quasi-irreversibile. Coi
trattati, gli USA non promuovono sesso ma un matrimonio. L’andamento di
questo pezzo di strategia è contrastato ed il suo happy end (che sarebbe
un punto di vantaggio quasi decisivo per gli Stati Uniti) è tutt’altro
che scontato. 

La seconda è il rafforzamento dei legami militari diretti (NATO) ed indiretti. 

76b419815558999f29bd279bebe7186bIl terzo
è stato l’operazione Ucraina, tesa prioritariamente a creare un motivo
di tensione nei rapporti Russia – Europa di modo che non si saldasse un
mercato dei comuni interessi (energia vs tecnologia con flussi di
investimenti incrociati).  

image_largeIl quarto
avanza a piccoli passi ed è una sorta di tortura cinese inflitta ai
cinesi stessi. Che sia il Tibet, il Mar cinese, rivolte ad Hong Kong,
 il riarmo giapponese, la tensione confinaria tra le due Coree, il
rifiuto momentaneo di includere lo yuan nel paniere IMF, i crolli di
Shanghai e chissà cos’alto che non sappiamo, la pressione verso il Paese
di Mezzo crescerà e sarà continua. Altresì, si agirà su tutta la corona
di stati confinanti com’è dichiarato pubblicamente nella strategia
obamiana “pivot to Asia”. E’ stato naturalmente previsto che, come sta
avvenendo, russi e cinesi superino la loro reciproca diffidenza naturale
(sono infatti paesi con frontiere in comune) e creino una alleanza
almeno difensiva ma se volete dominare un gioco molto complesso, il
diminuirne la complessità (amici vs nemici) è il primo passo di
buonsenso che potete compiere. Bisogna poi vedere se e quanto cambierà
questa strategia col cambio d’inquilino della Casa Bianca.  

Il quinto
è stato creare un sistema che tende all’ordine ma rimane in perenne
disordine sebbene controllato, nel Medio Oriente. Questa mossa non ha
altro intento che evitare di formarsi un ordine spontaneo e permettersi
un progressivo disinteresse sull’area, stante che gli USA hanno
investito storicamente molta attenzione e soldi su di esso. Ora però il
gioco principale è un altro e questa regione non può più assorbire
cotanta energia. Per cui: a) dotarsi di energia in proprio (gas di
scisto); b) sdoganare l’Iran come forza di un rettangolo formato anche
da Arabia Saudita, Egitto e Turchia quanto a mondo arabo, pentagono con
Israele come libera variante; c) alternare carezze e schiaffi (Isis,
Iraq, Yemen, Siria, accordo con l’Iran) per agitare le acque ma mai fino
in fondo. Tra shale gas e controllo indiretto del mercato petrolifero
arabo, si può altresì privare la Russia del potere scaturito dagli
enormi giacimenti di gas siberiano.  

russia-wants-war-us-bases-sarcastic-mapIl sesto Ã¨ il più
facile e riguarda l’Europa. L’Europa produce internamente il proprio
disordine in maniera naturale per cui basta stare a guardare e pigiare
qualche tasto ogni tanto, tanto il grosso del casino lo fanno da soli. Questa
considerazione vale per l’Europa ma più in generale per il mondo intero
data la sua crescente complessità la cui natura caotica (in attesa dei
tempi lunghi dei processi di auto-organizzazione) è implicita. La
riduzione coatta della Germania s’impone sia per ragioni geo-politiche
sopraesposte, sia per convertire gli europei ad una più convinta
politica monetaria espansiva che aiuti a non grippare il motore del
capitalismo mondiale affetto da rischi di “stagnazione secolare”,
contando sulle sponde italo-francesi. 

Il settimo Ã¨
quello di rinunciare gradatamente alle strutture della globalizzazione
delle merci (restringendola alle aree dei trattati) che oggi favorisce
più la Germania e la Cina che gli USA ed intensificare quelle della
globalizzazione finanziaria ed, ovviamente, gestire la contrazione di
potenza del dollaro.


La strategia è quindi negativa ovvero
distruttiva (distruggere forme d’ordine alternativo) e quindi diretta a
creare ordine dal disordine. Il disordine è quello che si vede e sempre
più di vedrà, sia perché naturale, sia perché c’è un attivo agente
disordinante, l’ordine è ciò che rimane del potere unificato americano:
tanto più gli altri combatteranno col disordine, tanto più loro
manterranno una facoltà di ordinare (mettere in ordine e ordinare nel
senso di comandare).


La contro-strategia dell’aggregato
aspirante sistema è giovane ed incerta. I BRICS sembravano una premessa
di coordinamento sistemico agito su gli interessi economico-finanziari
ma è bastata l’avvisaglia di una contrazione del sistema economico
mondiale e qualche operazione mirata di disordine finanziario e
valutario per indebolire molto le volontà. 

