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Il Califfo alle porte di Vienna

Un simulacro del Califfo ha indotto un capannello di potenti del mondo, di meno potenti e di galoppini a riunirsi a Vienna per discutere una strategia per sconfiggerlo [P. Escobar]

Il Califfo alle porte di Vienna
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5 Novembre 2015 - 11.46


ATF

di Pepe Escobar.

Tradotto da ComeDonChisciotte.org




La storia ha la buffa abitudine di ripetersi come in una farsa
surrealista. È di nuovo il 1683, con l’Impero Ottomano che si distende
fino a Vienna per farsi sconfiggere dagli “infedeli” proprio all’ultimo
secondo?


No, è il 2015 e un simulacro del Califfo – Ibrahim, alias Abu Bakr
al-Baghdadi – ha indotto un capannello di potenti del mondo, di meno
potenti e di galoppini a riunirsi a Vienna per discutere una strategia
per sconfiggerlo.


Uomini della Westfalia, abbiamo un
problema. Nulla di ciò ha senso se l’Iran non siede al tavolo a
discutere circa la soluzione della tragedia siriana. Mosca sapeva tutto
sin dall’inizio. Washington – controvoglia – ha dovuto ammettere
l’ovvio. Ma il problema non è mai stato l’Iran. Il problema è la matrice
ideologica degli sgherri che incancreniscono in Califfi: l’Arabia
Saudita.


Ritorniamo – inevitabilmente – al surreale. Il Ministro degli Esteri
saudita Adel al-Jubeir ha affermato: “il punto di vista dei nostri
partner era che dovremmo testare le intenzioni degli Iraniani e dei
Russi per arrivare ad una soluzione politica per la Siria, come tutti
preferiamo”.


Traduzione: “i nostri partner” significa “la voce del padrone”,
Washington e la fabbrica di greggio dedita alla decapitazione non
“preferisce” una soluzione politica, vuole un cambio di regime e un
satrapo della Casa di Saud.


Egitto, Iraq, Libano, UE, Francia e persino Qatar – il cui mini-emiro
voleva lanciare una propria campagna militare volta al cambio di
regime, prima che gli venisse detto di starsene zitto – fanno compagnia
all’Iran a Vienna, insieme ad USA, Russia, Turchia ed alla Casa di Saud.


Parliamo di vite parallele. Una cosa è un litigio educato in un
palazzo dorato a Vienna. Il disastro nel deserto del Siraq racconta
tutta un’altra storia.


Attenti al nuovo jihad globale


La soluzione ideale è accattivante: la Russia sguinzaglia gli
Spetsnaz e qualche altro commando, fa a pezzi le truppe
dell’ISIS/ISIL/Daesh da un punto di vista C4i [Command, Control, Communications, Computers, and Intelligence, ndr], le circonda e li fa
sparire dalla faccia della Terra.


Per ora non succederà, fino a che il Sultano Erdogan in Turchia, i
galoppini carichi di petroldollari del GCC e la CIA continueranno a
“supportare” e/o rifornire di armi svariati gruppi di jihadisti
salafiti, “moderati” o meno che siano.


Il finto “Califfato” sarà una bella gatta da pelare perchè non si
preoccupa – e non si preoccuperà – delle vittime tra le proprie fila,
che sono in continuo aumento. L’alleanza “4+1” – Russia, Siria, Iraq,
Iran più Hezbollah – lo sa bene e ha già avuto problemi.


Hezbollah ha subìto perdite. Allo stesso modo ne hanno subite le
Forze Quds irachene – comandanti affidabili di medio livello. L’Iran ha
circa 1.500 combattenti sul campo – molti di loro Afghani – dalla parte
del “4+1”. Dall’altra parte abbiamo la Casa di Saud che incanala ingenti
somme di denaro e di misiili TOW anticarro all’Esercito di Conquista,
che non è altro che una coalizione di volontari guidata da al-Qaeda che
porta avanti un programma confuso (in primis cambio di regime, poi un
governo del Califfato o della Fratellanza Musulmana).


Non c’è – ancora – prova che l’ISIS/ISIL/Daesh abbia esaurito le
proprie scorte di missili teleguidati anticarro e antiaereo, che vengono
lanciati grazie a lanciamissili trasportati a braccia dai soldati di
terra.


