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Damasco guadagna terreno e cambia le prospettive della guerra siriana

I terroristi in Siria lasciano sul terreno migliaia di morti in pochi giorni. La Turchia tra continuo sostegno al terrorismo e voglia di uscire dall’isolamento .

Damasco guadagna terreno e cambia le prospettive della guerra siriana
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8 Marzo 2016 - 00.34


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di Talal Khrais (Damasco)

con l”assistenza di
Amer Abou Ferraj (Aleppo), Mohamad Ballout (Teheran)

“Il Presidente Bashar al Assad rimarrà al potere a
portare il suo popolo alla sponda della salvezza, solo le prossime elezioni
legislative e poi presidenziali posso determinare il futuro della Siria.” Sono
le parole di Talal Salman direttore del quotidiano libanese As Safir.

A febbraio sono andato in Siria
partendo da Beirut sette volte e con me c”erano spesso colleghi italiani e
francesi. Nel giro di pochi giorni ho assistito a un autentico cambiamento. Le
strade delle grandi città sono piene di gente, locali e ristoranti sono aperti
dopo le due del mattino, l’85% della popolazione residente in Siria vive sotto
l’ombra dello Stato che, malgrado tutte le difficoltà da cinque anni a questa
parte, riesce a fornire assistenza e sostegno. La popolazione che vive nelle
aree controllate dalle bande armate dello Stato dell’Iraq e del Levante (ISIS-Daesh)
o del Fronte al-Nusra vede calpestati tutti i diritti. Oggi quella porzione
della popolazione si ribella e chiede alle autorità di combattere i terroristi,
a costo di morire con loro.

Il collega Domenico Quirico, rapito
per cinque mesi nel 2013 poi liberato lo ricorda: ”quando ero prigioniero nel
Qusseir liberato da Hezbollah, pregavo perché arrivassero e uccidessero questi
mostri, a costo di morire con loro”.

L’Esercito Arabo Siriano, alleato con
i russi e gli Hezbollah libanesi e con il sostegno della Repubblica Islamica
dell’Iran, infligge alle milizie terroriste un colpo dietro l’altro, mentre
queste lasciano sul terreno migliaia di mercenari arrivati in Siria grazie al
sostegno della Turchia e la copertura e il sostegno dell’Occidente.

I progressi palmo dopo palmo hanno
portato le truppe siriane a recuperare in due mesi territori occupati durante 4
anni di conflitto.

Oggi c’è il cessate il fuoco, ma i terroristi
continuano ad arrivare dalla Turchia, governata da quell”incredibile classe
dirigente che chiede altri tre miliardi di euro all”Unione europea per gestire «l”emergenza
rifugiati» da essa stessa causata. I combattenti stranieri cercano di
interrompere la tregua: è successo in questi giorni quando Il Fronte al Nusra
cercava di tagliare dalla parte di Israya la strada che collega Aleppo a
Damasco, un tentativo finito con un duro colpo ai terroristi, ritornati
indietro con una scia di centinaia di cadaveri.

Le truppe governative e i loro alleati
provano a recuperare più territorio possibile dai terroristi dal nord al sud, e
in alcuni punti sia il Fronte al-Nusra che l’ISIS cercano di dare segnali locali
di ripresa, come a Khanasser, sulla via dei rifornimenti per Aleppo, prima riconquistata
dall’ISIS ma poi liberata assieme ad altre cinque località.

Il mese scorso è stato coronato da
grandi successi per Damasco, con la liberazione della provincia di Latakia, in
particolare del settore nord est al confine con la provincia di Idlib, a
cavallo fra i monti che guardano alla Turchia e la valle del fiume Oronte.

Così si tagliano i rifornimenti provenienti dalla
Turchia verso la provincia di Idlib. Con la liberazione di Latakia le Forze
Governative si avvicinano a Jisr al-Shughour, vasta area occupata l’anno scorso
da Jaìsh Al-Fatah, formata a metà 2015.