Lo SCO (Shanghai, Cooperation
Organization), l’alleanza russo-asiatica è un processo lento che
comunque procede. L’asse russo-cinese si è recentemente saldato ma va
ricordato che l’amicizia tra i due popoli non è mai esistita. La Cina
sta lanciando la sua nuova super-banca di investimenti, stile IMF/WB ma
bisognerà vedere quando sarà operativa e quali sono i progetti. L’idea
centrale è quella di infittire le relazioni economiche lungo i due assi
detti “Vie della Seta”, dal polo cinese a quello euro-tedesco, via
Russia e non solo. Tutto questo ed altro ancora, sconta il fatto che non
è facile fare mentre è molto più facile non far fare o sabotare. Una
strategia distruttiva contro una costruttiva ha costantemente la meglio
nel breve-medio periodo. Nel lungo periodo è un altro discorso.


B8MFbGxUna sguardo specifico, voglio infine riservare al problema militare visto che molti temono la Terza Guerra mondiale

 Il primo movente del creare tensioni è evitare relazioni pericolose per
la posizione americana. 

Il secondo, quando le tensioni prendono la
dimensione militare, è creare un costo. La struttura economica del
bilancio americano prevede storicamente il costo militare, quello degli
altri no, inoltre gli americani hanno il dollaro, gli altri no. Anche
solo dover prevedere un minimo o un massimo se la tensione cresce, di
improvement
dei costi di armamento, crea una difficoltà a chi ha bilanci
al limite della capienza e tende a concentrare gli investimenti nello
sviluppo economico. La provocazione continua ed incrementale, gli
appelli a gli europei affinché non
facciano conto supinamente sull’ombrello americano, il preoccuparli
perché la Russia si mostra aggressiva (che poi sia in effetti solo
difensiva non importa data la capacità di manipolare l’informazione
mainstream), l’incitarli ad armarsi per proprio conto, hanno tutti fine
nel sabotaggio degli equilibri di bilancio sapendo che un bilancio
squilibrato porta o all’IMF, quindi alla dipendenza finanziaria o a
premere sul tessuto sociale di modo che le popolazioni siano sempre più
nervose e le loro élite sempre più preoccupate e quindi desiderose di
soluzioni di ricambio  della leadership, facili ed immediate. Col soft
power, fondazioni, servizi segreti, primavere, ong, massoneria, amici
degli amici o altro si potrà poi ben infilarsi nei processi di ricambio
delle èlite fallite promuovendone di nuove, ovviamente “amiche”. Poiché
strutturalmente inglobato nel bilancio USA, il costo militare lì è
addirittura un keynesismo oltre che il volano del famoso complesso
militare-industriale-tecnoscientifico. Quindi i “problemi del mondo” per
gli USA, sono vitali per controllare il suo esterno ma anche perché
trainano il funzionamento interno. Le crisi locali poi sono dei precisi
esperimenti di controllo indiretto delle situazioni. Una “crisi baltica”
ad esempio, galvanizzerebbe i paesi est-europei, continuerebbe a
mettere in difficoltà i russi già sotto sanzioni e col prezzo del gas in
saldo ma disturberebbe anche ogni velleità autonomista della Germania.


Credo si possa suggerire, a chi segue i
fatti del mondo, di mettersi comodo. Emergerà una sempre più intricata
complessità ed apparente contraddittorietà nello sviluppo delle due
strategie, la costruttiva e la distruttiva. Siamo in una transizione
epocale e quindi i tempi non sono brevi. Certo, c’è sempre il rischio
che maneggiando provocazioni, testate nucleari, ardite manovre from behind, qualche
cosa vada storto ma non è reale interesse di alcuno far diventare il
Grande Gioco, un Grande Dramma. Una guerra aperta tradizionale non è
possibile per via del nucleare e una guerra aperta nucleare non avrebbe
senso. Questa è una delle contraddizioni insite nel nucleare che gli
strateghi dei giochi americani ben conoscono, avendola sfruttata lungo
tutta la Guerra Fredda.


Working on the Next Move: Axis & Allies 1942 SE TournamentE’
un Grande Gioco davvero, il più grande si sia visto nella nostra storia
planetaria, il primo che prevede per campo il pianeta intero. Sarà una
lunga e tortuosa transizione alla fin della quale il mondo si troverà in
uno stato strutturale nuovo, quella che chiamiamo l’Era della
complessità. Ci vorrà molto o poco tempo? Sarà confusa ma infine
sostanzialmente pacifica sebbene punteggiata da micro-conflitti e forti
tensioni o transiterà com’è tradizione occidentale attraverso un qualche
olocausto? E noi, noi qui, nel nostro immediato “quartiere di mondo”,
cosa e come vivremo, in quale struttura più fine di quella qui
tratteggiata, ambienteremo la nostra ansiosa e preoccupata esistenza? Ci
torneremo su un’altra volta.


[L’analisi segue una precedente che trovate anche qui confermandone
l’impianto. Nulla, nell’anno trascorso e nelle molte cose successe, ha
modificato sensibilmente la mia interpretazione. Nella mancanza di
palesi falsificazioni, vi leggo un auspicio di fondatezza anche se un
anno, per lo sviluppo del Grande Gioco, è ben poca cosa…]


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