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“Non hanno il diritto di cambiare la Costituzione”

"La Costituzione è davvero in pericolo". Salvatore Settis, studioso di fama internazionale e importante voce critica del nostro tempo, usa parole chiare e dure.

“Non hanno il diritto di cambiare la Costituzione”
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24 Ottobre 2013 - 18.43


ATF

Intervista di Marco Filoni a Salvatore Settis.

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[size=2]Roma, 24 ottobre 2013[/size=2]

Dopo il recente voto al Senato a favore del disegno di legge per la riforma della Carta costituzionale, riproponiamo l”intervista di Marco Filoni al Prof. Salvatore Settis, apparsa su Il Fatto Quotidiano, il 30 luglio scorso. (la Redazione)

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«Ho firmato l’appello
del Fatto Quotidiano
con grande
convinzione perché ritengo che la Costituzione sia davvero in pericolo». Salvatore Settis, studioso di fama
internazionale e importante voce critica del nostro tempo, ha parole chiare e
dure sulla vicenda.

Professore, che sta succedendo con il
disegno di legge di modifica dell’articolo 138?

Sta avvenendo una forzatura. Questo
è un governo di necessità e di scopo che doveva fare un certo piccolo numero di
cose fra cui al primo posto c’era sempre stata la riforma di quell’orrenda legge
elettorale che ci ritroviamo. Ora invece scopriamo che la prima cosa che deve
fare è cambiare la Costituzione – e non è cosa secondaria, parliamo della forma
dello Stato e di governo – mentre la riforma del Porcellum , così chiamato non per caso, viene demandata alla stessa
commissione come se fosse un pezzo della Costituzione.
Non mi convince per nulla che questa modifica diventi una necessità immediata,
addirittura da fare prima della legge elettorale. E l’intervista che ha dato la
Gelmini (ieri su Repubblica, ndr) ci
dice che siamo sotto scacco di un ricatto: il fatto che riforma costituzionale
e quella elettorale stiano insieme dimostra che c’è tutta una manovra della
destra per incidere profondamente sulla Costituzione, che Berlusconi definiva
sovietica. Spero vivamente che il Pd rinsavisca in tempo.

I Padri costituenti, lungimiranti,
pensarono al 138 in maniera articolata: in un suo intervento molto
duro su Repubblica lei lo chiama
frutto di “calibratissima ingegneria istituzionale”…

La Costituente vera, l’unica che abbiamo avuto nel 1946 e 1947, è
tutt’altro rispetto alla Costituente finta, quella che si vuol fare adesso. Le
due differenze principali sono che quella vera fu eletta per scrivere la
Costituzione, aveva perciò uno scopo. Invece il Parlamento di oggi non è legittimato per esprimere una Costituzione,
anche per il modo con cui non è stato eletto ma nominato col Porcellum. Al lavoro della Costituente
vera poi si affiancò una grande opera di alfabetizzazione
costituzionale
(c’era un ministero apposito, retto da Nenni sia col governo
Pardi che con quello De Gaspari): c’erano trasmissioni
quotidiane alla radio
in cui si educava e si informava. Si trattava di coinvolgere nel progetto di
scrittura della Costituzione più gente possibile. Ora si tratta invece di
tenerlo il più nascosto e lontano possibile dall’opinione pubblica
, magari
promettendo improbabili sondaggi via web che sono tutt’altra cosa.

Qual era nel dopoguerra il livello di
quella discussione?

Leggendo gli atti della Costituente
– un testo meraviglioso che bisognerebbe antologizzare – si impara una cosa che
oggi sembra quasi una favola: i deputati della Costituente studiavano! Andavano a fondo. Su
proposta di Giorgio La Pira furono tradotte in italiano tutte le costituzioni
del mondo
. C’è un libretto prezioso che fu distribuito a tutti i costituenti:
quando affrontavano qualsiasi argomento, che fossero temi culturali o le
modifiche costituzionali, avevano uno
sguardo mondiale
. In questo contesto si discusse se si poteva cambiare o
meno la Costituzione.

Ed eccoci all’articolo 138.

Che è la procedura con il quale
cambiarla. La Costituzione fu interpretata come rigida, che non è il contrario di flessibile, bensì di segmentata.
Vuol dire che tutte le sue parti si
tengono insieme
. Un articolo non si
può cambiare senza cambiare l’architettura dell’insieme
. Appunto per questo
c’è il 138, proprio per evitare che
una maggioranza improvvisata o temporanea potesse modificare un articolo a sua
immagine e somiglianza sfigurando l’intera architettura della Costituzione. La Carta può esser cambiata, ma con grande
prudenza e largo consenso
. Come ha detto il giurista Alessandro Pace, “è
modificabile ma non derogabile”.

Nel dibattito di allora il democristiano
Benvenuti disse che e modifiche non dovevano esser affrettate perché altrimenti
potevano “recare la complicità del presidente della Repubblica”. Cosa voleva
dire?

La preoccupazione era che un
presidente fosse messo con le spalle al muro, costretto a firmare una modifica.
Era una sorta di garanzia della figura suprema del presidente.

Vede analogie con oggi?

Esprimo la speranza che ci siano a
Roma i custodi della Costituzione. Compreso il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano: spero che da una riflessione accurata su quello che sta
accadendo possa ricavare la coscienza che la sua persuasione morale (se vogliamo dirlo in italiano e non col pessimo
anglismo moral suasion) debba esser
esercitata nella direzione di un rigorosissimo
rispetto dell’articolo 138
.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 30/07/2013, pag. 5.
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