di Marco Travaglio.
Siccome è una partita tra furbi
 che si credono l’uno più furbo dell’altro, nessuno può dire se la carta
 Mattarella sia un atto di guerra di Renzi contro B. per rompere il 
Nazareno, o una manfrina per consolidare il Patto ma con il coltello 
dalla parte del manico. 
Stando a quel che è accaduto ieri, si sa solo 
che Renzi ha detto: il Nazareno è vivo, ma comando io, quindi votiamo 
Mattarella al primo scrutinio. 
E B. ha risposto: no, comando anch’io, 
dunque al primo scrutinio Mattarella non lo voto, si va a sabato, e 
intanto vediamo cosa mi offri in cambio. 
I due compari erano d’accordo 
per un nome condiviso (da loro, s’intende) che non si chiamasse Prodi. 
A dicembre era Casini, a 
gennaio Amato. 
Poi, anche grazie a un giornale con un pizzico di memoria
 storica e alle reazioni dell’opinione pubblica, Renzi ha capito quanto 
sia impopolare Amato, e ha virato su Mattarella. Che, sì, lasciò il 
governo Andreotti contro la legge Mammì con gli altri ministri della 
sinistra Dc. Ma questa è preistoria. 
Da anni il buon Sergio s’è 
inabissato in un mutismo impenetrabile, ai confini dell’invisibilità, 
che non autorizza nessuno a considerarlo né amico né nemico del 
Nazareno. 
Quel che si sa è che, pur essendo un ex Dc, non appartiene al 
giglio magico renziano, ma è molto ben visto dall’ex re Giorgio e dalla 
sottostante lobby di Sabino Cassese, di cui fanno parte i rispettivi 
rampolli Giulio Napolitano e Bernardo Mattarella (capufficio legislativo
 della ministra Madia, ex fidanzata di Giulio). La solita parrocchietta 
di establishment romano. 
Altro
 che rottamazione. 
Altro che il “nuovo Pertini†di “statura 
internazionale†promesso da Renzi. 
Brava persona, per carità, ma non 
proprio “simbolo della legalità†per comportamenti, frequentazioni e 
parentele. 
È l’ennesimo “coniglio bianco in campo bianco†(com’era 
chiamato anche Napolitano, prima che smentisse tutti sul Colle). Una 
figura talmente sbiadita che il premier sperava mettesse d’accordo 
tutti: renziani e antirenziani del Pd, ma anche B. che comunque 
allontana definitivamente lo spettro di Prodi. Diciamola tutta: se Renzi
 avesse voluto rompere il Patto del Nazareno, avrebbe candidato l’unico 
vero ammazza-Silvio del Pd, e cioè il Professore. 
Perciò sarebbe il caso
 che Imposimato – anche alla luce di quel che abbiamo scritto ieri e 
aggiungiamo oggi sulla sua carriera tutt’altro che lineare – venisse 
pregato dai 5Stelle di ritirarsi a vantaggio del secondo classificato 
alle Quirinarie. E che votassero Prodi anche Sel e la minoranza Pd, che 
ieri hanno incredibilmente abboccato all’amo di Renzi nella pia 
illusione che Mattarella segni la fine del Nazareno. 
A meno che B. non 
scelga spontaneamente il suicidio votandogli contro al quarto scrutinio 
di sabato, Mattarella non è affatto un candidato anti-B.. 
Non a caso 
Renzi, quando ha visto l’amico Silvio vacillare, ha consultato 
Confalonieri, che è subito sceso a Roma per convincere B. a restare in 
partita. Se alla fine, come in tutti questi anni, fra gli umori del 
partito e gli interessi dell’azienda, B. sceglierà i secondi e voterà 
Mattarella, potrà metterci il cappello e continuare a spadroneggiare e a
 fare affari. 
Anche perché, senza i suoi voti, Renzi può (forse) 
eleggere il capo dello Stato grazie all’apporto straordinario dei 
delegati regionali (quasi tutti pd). Ma poi non può governare né far 
passare le sue controriforme. Salvo follie autolesionistiche di un 
Caimano bollito, è probabile che i tamburi di guerra forzisti di ieri 
siano solo l’ultimo ricatto per alzare la posta, e siano destinati a 
trasformarsi nel breve volgere di 24 ore in viole del pensiero. 
Magari 
in cambio del salvacondotto fiscale del 3%, dato troppo frettolosamente 
per morto; o addirittura di qualche ministero tra qualche mese. 
Domani, 
comunque, tutte le carte saranno scoperte. Compresi i bluff.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 30/01/2015.