Fine Occidente | Megachip
Top

Fine Occidente

Homo sapiens come homo ludens e non come homo faber. Vite più lunghe ma più vuote. Un crimine contro l’umanità se mai ce ne sono stati. [Johan Galtung]

Fine Occidente
Preroll

Redazione Modifica articolo

4 Novembre 2016 - 18.49


ATF
di Johan Galtung

Negli ultimi cent’anni l’aspettativa di vita è aumentata di circa 25% – da circa 80 a circa 100 anni – in alcuni paesi. Ma, invece di prolungare un’infanzia giocosa, l’istruzione, l’età lavorativa e poi di quiescenza appunto di 1/4, l’età di pensionamento si è spostata molto meno che l’età di morte. Il che priva masse di anziani con esperienza e saggezza di lavoro produttivo, del rendersi utili, d’incontri costruttivi con altre persone; riducendoli a dedicarsi al gioco – bridge o golf che sia – e ad appena mantenersi vivi. Homo sapiens come homo ludens e non come homo faber. Vite più lunghe ma più vuote. Un crimine contro l’umanità se mai ce ne sono stati. Con però due chiari rimedi: continuare a lavorare per conto proprio con la pensione per stipendio, o trovare senso nel dedicarsi a qualcosa oltre sé stessi, a qualche causa, in lavoro volontario. Che si dovrebbe programmare con buon anticipo prima d’entrare in una “carriera” culminante prima della o alla pensione; mentre il resto scema, anche in fretta.

La vita è un’espansione di un uovo fecondato a un essere umano maturo e una contrazione a uno spazio sempre più angusto attorno a sé finché il tempo finisce. La storia occidentale ha molte narrazioni riguardo all’espansione da qualche puntolino a un impero esteso e alla contrazione in spazi sempre più ristretti. Tali due dinamiche si modellano reciprocamente, con l’espansione imperiale che dà senso alla vita, e la contrazione, la morte degli imperi che rendono insensata la vita, con ondate di suicidi in massa che pongono fine ad Asburgo, nazisti, imperi d’apartheid. Hitler, nel 1940 a capo del massimo impero europeo d’ogni tempo, e nel 1945 solo del suo bunker, può essere stato un modello di suicida. Ma la cosa fu più profonda.

Adesso stiamo vivendo la storia in accelerazione della fine dell’impero USA, nella scia di circa altri 11 Stati in Europa; e del declino generale e del venir meno dell’egemonia occidentale. Ondate suicide su ambo le sponde dell’Atlantico?

Al contrario, la UE crea un quartier generale per l’Esercito UE, gli USA eleggono una presidente nota per la belligeranza, l’Inghilterra della Brexit rispolvera simboli di un impero da tempo sparito; trovando senso in guerra e dominio. Molto meglio sarebbe stato per tutte e tre elevare le condizioni dei ceti infimi in miseria.

Ma non viviamo almeno più sani, con una minore mortalità a anche morbilità? L’assemblea dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) a Ginevra il 23-28 maggio 2016 induce a qualche dubbio in proposito. Il Direttore Generale Dr. Chan celebra declini nella mortalità infantile e materna e nella morte per TBC e HIV. Ma sul versante negativo ci sono l’inquinamento dell’aria e il cambiamento climatico, patogeni farmaco-resistenti, l’insorgere di malattie infettive emergenti e riemergenti, la resistenza antimicrobica, malattie croniche non trasmissibili, sostanze chimiche come il piombo, pesticidi, obesità, marketing fuori luogo di alimenti dolcificati, malsani, con doni e campioni gratuiti, e mancanza d’accesso a medicine e vaccini a portata di borsa.

Badiamo al profitto prima/al di sopra della salute, come evidenziato dai relatori dei BRICS trattando del TPP; e appresso all’impero USA in declino. Dovremo morire di tutto quanto sopra, per salvare l’Occidente dalle ondate suicide transatlantiche? Né dalle une né dalle altre.

Ci sono soluzioni valide, alcune mediche-tecniche, alcune basate sul potere statale – leggi, fiscalità, sussidi – alcune basate sull’autodifesa popolare con [contro]informazione, boicottaggi, alternative. E gli USA magari possono unirsi al mondo, lasciandosi dietro l’egemonia globale.

