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'La strana alleanza tra Israele, Arabia Saudita e Al Qa''ida'

'L’Arabia saudita è nella tempesta dopo che un detenuto di Al-Qa''ida ha accusato alcuni alti responsabili sauditi di essere complici del gruppo terrorista. [Robert Parry]'

'La strana alleanza tra Israele, Arabia Saudita e Al Qa''ida'
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9 Marzo 2015 - 19.10


ATF

di Robert Parry. (*)

Esclusivo:
L’Arabia saudita è nella tempesta dopo che un detenuto di Al-Qa”ida ha
accusato alcuni alti responsabili sauditi di essere complici del gruppo
terrorista. E nuvole si addensano anche sul futuro politico del Primo
Ministro israeliano Netanyahu a causa della sua strana alleanza con
Riyadh, spiega Robert Parry in questo articolo

La rivelazione che il condannato Zacarias Moussaoui, membro attivo di Al
Qaeda, ha indicato alcuni alti esponenti del governo saudita come
finanziatori della rete terrorista (1) trasforma potenzialmente la
chiave di lettura che gli Statunitensi dovranno usare per interpretare
gli avvenimenti medio orientali e comporta dei rischi per il governo
Likud di Israele, che ha costruito una improbabile alleanza con alcuni
di questi stessi Sauditi.

Stando a un articolo
apparso sul New York Times di mercoledì 4 febbraio 2015, Moussaoui ha
dichiarato, nel corso di una deposizione resa in prigione, che egli era
stato scelto, nel 1998 o 1999, dai capi di Al-Qa”ida in Afghanistan per
creare un database informatico dei finanziatori del gruppo, e che la
lista includeva anche il principe Turki al-Faisal, allora capo dei
servizi segreti sauditi, il principe Bandar bin Sultan, a lungo
ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti, il principe Waleed
bin Talal, un celebre miliardario e investitore, oltre a molti altri
dignitari religiosi.

“Lo sceicco Osama voleva conservare una traccia di tutti coloro che ci facevano donazioni – ha spiegato Moussaoui in un inglese approssimativo – di coloro che dovevano essere consultati o che hanno contribuito alla guerra santa”.
Benché la credibilità di Moussaoui sia stata immediatamente posta in
dubbio da parte del regno saudita, le sue affermazioni coincidono con le
valutazioni di alcuni membri del Congresso statunitense, che hanno
avuto accesso a parti del rapporto segreto sugli attentati dell’11
settembre, e che trattano dei presunti aiuti sauditi ad Al-Qa”ida.

Quello che complica ancor di più la situazione per l’Arabia saudita è
che, più di recente, l’Arabia Saudita e altri Emirati petrolieri del
Golfo Persico sono stati individuati come supporter dei militanti
sunniti che combattono in Siria per rovesciare il regime
maggioritariamente laico del presidente Bashar el-Assad. La più grossa
formazione ribelle che ha beneficiato di questi aiuti è il fronte
Al-Nusra, affiliata di Al-Qa”ida in Siria.

In altre parole, i Sauditi sembrano avere mantenuto una relazione
segreta con jihadisti affiliati ad Al-Qa”ida fino ai giorni nostri.

L’esposizione di Israele

Così come hanno fatto i Sauditi, anche gli israeliani si sono schierati
dalla parte dei militanti sunniti in Siria, condividendo anch’essi
l’idea saudita che sia l’Iran, e quel che chiamano “la mezzaluna sciita”
– che si estende da Teheran a Beirut, passando per Bagdad e Damasco –
la più grande minaccia per i loro interessi in Medio Oriente.

Questa comune preoccupazione ha spinto Israele e l’Arabia Saudita a
stringere una alleanza de facto, per quanto la collaborazione tra Tel
Aviv e Riyadh non sia mai stata nota all’opinione pubblica. E però la
sua esistenza è stata intuibile tutte le volte che i due governi hanno
giocato in modo complementare le rispettive forze – i Sauditi hanno il
petrolio e il denaro e Israele il peso politico e mediatico – in campi
dove hanno interessi comuni.

L”Arco (o la mezzaluna) sciita

Nel corso degli ultimi anni, questi nemici storici hanno cooperato
contro i Fratelli Mussulmani in Egitto (che sono stati estromessi dal
governo nel 2013), nel tentativo di rovesciare il governo di Assad in
Siria, e nelle pressioni esercitate in comune per spingere gli Stati
Uniti ad adottare una posizione più ostile nei confronti dell’Iran.

