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La rabbia e la rappresentanza

Riflessioni non esaustive sulle proteste di questi giorni. [Marco Bersani]

La rabbia e la rappresentanza
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13 Dicembre 2013 - 17.10


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di Marco Bersani (Attac italia)

Personalmente penso che il nostro Paese abbia, rispetto ad altri, la particolarità di avere una crisi della rappresentanza drastica e verticale.

Questo comporta il fatto che, nel momento in cui l”insopportabilità della crisi si manifesta, si producano reazioni molto diverse fra loro: da una parte si hanno movimenti sociali che esprimono radicalità su contenuti specifici legati a beni comuni e ai diritti sociali (ed è quello che in questi anni è avvenuto con i movimenti come quello dell”acqua, i No tav, i conflitti territoriali, il movimento per la casa etc.), dall”altra si hanno “esplosioni” di rivolta che mettono insieme istanze molto diverse, accomunate dalla rabbia individuale e dall”antipolitica senza mediazione alcuna.

Queste istanze di ribellione, poichè non portano con sè alcuna intuizione di futuro diverso, ma solo la drammatica rabbia per l”insopportabilità del presente, sono ovviamente attraversabili (o addirittura organizzabili) dai più disparati interessi di corporazione, di clan con metodi anche “mafiosi”, di fascisti più o men organizzati.

Senza pretese di generalizzazione spicciola, potremmo dire che, mentre i movimenti per i beni comuni sono in campo perchè hanno da tempo interiorizzato il conflitto di sistema, ovvero vogliono cambiare la società e lo fanno a partire da un conflitto tematico come paradigma (acqua, grandi opere etc.), la ribellione di questi giorni è portata avanti dai delusi dal sistema, ovvero da coloro che hanno profondamente creduto che il modello neoliberale li avrebbe tutelati e che oggi si ritrovano la rabbia dell”essere stati abbandonati, senza l”idea che sia possibile un altro modello sociale.

Detto questo, e aldilà di ogni considerazione su contenuti e pratiche di questa ondata di ribellione, trovo assurdo pensare, come qualcuno fa, che “sia arrivato quel movimento che mancava all”Italia”, ma credo nello stesso tempo che ci si debba porre il problema di come parlare a molti di quelli che sono scesi, anche scompostamente, in piazza. Sia perchè molti di loro sono accompagnati da una condizione sociale di vera disperazione, sia perchè nell”acuirsi del binomio crisi sociale/crisi della democrazia è evidente che le esplosioni di rabbia non possano presentarsi come lineari e compiute – analisi complessa, obiettivi chiari e pratiche condivise – bensì come moti tanto drastici quanto confusi.

Liquidare tutto come esplosione di destra/organizzazione mafiosa/voluta dal sistema perchè la polizia non è intervenuta coglie aspetti di verità, ma ci fa perdere una parte della necessaria analisi: perchè oggi, essendo che fascisti, mafiosi e sistema ci sono da sempre? perchè queste manifestazioni (tutt”altro che di massa peraltro) hanno raccolto anche persone che dovrebbero stare nelle nostre manifestazioni?

E qui chiudo con il tema vero che credo attraversi tutti questi anni e che segnali l”assenza di un vero pensiero rivoluzionario nella società: ogni esplosione ha come obiettivo la politica, intesa come l”occupazione partitica dei posti di potere. È stato così per i 5 stelle – non a caso molto vicini culturalmente alle dimostrazioni di questi giorni – è stato così per la rabbia “forcaiola”: tutto si apre e si chiude con la rabbia verso i partiti (in sé, abbondantemente meritata).

E ancora una volta rischiano di gongolare i poteri finanziari: nessuna banca è stata assaltata, nessun obiettivo finanziario è stato messo in campo e si paventa la “marcia su Roma” non su Piazza Affari. In questo ci sono senz”altro i prodromi di una sub-cultura fascisteggiante.

In questo senso credo che la costruzione di una coalizione sociale ampia fra i movimenti per i beni comuni e i diritti sia oggi ancor più necessaria, sia perchè le singole lotte hanno bisogno di una forza maggiore, sia perchè pezzi di società che non reggono più (è successo in questi giorni, ma aspettiamocene altre in forme e modi che non comprendiamo) devono potersi sintonizzare con un percorso di conflitto in atto, ma che abbia il respiro largo e sappia suggerire che all”insopportabilità del presente c”è una possibile risposta collettiva.

Come sempre, occorre capire e agire.

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