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'La Persia si affaccia alla corsa all''oro'

Nel momento in cui il regime delle sanzioni svanisse, probabilmente verso l’inizio del 2016, l’Iran diventerà il più figo dei paesi emergenti [Pepe Escobar]

'La Persia si affaccia alla corsa all''oro'
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28 Luglio 2015 - 21.59


ATF

di Pepe Escobar.

Tradotto da ComeDonChisciotte.

Potreste aver sentito parlare dell’N-11. Sì, un altro intruglio di
Goldman Sachs, per il beneficio di quegli eletti – gli “investitori
globali”. Questi sono i prossimi BRICS, il nuovo potere emergente.


L’N-11
è composto da: Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Corea del Sud,
Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia e Vietnam. Alcune di esse
potrebbero addirittura entrare a far parte del gruppo dei BRICS.


Nel
momento in cui il regime delle sanzioni svanisse, probabilmente verso
l’inizio del 2016, l’Iran diventerà il più figo degli N-11. È difficile
competere con il suo spessore: un mercato da 80 milioni di persone,
principalmente con una buona educazione, un capitale umano misto più
attrattivo di quello turco e sul fronte più importante, quello
energetico, una combo di petrolio in quantità pari all’Arabia Saudita,
di gas pari alla Russia e presumibilmente più risorse minerarie
dell’Australia.


A breve sarà di nuovo sui mercati internazionali smanioso di vendetta. Si tratta di una scossa economica di portata mondiale.


Salta sulla carovana


Nonostante il duro pacchetto di sanzioni ONU/USA/UE – che Teheran ha
sempre definito illegali ed ingiuste – l’Iran ha costruito una solida
base industriale nel Sudovest Asiatico. Fa parte, ad esempio, dei
maggiori 15 produttori di acciaio e di automobili. È il maggior
esportatore al mondo di cemento, pistacchi, zafferano e caviale.



L’Iran è ben posizionato tra i leader mondiali in nanotecnologie e
nella ricerca sulle cellule staminali. È ufficialmente la potenza
scientifica del Sudovest Asiatico: il 17° al mondo per divulgazione di
articoli scientifici – davanti a Turchia ed Israele. Per non menzionare
l’Arabia Saudita, leader mondiale di, beh, decapitazioni.


Quando verranno tolte le sanzioni l’Iran sarà in grado di spingere la
sua già diffusa industria e le infrastrutture scientifiche. Sarà una
bella incognita per l’alta tecnologia occidentale. Al momento, le
scoperte tecnologiche vengono da membri dei BRICS come Cina, Russia e
India.


Le firme sull’accordo di Losanna si stavano ancora asciugando quando
una carovana di multinazionali – europee ed asiatiche – ha iniziato a
bussare alla porta dei Persiani, per prendere i posti migliori alla
(ri)apertura del bazar iraniano.


Per quanto riguarda l’energia ci sono i giganti europei Royal Dutch
Shell e Eni, l’ambasciatore francese negli USA Gerard Araud è stato
costretto a placare i falchi
al Consiglio Atlantico con un fatto piuttosto ovvio “sul serio, noi
abbiamo perso un sacco di soldi, non gli Stati Uniti”, Araud ha fatto
notare come le aziende europee siano state costrette a rispettare delle
sanzioni imposte dagli USA. Ha aggiunto “per cui smettete di fare la
parte dei moralisti”.


Gli inviati russi, dal canto loro, stanno esplorando l’Iran da mesi,
scambiando dati politici, economici e militari. Le relazioni tra Iran e
Russia, molto cordiali, sono basate sul pragmatismo.



La possibilità concreta che l’Iran cominci a vendere enormi quantità
di gas all’UE è ovviamente un argomento molto delicato per Mosca –
specialmente dato che questo nuovo corso è sostenuto direttamente da
Washington. Per la Russia dovrebbe essere un rischio relativamente a
breve termine, al massimo fino al 2020, perchè a lungo termine la
Gazprom avrà il suo miglior partner commerciale nella Cina – e nel resto
dell’Asia. Cinque anni sono quello che serve per espandere la rete del
“Gasdottistan” attraverso la Siberia verso la Cina.


C’è sempre a portata di mano il win-win cinese: man mano che
l’embargo sulle armi convenzionali verrà sollevato, Teheran comprerà
sempre più armi russe, non solo i sistemi missilistici S-400.


Boeing o Airbus?


Dopo le sanzioni, l’Iran guadagnerà il massimo vantaggio di uno dei
suoi punti forti: la posizione. L’Iran è il fulcro di connessione tra
Europa, Asia Centrale, Caucaso e Sudovest Asiatico – ciò che l’occidente
chiama Medio Oriente. È proprio in mezzo alle nuove vie della seta che
la Cina vuole implementare e un candidato ideale a far parte dell’Unione
Economica Eurasiatica (UEE) – aumentando i commerci con l’Asia
Centrale, con Kazakistan e Kyrgyzistan.