Israele e l’Arabia Saudita hanno così fatto fronte comune per creare
difficoltà al presidente russo Vladimir Putin, considerato un supporter
di massima importanza sia dell’Iran che della Siria. I Sauditi hanno
sfruttato la loro posizione, mantenendo inalterata la loro produzione
petrolifera per fare abbassare i prezzi e colpire l’economia russa,
mentre i neo conservatori statunitensi – che condividono la visione
geopolitica del mondo di Israele – erano in prima linea nel colpo di
stato che ha rovesciato Victor Yanucovich, il presidente ucraino
filo-russo, nel 2014.

L’alleanza israel-saudita dietro le quinte ha collocato – qualche volta
in posizione scomoda – i due governi dalla parte dei jihadisti sunniti
che combattono l’influenza sciita in Siria, in Libano e in Iraq. Il 18
gennaio 2015, per esempio, Israele ha attaccato alcuni consiglieri
libanesi e iraniani che assistono il governo di Assad in Siria,
uccidendo diversi elementi di Hezbollah e un generale iraniano (2).
Questi consiglieri militari erano impegnati in operazioni contro il
fronte Al-Nusra di Al-Qa”ida.

Contemporaneamente Israele si è ben guardata dall’attaccare alcuni
militanti di Al-Nusra che avevano sferrato un attacco contro una zona
del territorio siriano vicina alle alture del Golan, occupate da
Israele. Una fonte vicina ai servizi di intelligence statunitensi mi ha
confidato che Israele ha stretto un “patto di non aggressione” con le
forze di Al-Nusra.

Un’ibrida alleanza

Le bizzarre alleanze di Israele con gli interessi sunniti si sono
sviluppate negli ultimi anni, nel corso dei quali Israele e l’Arabia
Saudita sono apparsi come un ibrido connubio nella guerra geopolitica
contro l’Iran, governato da sciiti, e i suoi alleati in Iraq, in Siria e
in Sud-Libano. In Siria, per esempio, alcuni responsabili israeliani
hanno chiaramente affermato che essi preferirebbero che la guerra civile
fosse vinta dagli estremisti sunniti, piuttosto che da Assad, che è un
alauita, un ramo dell’islam sciita.

Michael Oren

Nel settembre 2013, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Michael
Oren, e dopo di lui un fedele consigliere del Primo Ministro Benjamin
Netanyahu, hanno dichiarato al Jerusalem Post che Israele preferisce gli
estremisti sunniti ad Assad.

“Il pericolo maggiore per Israele viene dall’arco strategico che si
estende, da Teheran, fino a Damasco e Beirut. E noi consideriamo il
governo di Assad come la chiave di volta di questo arco
– ha dichiarato Oren durante una intervista rilasciata al Jerusalem Post – Noi
continuiamo a volere che Assad se ne vada, continuiamo a preferire i
cattivi non sostenuti da Teheran, ai cattivi che lo sono”
. E ha aggiunto la cosa valeva anche se i cattivi erano affiliati ad Al-Qa”ida.

E, nel giugno 2014, parlando in qualità di ex ambasciatore durante una
conferenza organizzata dall’Istituto Aspen, Oren ha sviluppato la sua
posizione, affermando
che Israele preferirebbe perfino una vittoria dei bruti dello Stato
Islamico, al mantenimento al potere di un Assad sostenuto dall’Iran. “Per Israele, se è un male che deve vincere, lasciate che sia il male sunnita”, ha detto Oren.

Scetticismo e dubbi

Nell’agosto 2013, quando pubblicai il mio primo articolo sulle crescenti
relazioni tra Israele e l’Arabia Saudita, con il titolo The Saudi-Israel Superpower (La superpotenza israelo-saudita), tutta la storia venne accolta con molto scetticismo.

Ma, poco a poco, questa alleanza segreta è diventata pubblica.

Il 1° ottobre 2013, il Primo Ministro israeliano vi ha fatto una
allusione nel corso della sua allocuzione all’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, che era ampiamente dedicata alla denuncia del programma
nucleare iraniano e alla minaccia di un attacco israeliano unilaterale.

Persistendo nei suoi atteggiamenti bellicosi, Netanyahu si è molto
ingannato circa l’evoluzione dei rapporti di forza in Medio Oriente,
fino a dire: “I pericoli di un Iran nuclearizzato e l’emergere di
altre minacce nella nostra regione hanno spinto molti nostri vicini
arabi a riconoscere, a riconoscere alla fine dei conti, che Israele non è
il loro nemico. E questo ci offre l’occasione di superare una ostilità
storica e di costruire nuove relazioni, nuove amicizie, nuove speranze”
.

