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«La Turchia oggi è diventata un paese monoculturale e monoreligioso. All’università statale non si insegna se non ci si professa islamici...» [Franco La Cecla]

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10 Ottobre 2013 - 23.00


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di Franco La Cecla

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Questo impressionante articolo, mostra dove va il mondo. Il mondo non va verso l”autodistruzione, no (o meglio: la società umana). La società umana non va verso l”autodistruzione, ma verso la ristrutturazione.

[i]Sono stati eliminati focolai di guerre generalizzate: sulla Siria, dove più o meno tutti i potenti del mondo si sono messi d”accordo, evitando una conflagrazione. E sull”Iran, con cui più o meno si tratta. Si va verso una ristrutturazione in cui l”economia non crollerà (staranno attenti a non farla crollare) ma si elimineranno le minoranze, ogni grande gruppo politico e territoriale sarà omogeneo, con le minoranze politiche e religiose bandite, si assicurerà uno sviluppo economico stabile per le classi medio-alte e vi saranno delle immense sacche di povertà.

Le immense sacche di povertà e governi sempre più autoritari, con la criminalizzazione del dissenso, saranno gli elementi che garantiranno l””equilibrio” del nuovo mondo. Le grandi potenze sono omogenee, e si metteranno d”accordo. La Russia sarà un esempio.[/i]

[right](Carlo Bordini)[/right]

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Domenica scorsa, 6 Ottobre, i giornali turchi, Hürriyet in testa, hanno annunciato che il governo proporrà una legge per permettere alla polizia di fermare per 12 o 24 ore ogni possibile partecipante a manifestazioni che rechino danno o disturbo al paese.

Si va dalle celebrazioni kurde del [i]Newroz[/i], il capodanno kurdo, alle manifestazione tipo [i]Gezi Park[/i]. La polizia avrà il diritto di arrestare senza mandato di cattura o consenso di un magistrato chi riterrà potenzialmente pericoloso. Questa mossa di Erdogan accompagna il pacchetto “democratico” che in questi giorni presenta al paese come dimostrazione della sua larghezza di vedute. Nel pacchetto si riconosce la libertà di insegnamento in altre lingue, kurdo, greco, armeno, ma solo nelle scuole private.

Il pacchetto promette avanzamenti nel processo di pacificazione con il PKK e i kurdi, ma non parla degli aleviti, una minoranza del 15 per cento della popolazione che ha usi e costumi diversi dai “sunniti” che il partito di Erdogan rappresenta. I sei morti nelle manifestazioni dopo Gezi Park erano tutti giovani aleviti, una comunità che è stata oggetto di forti repressioni negli ultimi decenni.

Nel frattempo la politica del governo consiste nel proclamarsi il più avanzato e tollerante e nel criticare i paesi europei per non capire che solo un partito unico può portare alla Turchia il benessere di cui sta godendo (è in discussione una legge elettorale che dovrebbe abbassare la soglia per entrare in parlamento, oggi possono entrarvi i partiti che hanno almeno il 10%). Peccato che l’inflazione galoppa come non mai e la povertà aumenta visibilmente.

Girando a piedi per questa immensa metropoli si vede la fatica che fa la gente a sopravvivere all’aumento del costo della vita, al caro trasporti e in generale alle condizioni che non sono le migliori in un mercato immobiliare che per buona parte è in mano al partito al governo attraverso una agenzia, la Toki, che corrisponde al nostro Iacp e appartiene personalmente al presidente. L’altra cosa che salta all’occhio a chi percorre a piedi la città è l’impressionante negazione della storia. Prima degli anni ’50 la Turchia aveva 18 milioni circa di non musulmani, ortodossi, armeni, cattolici, caldei, ebrei.

La presenza di chiese e di sinagoghe è ancora impressionante nel panorama della città. Il lascito dell’impero ottomano era stato un multiculturalismo accettato come dato di fatto. Poi negli anni ’50 avvenne il grande [i]pogrom[/i] contro la minoranza greco-turca, la miccia essendo stata l’accusa, rivelatasi infondata, che alcuni greci avessero bruciato la casa dove era nato Ataturk. Questo scatenò la violenza contro i greci-turchi e la loro fuga repentina dal paese. Una fuga a cui ne seguirono altre.

La Turchia oggi è diventata un paese monoculturale e monoreligioso. Oggi all’università statale non si insegna se non ci si professa islamici e non si è iscritti al partito al governo. La cosa che impressiona è che però il paesaggio stesso di Istanbul racconta una storia ben diversa. Come lo racconta la povertà di manufatti di qualità, la scomparsa dell’artigianato e della manovalanza edile di qualità, tutte frange della società in cui eccellevano come nel commercio ebrei, greci, armeni.

Oggi la Turchia è non solo culturalmente, ma anche economicamente molto più povera di ieri, e la sua ricchezza sembra tutta appesa alla stessa bolla speculativa che ha affondato alcuni paesi europei. Gli stessi turisti greci che vengono qui si stupiscono che alla fine il loro paese abbia un tenore di vita più alto del loro vicino turco.

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