Quindi mentre a Vienna si parla, cosa combina l’ISIS/ISIL/Daesh?


Deve decidere tra due differenti strategie.


  1. Asserragliarsi a Raqqa – la vecchia capitale del Califfato Abbasid,
    prima di Baghdad – in attesa della madre di tutte le battaglie.
    Dopotutto non possono permettersi di essere sconfitti, dato che Raqqa,
    da un punto di vista geostrategico, è il crocevia della Siria.
    L’ex-esercito bahatista e un gruppo di nazionalisti arabi spingono per
    questa soluzione
  2. Non asserragliarsi. La soluzione migliore è espandere il fronte
    verso il deserto il più possibile. Ciò significa nessun obiettivo
    identificabile a disposizione dell’aviazione russa, con l’aggiunto
    beneficio del “4+1” – ovvero le truppe dell’Esercito Arab Siriano
    (SAA)/Iran/Hezbollah che giovano del supporto aereo russo – costrette ad
    estendere le loro interconnessioni e ad affrontare gravi problemi
    logistici. Turchi, Ceceni, Uiguri e Uzbechi spingono in questa
    direzione.


Probabilmente l’ISIS/ISIL/Daesh propende per la seconda soluzione –
probabilmente a causa della propria componente jihadista. Almeno 2.000
membri del finto “Califfato” – la maggior parte dei quali provenienti da
Turchia, Cecenia, Asia centrale e Xinjiang – sono morti a Kobane, la
quale, a differenza di Raqqa, non ha importanza strategica. La gang
del jihad ora vuole espandersi fino all’Asia centrale, allo Xinjiang,
alla Russia e, se dovessero trovare un varco, fino all’Europa e agli
USA.


L’opzione due porta con sé l’ulteriore beneficio, dal punto di vista
militare, di un supporto extra per i “jihadisti moderati” (non
“ribelli”), il che significa maggior interazione con Ahrar al-Sham, Liwa
al-Tawhid, alcune fazioni dell’Esercito di Conquista, il Fronte
Islamico e alcuni gruppi di Salafiti turkmeni. Nessuno di loro, per la
cronaca è un “ribelle moderato”.


Tutti questi gruppi si mescolerebbero perfettamente in una strategia
di “espansione del fronte” dell’ISIS/ISIL/Daesh, difesa, tra gli altri,
dal Muslim Shishani, comandante ceceno di Jund al-Sham, che attualmente
sta combattendo vicino a Laodicea.


Shishani, significativamente, ha affermato ad al-Jazeera turca
“Fronti come Raqqa ed Aleppo non avrebbero significato in una guerra di
terra contro i Russi. La vera guerra sarà sul fronte Tartus-Laodicea. Il
jihad va diretto verso quella zona”.


Immaginiamo tutti questi gruppi unirsi in un jihad interno da
aggiungere a quella globale, ancora supportati finanziariamente. Non è
un segreto che l’intel russa sia preoccupata dell’elevato numero di
Ceceni nei ranghi del falso “Califfato”, per non parlare dell’intel
cinese per quanto riguarda gli Uiguri. Per loro sarà molto difficile
tornare nello Xinjiang, ma i Ceceni torneranno nel Caucaso. Questa è la
famosa sindrome “Aleppo è a 900km da Grozny”.


Da aggiungere a questo caos, il direttore dell’FSB Alexander
Bortnikov ha già parlato di una concentrazione di Talebani – molti dei
quali hanno giurato fedeltà al “Califfato” – ai confini nord tra
Afghanistan e Uzbekistan e Tajikistan. Per Putin e per l’intel russa, la
situazione in Afghanistan è “quasi critica”. Una diffusione del jihad
in Asia centrale non è da escludersi.


La situazione, dunque, è cruda. L’ISIS/ISIL/Daesh sta sfruttando
l’offensiva del “4+1” per forgiare la propria identità di baluardo del
jihad mondiale. Gli imam sauditi in ogni caso hanno già dichiarato la
jihad contro la Russia e il decrepito Al-Azhar al Cairo sta per fare lo
stesso.


