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La notte degli Oscar

Avendo vissuto per molti anni a L.A., ho partecipato più volte alla "notte degli Oscar". Non parlo della cerimonia ufficiale, ma del mondo incredibile lì intorno. [M. Mazzucco]

La notte degli Oscar
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2 Marzo 2014 - 20.32


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di Massimo Mazzucco.

Avendo vissuto per molti anni a Los Angeles (come regista e
sceneggiatore), ho partecipato anch”io più di una volta alla cosiddetta
“notte degli Oscar”. Non parlo della cerimonia ufficiale, quella che
avviene al Dolby Theatre, e che viene trasmessa in tutto il mondo; a
quella partecipano solo le elites, i top guns, gli intoccabili, quelli
che contano davvero, che stanno in cima alla piramide. Io parlo invece
di tutto ciò che accade all”esterno di quel teatro, nelle stesse ore
della cerimonia, e che coinvolge praticamente tutto il resto del mondo
di Hollywood.

Sono infatti decine di migliaia i produttori, i
registi, gli attori, gli scenografi, i direttori della fotografia, i
compositori, gli sceneggiatori, i costumisti, i tecnici del suono, i
truccatori, i musicisti e gli animatori che vengono da ogni parte del
mondo, e che compongono quella che è sicuramente la più vasta comunità
di creativi di tutto il pianeta. Attorno a questo comunità ruotano a
loro volta intere falangi di agenti, di personal manager, di PR, di
uffici stampa, di commercialisti, di avvocati e di intrallazzatori di
ogni tipo.

Tutta questa gente comincia ad andare in fibrillazione
nella settimana che precede la cerimonia degli Oscar, e già verso il
giovedì nessuno ti risponde più al telefono. Chiami la tua agente per
sapere se ha letto la tua ultima sceneggiatura, e lei ti risponde “Non
adesso, my love, domenica ci sono gli Oscar”. Come se dovesse
organizzarli lei.

Il paradosso infatti è che più questi
personaggi sono lontani dai vertici della piramide, più sembrano
sentirsi coinvolti personalmente dall”evento imminente. Quella che
avviene a Hollywood ogni anno non è soltanto la festa della élite, che
sceglie, incensa e premia se stessa, ma è soprattutto la
festa di tutti gli altri, di tutti quelli che restano fuori, di “tutti
noi del cinema”. Sentirsi parte di quella festa significa sentirsi
“dentro” al cinema, ignorarla invece significa automaticamente non
appartenere al mondo dello show-business.

E così alla domenica
pomeriggio chiunque abbia mezzo amico a Hollywood si ritrova invitato a
casa di qualcuno a vedere la cerimonia in diretta TV.

Si formano
gruppi di cinque, dieci o venti persone che già dalle tre del
pomeriggio si preparano ad assistere in religioso silenzio alla
lunghissima serie di premiazioni. E se le vedono tutte, dalla prima
all”ultima, senza perderne una. Iniziano con il “miglior rutto mai fatto
da una comparsa in una scena di massa”, passano per la “miglior
cucitrice di calzamaglia non vedente”, si sorbiscono estasiati il
“miglior ballerino con i tacchi a spillo”, e lentamente iniziano a
risalire verso i premi più significativi ed importanti. Ma dopo due ore e
mezzo di televisione – di cui quasi un terzo è fatto di pubblicità –
sono ancora fermi alla “miglior sceneggiatura non originale”. Dei grossi
nomi, dei personaggi che contano, ancora non si sa nulla.

Solo
dopo le sei di sera la cosa inizia a farsi seria. Mentre per le strade
non si vede più nessuno, nelle mille case di Hollywood la tensione si fa
palpabile. Ed ogni volta che vengono annunciati il miglior attore, la
miglior attrice o il miglior regista, in ciascuna di quelle case cӏ
qualcuno che alza le braccia al cielo esultando, oppure si rovescia sul
divano con un urlo di dolore. Come se quelli che hanno vinto o perso
fossero loro amici intimi, fratelli di sangue la cui sorte va condivisa
con profonda emozione, sia nel bene come nel male.