Il giorno dopo, il secondo canale della televisione israeliana, Channel 2, riferiva
che importanti responsabili della sicurezza israeliana si erano
incontrati con i loro omologhi degli Stati del Golfo a Gerusalemme, si
pensa che si trattasse del principe Bandar, l’ex ambasciatore saudita
negli Stati Uniti, che era allora capo dei servizi segreti sauditi.

L’esistenza di questa improbabile alleanza viene oramai menzionata anche
dai media statunitensi dominanti. Per esempio, Joe Klein, il
corrispondete di Time magazine, ha descritto questi inediti compagnucci in un articolo dell’edizione del 19 gennaio 2015. Ha scritto: “Il
26 maggio 2014 ha avuto luogo un pubblico dibattito senza precedenti a
Bruxelles. Due ex spie di alto rango, di Israele e dell’Arabia Saudita –
Amos Yadlin e il principe Turki al-Faisal – hanno discusso per più di
un’ora della politica regionale in una confronto animato dal giornalista
del Washington Post David Ignatius. Erano in disaccordo su alcuni
punti, come gli esatti termini di un accordo di pace tra Israele e la
Palestina, e sono finiti d’accordo su altri: la gravità della minaccia
nucleare iraniana, la necessità di appoggiare il nuovo governo militare
in Egitto, la richiesta di un intervento internazionale concertato in
Siria. La dichiarazione più sorprendente è venuta dal principe Turki,
quando ha dichiarato che gli Arabi avevano passato il Rubicone e non
volevano più combattere Israele”
.

Anche se Klein ha rivelato l’aspetto dicibile di questa distensione, vi è
però un lato oscuro, come ha riferito Moussaoui nella sua deposizione,
che indica nel principe Turki uno dei finanziatori di Al-Qa”ida. Ancora
più sconvolgente, forse, il fatto che abbia menzionato anche il principe
Bandar, che si è sempre presentato come un amico degli Stati Uniti,
talmente vicino alla famiglia Bush, da essere soprannominato Bandar
Bush.

Il Principe Bandar a colloquio col presidente George W. Bush

Moussaoui ha affermato di avere discusso di un piano per abbattere l’Air
Force One (l’aereo presidenziale USA) con un missile Stinger, insieme
ad un membro dell’ambasciata saudita a Washington, quando ambasciatore
era proprio Bandar.

Secondo l’articolo di Scott Shane sul New York Times, Moussaoui ha detto
di essere stato incaricato di “trovare un luogo adatto da cui lanciare
un attacco di Stinger, e poi scappare”, ma è stato arrestato il 16
agosto 2001, prima di aver potuto compiere la missione di ricognizione.

Pensare che qualcuno, nell’ambasciata saudita allora diretta da Bandar
Bush, complottava con Al-Qa”ida per abbattere l’Air Force One di George
W. Bush è scioccante, se l’informazione è vera. E’ qualcosa che sarebbe
stata inconcepibile perfino dopo gli attacchi dell’11 settembre, nei
quali pure erano coinvolti quindici sauditi sui complessivi 19 pirati
dell’aria.

All’indomani di questo attacco terrorista che ha ucciso quasi 3000
statunitensi, Bandar si è recato alla Casa Bianca e ha persuaso Bush ad
organizzare un rapido allontanamento dagli Stati Uniti dei membri della
famiglia Bin Laden e di altri Sauditi. Bush si è trovato d’accordo sul
fatto di aiutare questi Sauditi a partire coi primi voli che sarebbero
stati autorizzati.

L’intervento di Bandar ha eliminato ogni possibilità che il FBI potesse
saperne di più sui legami tra Osama Bin Laden e gli autori degli
attentati dell’11 settembre, essendo stato concesso agli agenti del FBI
solo il tempo di fare dei rapidi interrogatori ai Sauditi sui motivi
della partenza.

Bandar stesso era legato alla famiglia Bin Laden e ha ammesso di avere
incontrato Osama quando Bin Laden lo ha ringraziato per l’aiuto
finanziario concesso al progetto di jihad in Afghanistan negli anni
1980: “Per essere onesto, non ne sono rimasto molto impressionato – ha dichiarato Bandar a Larry King della CNN – Mi è parso un tipo molto semplice e tranquillo”.

Il governo saudita ha affermato di avere interrotto ogni rapporto con
Bin Laden agli inizi degli anni 1990, quando quest’ultimo ha cominciato a
prendere di mira gli Stati Uniti, perché il presidente George H.W.Bush
aveva dislocato truppe USA in Arabia Saudita. Ma – se Moussaoui dice la
verità – Al-Qa”ida avrebbe continuato a considerare Bandar come suo amico
ancora alla fine degli anni 1990.