Nei media occidentali se ne parla
poco, eppure molti casi vengono risolti senza guerre: basti ricordare che in
Siria sta funzionando bene il Centro di coordinamento
per la riconciliazione
dopo che le autorità del paese hanno accettato i
termini della tregua. Il Centro di coordinamento ha già iniziato a lavorare a
pieno ritmo, e in due settimane ha realizzato accordi di pace in 42 località
siriane, i combattenti hanno sanato la loro situazione e l’Esercito ha esteso
la sua autorità.

Il ministero della Difesa della Russia ha intrapreso un”iniziativa
analoga: molti rappresentanti delle città occupate e rappresentanti del governo
siriano si sono incontrati nella base russa di Latakia per portare avanti il
processo di pace.

D”altronde il Centro di coordinamento
per la riconciliazione delle parti in conflitto è stato creato in Siria nella
base aerea russa di Hmeymim,e ha finora ottenuto molti successi sotto la guida
del generale Igor Konashenkov. Il Centro di coordinamento ha il compito di
facilitare il processo di riconciliazione tra le autorità siriane e
l”opposizione, ad eccezione di Daesh, di al-Nusra e delle altre organizzazioni
terroristiche riconosciute come tali dal Consiglio di sicurezza dell”ONU. Oltre
che della conclusione degli accordi di cessate il fuoco, si occupa della
consegna degli aiuti umanitari.

Malgrado i progressi di Damasco e
nonostante le sconfitte che hanno subito i terroristi nel nord, colonne di
camion carichi di armi ogni giorno partono dalla Turchia verso la Siria,
raggiungendo le aree controllate dai terroristi di Al-Nusra e Ahrar al-Sham. Non
lo dicono solo i russi, ma lo conformano anche nostri colleghi sul fronte. Ieri
il collega Amer Abou Ferraj ci ha scritto: «Praticamente tutto il giorno dal
territorio della Turchia attraversano il confine colonne di mezzi pesanti con
equipaggiamenti ed armi, diretti esclusivamente verso aree sotto il controllo
dei gruppi terroristici di Al-Nusra e Ahrar al-Sham».

La Turchia, oramai esclusa da un ruolo
centrale dopo l’intesa russa-americana cerca di avvicinarsi alla Repubblica
Islamica dell’Iran. Nel via vai dell”attivissima diplomazia iraniana si
registra ora la visita del primo ministro turco Ahmet Davutoğlu, accolto dal
vice-presidente iraniano Eshagh Jahangiri.

“È estremamente importante per la Turchia e per l’Iran
fissare posizioni comuni per porre fine ai combattimenti fra fratelli nella
nostra regione, per fermare i conflitti etnici e settari”, ha affermato
Davutoğlu. Gli Iraniani parlano chiaro e chiedono alla Turchia di lasciare in
pace la Siria e il resto andrà bene.

Il collega Mohamad Ballout mi scrive da Teheran:

“L’incontro avviene poco prima del nuovo round di
negoziati sulla Siria di questa settimana a Ginevra. Sul piano commerciale i
due Paesi puntano a triplicare gli scambi portandoli a circa 27 miliardi di
euro l’anno. La Repubblica islamica esporta in particolare gas verso la
Turchia, quest’ultima macchinari e prodotti siderurgici.”

Riusciranno le prospettive di affari a soffocare la
guerra? Mentre si coltiva questa speranza, in Siria il presidente Assad
continua a voler riprendere il controllo sul campo. La novità di queste ore è
che perfino all”interno della sedicente “capitale” dell”ISIS, Raqqa,
in cinque quartieri la popolazione si ribella, ammaina le bandiere nere di
Daesh e issa di nuovo le bandiere della Repubblica Araba Siriana e guarda ad
Assad come a un”attesa di salvezza, intanto che milizie curde e dell”esercito
siriano sono a meno di 40 km dalla città. Il tracollo dell”ISIS è ormai un
obiettivo raggiungibile.

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