Iran, Afghanistan e Tagikistan condividono addirittura la stessa
lingua – il Persiano e i suoi derivati, Dari e Tagico. Le nazioni
attorno all’Iran – dall’Afghanistan all’Armenia, alla Turchia, al
Turkmenistan – vedranno un’immediata crescita degli scambi commerciali,
dopo che le sanzioni non erano comunque state in grado di fermare i
commerci al confine.



Un boom dell’industria turistica iraniana è inevitabile – che
attrarrà clienti dall’Europa, dall’Asia e da tutti i paesi che ci sono
nel mezzo. L’industria navale – già in buono stato – prospererà.
Ovviamente serviranno anche molti aerei passeggeri.


Una delle più folli conseguenze delle sanzioni volute dagli USA è che
per decenni, le compagnie di volo iraniane sono state costrette ad
acquistare e far riparare i propri velivoli al mercato nero. Un paio di
mesi prima che l’accordo di Vienna fosse siglato, c’è stato il caso
della Mahan Air, la seconda compagnia iraniana, che ha dovuto comprare
nove velivoli appoggiandosi ad una società di facciata irachena.


L’Iran avrà bisogno di almeno 400 velivoli nei prossimi dieci anni.
Il capo dell’aeronautica iraniana, Farhad Parvaresh, non è solo
interessato ai Boeing 777 e 787, ma anche all’Airbus A321 e non scarta
nemmeno il nuovo 747-8, che la Boeing fatica a vendere.


Ora immaginatevi le compagnie iraniane che estendono le loro tratte
alle capitali europee ed asiatiche. Ciò creerà forte competizione alla
Turkish Airlines, Emirates, Etihad e Qatar Airways, attirando tutti
quelli che vivono e lavorano tra l’Asia Centrale e il Caucaso.


Gas Gas Gas


L’Iran a breve ritornerà ai livelli di esportazioni di greggio di
prima del 2012, 2.5 milioni di barili al giorno. Al momento è circa a
1.5 milioni di barili al giorno – a causa dell’inarrestabile campagna di
Washington di perseguire i clienti dell’energia iraniana come Corea del
Sud, Giappone ed UE. La Cina, ancora in crescita del 7% annuo, resta la
prima scelta. Entro il 2018, con le altre economie asiatiche come India
ed Indonesia in crescita, le esportazioni iraniane aumenteranno
sicuramente.



Secondo le stime dell’Ente Nazionale Petrolifero Iraniano (NIOC),
Teheran sarebbe già pronta ad aggiungere da 600.000 a 1 milione di
barili al giorno al mercato globale. Ciò significa un’ulteriore discesa
dei prezzi nel prossimo futuro – della quale beneficeranno i non
produttori di petrolio con alta popolazione, come Egitto e Pakistan. Dal
punto di vista pakistano, ciò si concretizza nella fine di una delle
telenovele del “Gasdottistan”: il gasdotto IP (Iran-Pakistan). La tratta
pakistana è finanziata dalla Cina. Dal punto di vista Egiziano, ciò si
traduce in minori costi di trasporto e un aumento del traffico nel
canale di Suez.


Gli Emirati Arabi Uniti sono un argomento più complesso. Dubai ne
avrà grande beneficio, essendo già un centro commerciale/bancario
iraniano dove sono depositati miliardi di dollari di fondi in dollari
USA. Però l’obiettivo dell’Iran è di riguadagnare fette di mercato a
discapito dei suoi competitor del Golfo, tra cui gli Emirati.
Aggiungiamo il fatto che le riserve saudite stanno calando lentamente –
dato che vengono investite per bombardare lo Yemen.


Ovunque si guardi l’integrazione eurasiatica – con l’Iran come protagonista – procede a spron battuto.


Il Presidente iraniano Hassan Rouhani si è incontrato con il Primo
Ministro indiano Narendra Modi al termine del summit dei BRICS/SCO ad
Ufa. Rouhani si aspetta che l’India investa 8 miliardi di dollari in
progetti di infrastrutture – incentrati sullo sviluppo del porto
strategico di Chabahar nel Golfo di Oman. L’india sta già affittando due
attracchi al porto, usandoli come terminal cargo multifunzione. Il
prossimo passo è aiutare a costruire il secondo ed il terzo terminal,
insieme ad una ferrovia che li colleghi al resto dell’Iran.