Bandar e Putin

I possibili rapporti di Bandar col terrorismo sunnita sono anche venuti
alla ribalta nel 2013, durante uno scontro tra Bandar e Putin a
proposito di quello che Putin aveva considerato come una vera e propria
minaccia di scatenare i terroristi ceceni contro i Giochi Olimpici
invernali di Sochi, se Putin non avesse attenuato il suo appoggio al
governo siriano.

Il presidente russo Vladimir Putin

Secondo una fuga di notizie diplomatica
sull’incontro del 31 luglio 2013 a Mosca, Bandar nell’occasione informò
Mosca che l’Arabia Saudita aveva una grande influenza sugli estremisti
ceceni, che avevano lanciato numerosi attacchi contro obiettivi russi e
che si erano poi recati in Siria a combattere contro Assad.

Giacché Bandar chiedeva un allineamento della posizione russa sulla
Siria a quella saudita, avrebbe offerto delle garanzie di protezione
contro gli attacchi terroristi ceceni contro i Giochi Olimpici. “Posso fornirvi la garanzia di proteggere i Giochi Olimpici invernali nella città di Sochi, sul Mar Nero, dell’anno prossimo– avrebbe detto Bandar – Noi controlliamo i gruppi ceceni che potrebbero minacciare la sicurezza dei Giochi”.

Putin ha risposto: “Noi sappiamo che lei sostiene i gruppi
terroristi ceceni da un decennio. E questo appoggio, di cui ha parlato
con franchezza poco fa, è assolutamente incompatibile con gli obiettivi
comuni di lotta al terrorismo mondiale”
. La minaccia di stile mafioso di Bandar contro i Giochi Olimpici di Sochi – del genere: “Con quei bei Giochi che avete organizzato, sarebbe un peccato se succedesse qualcosa di brutto” – non è riuscita a intimidire Putin, che non ha smesso di sostenere Assad,

Meno di un mese dopo, un incidente in Siria ha quasi forzato la mano al
presidente Barack Obama perché ordinasse degli attacchi aerei contro
l’esercito di Assad, che avrebbero potuto aprire la strada al fronte
al-Nusra o allo Stato Islamico per prendere Damasco e il controllo della
Siria. Il 21 agosto 2013, un misterioso attacco con gas sarin, alla
periferia di Damasco, ha ucciso migliaia di persone e, da parte dei
media statunitensi, la responsabilità dell’incidente è stata subito
attribuita al governo di Assad.

I neocon statunitensi, e i loro alleati liberal interventisti, hanno
chiesto che Obama desse l’ordine di attacchi aerei di rappresaglia,
anche se qualche analista dei servizi di intelligence USA dubitava della
responsabilità di Assad, sospettando che l’attacco fosse partito dalle
forze ribelli estremiste, proprio per costringere l’esercito
statunitense a intervenire nella guerra civile al loro fianco.

Tuttavia, spinto dai falchi neocon e liberal, Obama era quasi sul punto
di dare il via ad una campagna di bombardamenti destinata a distruggere
l’esercito siriano, ritirandosi però all’ultimo momento e accettando
l’aiuto di Putin nella ricerca di una soluzione diplomatica, in
relazione alla quale Assad si è impegnato a distruggere tutto il suo
arsenale di armi chimiche, pur continuando a negare qualsiasi
responsabilità per l’attacco col gas sarin.

Poi il ritornello “è stato Assad” ha perso credito di fronte
alla nuova evidenza che gli estremisti sunniti, sostenuti dall’Arabia
Saudita e poi dalla Turchia, erano i più probabili autori dell’attacco.
Uno scenario diventato sempre più credibile quando gli Statunitensi
hanno imparato qualcosa di più sulla crudeltà e la brutalità di molti
jihadisti combattenti in Siria.

Putin nel mirino

La collaborazione di Putin e Obama per evitare un attacco militare
statunitense in Siria ha reso il presidente russo più che un bersaglio
per i neocon USA, che già pensavano di avere infine raggiunto il loro
obiettivo di lunga data di un cambiamento di governo in Siria, bloccato
solo da Putin. Alla fine di settembre 2013, uno dei più importanti
neocon, il presidente del National Endowment for Democracy (NED), Carl
Gershman, ha annunciato l’obiettivo di sfidare Putin individuando il suo
punto debole in Ucraina.

Nella pagina “libre opinion” del Washington Post del 26 settembre 2013,
Gershman ha definito l’Ucraina come il più grande trofeo e come una
tappa importante per ottenere la destituzione di Putin, Gershman ha
scritto che “la scelta dell’Ucraina di entrare in Europa accelererà
il crollo ideologico dell’imperialismo rappresentato da Putin (…) Anche i
Russi sono posti davanti ad una scelta, e lo stesso Putin rischia di
essere sconfitto, non solo nel paese vicino, ma anche in Russia”
.