Una volta
terminato questo rituale collettivo, la città esplode di colpo. L”intera
comunità del cinema si riversa in strada, sale in macchina ed inizia
una specie di gara lungo i boulevards per arrivare prima degli altri al
ristorante. In un attimo tutti i migliori ristoranti di Hollywood sono
saturi, mentre le code di chi aspetta fuori per mangiare si fanno sempre
più lunghe.

Ma la gente del cinema non ha fretta. L”importante
non è mangiare, l”importante è esserci. Iniziano così tutti a discutere
dei premi assegnati, con la tale attrice che “meritava l ”Oscar molto
più dell”altra”, oppure con il film straniero che “non mi aspettavo
proprio che vincesse lui”.

Nel frattempo i camerieri dei
ristoranti – che a Los Angeles sono quasi tutti attori disoccupati – si
ammazzano fra di loro per riuscire a servire al tavolo del noto
personaggio che magari hanno riconosciuto, e che sta focalizzando su di
sè tutta l”attenzione del locale.

“Guarda chi c”è là in fondo, proprio sotto la finestra – ti senti dire – E” la sorella di Al Pacino!”

“Perchè, Al Pacino ha una sorella?” chiedi tu stupito.

“Certo. E” lei che ha scritto l”adattamento di Wuthering Heights.”

“Ma quale? Il remake del 2011?”

“Non, non il film, la canzone. Quella cantata da Kate Bush.”

“Ah – dici tu – La canzone.”

Per
un attimo osservi quella donna, senti un brivido che ti corre lungo la
schiena e ti dici, “Cazzo, mi trovo nello stesso ristorante in cui si
trova la sorella di Al Pacino”.

Ma la vera serata, per il popolo
degli Oscar, deve ancora iniziare. Sono infatti previsti, dopo la cena
al ristorante, migliaia di parties in ogni zona della città, ed è qui
che inizia la vera eccitazione per la gente dello show business. In
questi parties infatti si pratica solo ed esclusivamente lo “shmoozing”,
cioè lo struscio di società: ciascuno si aggira con in mano il proprio
bicchiere di Chardonnay, nella speranza di incontrare la persona che
potrà dare una svolta alla propria carriera. Lo sceneggiatore cerca di
incontrare l”attore giusto per sviluppare la sua idea nel cassetto,
l”attore cerca di conoscere il regista che gli possa concedere una
chance nel suo prossimo film, il regista cerca di incontrare un
produttore che sia interessato alla sua nuova sceneggiatura, e il
produttore cerca di conoscere un produttore più grosso di lui, che gli
permetta di chiudere un budget inarrivabile. Miliardi di biglietti da
visita vengono scambiati in poche ore, accompagnati da miliardi di
sorrisi, di promesse e di strette di mano. Tutti incontrano tutti, e
dopo questa total immersion ciascuno si ritrova convinto di avere fatto
il pieno, e di avere finalmente conosciuto le persone che gli
permetteranno di fare un salto nella propria carriera.

In realtà
nulla di ciò accadrà, perché i veri giochi di Hollywood vengono fatti
in altre stanze, lontano dal rumore dei parties e dalle bottiglie di
chardonnay. Ma loro, il popolo di Hollywood, queste cose non le sa.
Ebbri di vino e di immagini televisive, ciascuno di loro pensa in cuor
suo che magari fra un anno, fra due o forse tre, là sul palcoscenico del
Dolby Theatre a ricevere un premio ci sarà lui.

Ora però bisogna
andare tutti a dormire, entro mezzanotte al massimo, perchè domani
mattina alle nove i telefoni di Hollywood ricominceranno a squillare.

La macchina dell”illusione non si ferma mai.

Fonte: [url”http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4428″]http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4428[/url]

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