Però, la dicotomia “sensato vs vuoto” va più a fondo. Si prenda Internet; si può derivare moltissimo senso dallo schermo. Oppure, c’è un’insidia? Wendy HK Chun da “In the Depths of the Digital Age” [i]Nel profondo dell’Era digitale[/i] (NY Review of Books, 23 giugno 2016):

“Quando si legge su carta, si segue più probabilmente il filo della narrazione o dell’ argomentazione, mentre leggendo su schermo si isolano più probabilmente parole-chiave – finendo magari con sentimenti più aspri, come la rabbia, nei loro confronti, anziché verso le idee potenzialmente differenti”.

Ma la rabbia non può essere rilevante come le idee? Certo, ma può produrre altra rabbia in una polarizzazione distruttiva mentre le idee producono idee in una cooperazione costruttiva. Alla lunga più atta allo scopo.

La rassegna invita a badare al software in “osservazioni acute” che individuino lo stato di salute. Cosa utile, che però riduce il latore a un oggetto anziché un soggetto, con il “significato” imposto, non proposto.

E fra le malattie più diffuse (al 1° e al 4° posto) secondo la WHO, stanno aumentando la depressione unipolare e la bipolare, entrambe ammazza-senso.

Fatemi condividere le mie esperienze nell’invecchiare, 86 anni il giorno in cui appare questo scritto. Senza dubbio la vita esteriore si contrae, come lavorare lontano da casa si riduce a contatti via Skype; i cerchi si riducono via via attorno alla propria residenza. Il lavoro riempito di comfort, bellezza e senso è ben speso. ma la vita interiore si espande se non si profonde troppa energia in preoccupazioni di salute.

Mi torna in mente l’articolo di Bertrand Russell in The Observer, “Arrivando ai 90”: gli svantaggi sono ovvi, ma c’è una supervisione, quella prospettiva a lungo termine data dall’avere vissuto a lungo. Avvenimenti, procedimenti, i mancati cambiamenti sperimentati si accumulano. Le loro sinergie si presentano come sprazzi di saggezza. Avviene sovente il “Che cosa ci ho imparato.” E risposte positive, ispiratrici possono dare più senso che segnali d’allerta.

E, giovani badate, noi anziani ne sappiamo qualcosa di amore e dintorni. Da più giovane, mi chiedevo come potessi vivere da anziano senza quelle attività così attraenti; invecchiando invece, [mi chiedo] come potrei vivere con esse. Una vita che non disturbi continuamente la vitalità mentale e spirituale schiude occasioni di profonda contemplazione. L’intimità con un(a) coniuge moltiplica la ricchezza: godendo insieme della natura, di climi variati, di persone meravigliose, di cibo delizioso, di cultura, in città o a casa. Ci vogliono consapevolezza, un po’ di lavoro, molta gratitudine. Gli anni più felici della mia vita.

Infanzia, adolescenza, i primi anni da adulto passano in rassegna in pensieri e sogni; da esplorare per cavarne messaggi positivi, e per qualcosa andato storto che possa essere rimediato. Sogno l’estate e il bel tempo, viaggi, qualche specie di missione, qualcosa che va storto me si sta rassettando o lo sarà – in breve, una rassegna della mia vita; che l’arricchisce facendone vivere due insieme, qui-e-ora e là-e-allora. Affascinante.

E le brutte cose successe? Ci sono ma trapassano, nel qui-e-ora. Ovviamente, scriverne aiuta l’elaborazione e la ricerca di nuovi orizzonti. Anche guardando uno schermo, senza rievocare con rabbia. Ma forse con una comprensione più approfondita che punta avanti a un altro domani, in quel flusso accattivante d’espansione delle vite interiori.

(27 ottobre 2016)

[url”Link articolo”]http://serenoregis.org/2016/10/27/vite-piu-lunghe-ma-meno-significative-johan-galtung/[/url] © Centro Studi Sereno Regis.

Nº 452 – Johan Galtung, 24 ottobre 2016.

Originale in: [url”Longer, but Less Meaningful Lives?”]http://www.transcend.org/tms/2016/10/longer-but-less-meaningful-lives/[/url]

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis.

Infografica: © [url”theportraitart.com”]theportraitart.com[/url].

[url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]
Native

Articoli correlati