Occhio alla situazione iraniana


Non c’è alcuna prova che l’amministrazione Obama sia prossima ad
ammettere che tutti i “ribelli moderati” sono, in fondo, dei jihadisti.
Il comando dell’ISIS/ISIL/Daesh, in ogni caso, attende, dovesse capitare
– se Washington accettasse l’analisi di Mosca – tutti i gruppi
entrerebbero in modalità Jihad Mondiale, guidati dal finto “Califfato”.


La situazione è già abbastanza confusa così com’è. Il mix di
informazioni dal campo siriane/iraniane in aggiunta alle ricognizioni
aeree russe devono assicurarsi non solo che l’ISIS/ISIL/Daesh sia
sprovvisto delle forze e dell’equipaggiamento per difendere Raqqa, ma
devono anche interrompere tutte le linee di comunicazione e di
rifornimento con i jihadisti che lottano contro il “4+1” nella Siria
occidentale.


Nonostante l’attacco dell’Air Force russa, che ha obbligato molti
combattenti e le loro famiglie a lasciare la Siria per il deserto
iracheno occidentale, l’ISIS/ISIL/Daesh è riuscito a fare progressi nel
sud di Aleppo, infiltrando al-Safira e mantenendo il controllo di almeno
10 checkpoint lungo la fondamentale linea di rifornimenti che va da
Hama, attraverso Salamiyeh, Ithriyah e Khanaser, fino ad Aleppo. L’SSA
semplicemente non può permettersi di perdere questo corridoio: ora è la
priorità numero uno. Centinaia di migliaia di abitanti di Aleppo, nel
frattempo, provano a sopravvivere come ostaggi de facto.


È vitale analizzare il gioco iraniano sul campo. Per ora la migliore
fonte è stata il vice comandante del Corpo di Guardia Rivoluzionario
Iraniano (IRGC), il generale di brigata Husayn Salami, che ha parlato
approfonditamente a Vision of the Islamic Republic of Iran Network 2.


Salami – parlando a nome dell’IRGC – inquadra la Siria come “punto
focale degli sforzi strategici da parte di una coalizione
internazionale” per implementare “uno schema politico distruttivo nel
mondo islamico”. Con “coalizione internazionale” intende la NATO più
Sauditi. Il ruolo dell’Iran è “garantire la stabilità politica,
psicologica, economica e militare del sistema siriano”.


Schematizza il ruolo iraniano in quattro punti. “Al livello
strategico, supportiamo il governo siriano, la nazione e l’esercito sia
politicamente sia psicologicamente. Come consiglieri, trasmettiamo le
nostre esperienze di guerra ai comandanti di alto livello dell’esercito
siriano. In parole povere li stiamo aiutando a modernizzare e
ricostruire la struttura dell’esercito siriano. Quando si passa al
livello operativo, aiutiamo ad esempio i comandanti di brigata. Questo è
il motivo per cui alcuni nostri comandanti sono laggiù e stanno
aiutando a pianificare e ideare strategie operative”. L’Iran sta dando
aiuto anche a livello tattico e tecnico (logistico).


Poi c’è qualcosa di fondamentale – e un incubo per la Casa di Saud –
“la nostra Sicurezza Nazionale è interconnessa con la sicurezza di parti
importanti del mondo islamico, con la sicurezza della Siria. Questa è
la ragione principale a sostegno della nostra presenza in Siria.” La
sfumatura che i centri di pensiero negli USA non riescono a cogliere è
che non c’è nulla a che fare con il lasciare Assad al potere per sempre,
come stanno sostenendo ufficialmente i diplomatici iraniani.


Salami ha anche affermato che la Russia sia andata in Siria perché
altrimenti avrebbe dovuto combattere il jihad entro i propri confini
(esattamente ciò che i Ceceni dell’ISIS/ISIL/Daesh vogliono). La
strategia siriana di Putin, per la cronaca, è stata apertamente
sostenuta dal portavoce del parlamento iraniano, Ali Larjiani, che ha
partecipato come ospite di lusso al summit di Vadai della settimana
scorsa.


Sono il Califfo, ascoltatemi ruggire


Di fronte alla trategia di Russia/Iran, cosa farà l’Impero del Caos?