Chabahar non sarà l’unico sbocco iraniano sull’Asia Centrale, ma
aprirà anche una via d’accesso all’Afghanistan, difficilmente
raggiungibile via terra. Sia l’India sia l’Iran sono molto attivi in
Afghanistan – sul fronte commerciale e su quello della sicurezza.


Il problema siriano


Uno dei più grossi “segreti” a Bruxelles è sempre stato il bruciante
desiderio dell’UE di fare affari energetici con l’Iran. Secondo i numeri
del Parlamento Europeo, l’Iran potrebbe presto esportare più di 150
miliardi di metri cubi di gas all’anno. Paragonateli ai 140 che oggi la
Gazprom esporta in UE.


Le riserve dell’Iran sono le seconde a livello mondiale per
dimensione dopo la Russia, il 15.8% del totale. L’Iran detiene il più
grande giacimento marino di gas al mondo: il South Pars/North Dome nel
Golfo Persico, in parte condiviso con il Qatar. Quindi il “Gasdottistan”
è necessario. Per ovvie ragioni, non c’è un condotto iraniano diretto
verso l’UE – per ora. Esiste il gasdotto Tabriz-Ankara, dall’Iran alla
Turchia, che dovrebbe essere prolungato, creando un “gasdotto persiano”
di 3.000 Km attraverso la Turchia da est ad ovest, con una connessione
marina con l’Italia, dove si suddividerebbe in due sezioni: nord e sud,
per alimentare Francia, Germania, Austria, Svizzera e Spagna.


Questo è il sogno erotico principale non solo di Bruxelles, ma anche
di Washington, perchè implicherebbe l’esclusione della Russia.
Completando il gasdotto persiano, l’UE potrebbe presto importare 30
miliardi di metri cubi all’anno, ovvero l’esportazione della Gazprom
verso Italia e Germania del 2013.


Ciò che accadrà in Iran d’ora in poi influenzerà pesantemente, in
contemporanea, la Siria e l’Ucraina. La Gazprom sta già pianificando di
saltare in toto l’Ucraina per esportare il gas verso l’UE. Quindi
l’Ucraina, dal punto di vista del traffico energetico, è un pollo morto
per l’UE – in aggiunta al fatto che ormai è in pratica uno stato
fallito.


Il caso della Siria è molto più complesso. Il gasdotto
Iran-Iraq-Siria del valore di 10 miliardi di dollari resta ancora in
gioco. È, ovviamente, una delle ragioni per cui Turchia e Qatar sono
ossessionati dal cambio di regime a Damasco, e coinvolti nella
distruzione della Siria. Perchè il gasdotto rivale sarebbe qatariota,
passando attraverso la fantasiosa “amica dei Sunniti”, Siria, dominata
dalla Fratellanza Musulmana.


Quindi tutto dipende da una scelta strategica dell’UE e dei suoi
colossi dell’energia. Investiranno nel gasdotto Iran-Iraq-Siria,
supportando l’attuale regime di Damasco? Comporterebbe il dover
combattere – per davvero – la minaccia dell’ISIS/ISIL/Daesh, le cui
conquiste in “Siriaq”hanno molto a che fare con il mantenere i due stati
disuniti e incapaci di pianificare e coordinare un progetto tanto
strategico quanto un cordone ombelicale di acciaio.


È compito dell’UE dirimere questa politica energetica, discussa da
sempre, ma mai portata ad una vera definizione. Se verrà presa una
decisione strategica, l’Iran è ciò di cui l’UE ha bisogno. Di
conseguenza i colossi energetici dell’UE si impegnerebbero
nell’investire pesantemente per migliorare la capacità iraniana di
raffinare e per accelerare la costruzione del condotto persiano.


Ci sono già importanti movimenti in atto. Le società iraniane hanno
appena siglato un accordo da 2.3 miliardi di dollari per costruire 1.300
Km dell’Iran Gas Trunkline-6 (IGAT-6), che si collega al South Pars.
Questa sarà fondamentale per aumentare le esportazioni di gas iraniano
attraverso l’Iraq.


Il mantra iniziale della Rivoluzione Islamica in Iran era “nè ad Est
nè ad Ovest”. Secondo la mia osservazione dei diplomatici iraniani alle
prese con le negoziazioni sul nucleare a Vienna, è ragionevole pensare
che l’Iran del dopo-sanzioni metterà in atto quel mantra alla lettera. E
lo farà con un mix persiano unico di aggressiva – o eroica – difesa e
un’offesa intrigante.

Pepe Escobar Ã¨ autore di Globalistan: How the Globalized World is
Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a
snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does
Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a
pepeasia@yahoo.com.

Fonte originale: http://www.rt.com/op-edge/310475-apparoaching-persian-gold-rush/

Tratto da: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15367.

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non
commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l”autore della
traduzione FA RANCO.

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