Però, agli inizi del 2014, Putin era ossessionato dalla minaccia velata
di un attacco terrorista, fatta da Bandar contro i Giochi Olimpici di
Sochi. E questo lo ha distratto dalla minaccia di mutamento di regime –
patrocinato dalla NED e dalla segretaria aggiunta neocon al Dipartimento
di Stato per gli affari europei, Victoria Nuland – nel paese vicino,
l’Ucraina.

Il 22 febbraio 2014, putschisti guidati da una milizia neonazista ben
organizzata hanno rovesciato il governo legittimo di Victor Yanucovich.
Putin è stato colto di sorpresa e, nel caos politico che ne è seguito,
ha accolto la richiesta dei rappresentanti della Crimea di riunirsi alla
Russia, mettendo in crisi i suoi rapporti di collaborazione con Obama.

Con Putin diventato un nuovo paria per i responsabili di Washington,
l’influenza neocon si è rafforzata anche in Medio oriente, dove era
diventato possibile esercitare nuove pressioni sulla “crescita di
autorità sciita” in Siria e in Iran. Nell’estate 2014, però, lo Stato
Islamico, che aveva rotto con Al-Qa”ida e il Fronte al-Nusra, si è
scatenato, invadendo l’Iraq e decapitando dei soldati prigionieri. Lo
Stato islamico si è poi dato a spaventosi sgozzamenti di ostaggi
occidentali in Siria, filmati in video.

La brutalità dello Stato islamico e la minaccia rivolta ai paesi
sostenuti dagli Stati Uniti, il governo iracheno dominato dagli sciiti,
ha cambiato le carte del gioco politico. Obama si è sentito in dovere di
lanciare degli attacchi aerei contro lo Stato Islamico, sia in Iraq che
in Siria. I neocon USA hanno cercato di convincere Obama a estendere
gli attacchi in Siria anche contro le forze di Assad, ma Obama si è reso
conto che un simile piano avrebbe arrecato beneficio solo allo Stato
Islamico e al Fronte al-Nusra.

Una delle atrocità cui ci hanno abituato i “ribelli” siriani

In effetti, i neocon si agitavano, più di quanto non avesse già fatto
l’ambasciatore Oren, a favore degli estremisti sunniti alleati con Al
Qaeda contro il regime laico di Assad, perché quest’ultimo è alleato
dell’Iran. Ora, con la deposizione di Moussaoui che indica i dirigenti
sauditi come i patron di Al-Qa”ida, sembra che un altro velo sia caduto.

Per complicare ancora di più le cose, Moussauoi ha affermato di avere
trasmesso alcune lettere di Osama Bin Laden al principe ereditario
Salman, da poco diventato re dopo la morte di suo fratello, il re
Abdallah. Ma la rivelazione di Moussauoi che forse crea più imbarazzo è
quella su Bandar, confidente della famiglia Bush, e che – se Moussaoui
ha ragione – è stato forse protagonista di un sinistro doppio gioco.

 

Anche il Primo Ministro israeliano Netanyahu dovrà affrontare questioni
imbarazzanti, specialmente se terrà il discorso previsto dinanzi una
sessione comune del Congresso, il mese prossimo, e attacca Obama per
essere troppo fiacco con l’Iran.

E i neocon USA potranno dover spiegare perché hanno portato acqua al
mulino, non solo per gli Israeliani, ma per una Israele alleata de facto
con l’Arabia Saudita.

(*) Il giornalista investigativo
Robert Parry ha pubblicato molti articoli per Associated Press e
Newsweek negli anni 1980. Il suo ultimo lavoro: America’s Stolen
Narrative
 



Note:




(1)    Leggi: “La verità comincia a venire a galla”, in www.ossin.org – febbraio 2015:


http://www.ossin.org/arabia-saudita/zacarias-moussaoui-accusa-alcuni-principi-sauditi-di-avere-finanziato-al-qaida.html


(2)    Leggi: “Raid israeliano contro Hezbollah in Siria”, in www.ossin.org – gennaio 2015:


http://www.ossin.org/crisi-siriana/raid-israeliano-contro-hezbollah-in-siria.html

Fonte originale: https://consortiumnews.com/2015/02/04/al-qaeda-saudi-arabia-and-israel/.

Tradotto da Ossin.org.

Tratto da: http://www.ossin.org/analisi-e-interventi/la-strana-alleanza-tra-israele-arabia-saudita-e-al-qaeda.html.

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