Intorbidire le sabbie già torbide, cos’altro? Quel triste gruppo che
passa per “consiglieri senior per la sicurezza nazionale” ha suggerito
di posizionare la Forze Speciali USA più vicine all’ISIS/ISIL/Daesh in
Siria.


Questa “guida” speciale dovrebbe aiutare la coalizione conosciuta
come “Forze Democratiche della Siria – guidate dai Curdi dell’YPG – a
prendere Raqqa. Ma ciò non significa necessariamente che le Forze
Speciali USA combatteranno accanto al “4+1” per lo stesso obiettivo.
Dopotutto, siamo sempre rigettati al Surrealistan della geopolitica – in
cui la Coalizionedei dei Disonesti Opportunisti guidata dagli USA (CDO) ignora
completamente cosa stia facendo il “4+1”. Non dimentichiamo gli odi
interni alla coalizione – visto che Ankara aborre l’insistenza
statunitense a collaborare con i Curdi siriani.


Per quanto riguarda l’Iraq, l’amministrazione Obama e il Pentagono si
qualificano come la fine di una barzelletta. I Sunniti nella provincia
di Anbar sono furiosi perché il sistema satellitare di sorveglianza
migliore nella storia del mondo non ha intercettato l’avanzata
dell’ISIS/ISIL/Daesh, da Tikrit a Ramadi e limitrofi.


Per aggiungere il danno finale alle (ripetute) beffe – come il centro
dell’intel del “4+1” a Baghdad, che esclude gli USA, oltre
all’autorizzazione data alla Russia di bombardare i convogli del finto
“Califfato” che tentavano di attraversare il deserto siriano – Baghdad e
l’UE hanno appena raggiunto l’accordo per mettere in opera un nuovo
centro di intel per scambiare informazioni sull’ISIS/ISIL/Daesh. La
conclusione è che l’amministrazione Obama è assolutamente terrorizzata
che l’UE sia incline a supportare la campagna intrapresa dalla Russia –
inquadrando sempre più il CDO per quello che è: una barzelletta.


Il prossimo futuro offre nuove possibilità surrealiste persino più
pericolose: pensate all’amministrazione Obama che aiuta le milizie
sciite a riprendere Mosul in Iraq all’ISIS/ISIL/Daesh e che allo stesso
tempo aiuti i Curdi in Siria a riprendersi Raqqa, una città araba.
L’inferno si scatenerà tra i Sunniti del “Siraq” e gli Statunitensi – e
l’ISIS/ISIL/Daesh potrebbe approfittarne.


Per come stanno le cose, non ci sarà un attacco frontale ad Aleppo da
parte dell’Esercito Arabo Siriano (SAA) e di Iran/Hezbollah, con la
copertura delle forze aeree russe; la strategia del “4+1” consisterà
invece nel danneggiare al massimo le rotte di forniture a tutti i gruppi
salafiti/jihadisti, tentando di interrompere il flusso di denaro ed
armi che provengono dalla Turchia.


Ma ancora una volta: cosa farà l’Impero del Caos?


L’amministrazione Obama sta in realtà combattendo – o qualcosa di
simile – l’ISIS/ISIL/Daesh in Iraq, dove Washington ha perso una guerra
multimiliardaria. Il Team Obama non è mai presa il disturbo di combattere il finto
“Califfato” in Siria – perché contribuiva alla strategia “Assad deve
andarsene”.


Al Sultano Erdogan – con Ankara che siede al tavolo di Vienna – è
ancora permesso avereu n confine libero per tutti del quale si approfitta
meravigliosamente l’ISIS/ISIL/Daesh. Alla paranoica e odia-sciiti
Casa di Saud – con Riyadh che siede al tavolo di Vienna – è ancora
permesso di far piovere su qualsiasi gruppo di guerriglieri
Salafiti-jihadisti ogni tipo di arma. Questa è la politica di Obama in
Siria, le risate ruggenti del Califfo si sentono fino a Vienna.



Pepe Escobar Ã¨ autore di Globalistan: How the Globalized World is
Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a
snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does
Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a
pepeasia@yahoo.com.



Traduzione a cura di FA RANCO (con alcune piccole correzioni a cura della Redazione di Megachip).

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non
commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l”autore della
traduzione FA RANCO
.

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