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Il South Stream e gli smidollati europei

'Il capo dell''ENI dice che potrebbe uscire dal South Stream per non sforare i bilanci. Una scelta politica camuffata da scelta finanziaria in mezzo a intimidazioni USA? '

Il South Stream e gli smidollati europei
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6 Novembre 2014 - 18.54


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di Gianni Petrosillo.

L’Italia è il Paese delle varianti in corso d’opera, dei costi
infrastrutturali che schizzano alle stelle, nonostante i contratti
stipulati e quasi mai rispettati nel “conquibus”, e degli sprechi
gestionali con i quali vengono coperti i costi di accomodamento delle
pratiche amministrative, nonché le copiose regalie ai consulenti amici
dei politici.

Nel Belpaese non c’è investimento che rispetti le aspettative di spesa,
in tutti settori dove s’impiega denaro pubblico, eppure ci sentiamo
raccontare dall’AD di Eni
che l’azienda di San Donato potrebbe uscire
dal South Stream per non sforare i bilanci
.

Dice Claudio Descalzi: “Dobbiamo guardare i nostri conti. O l’Eni riesce a
mantenere il suo impegno budgetario di 600 milioni o i conti verrebbero
ad essere messi in pericolo. Eni non spenderà più di quello messo in
budget, abbiamo l’opportunità contrattuale di uscire e la valuteremo”
.

Questa improvvisa attenzione agli stanziamenti preventivati in un affare
così strategico
, che potrebbe garantire alla Penisola forniture di gas
sicure per i prossimi decenni, desta molti sospetti. Si tratta di una
questione dettata puramente da valutazioni finanziarie o siamo in
presenza di una precisa scelta politica camuffata dietro le prime
?

La
domanda sorge spontanea all’indomani delle intimidazioni americane
rivolte a tutti i paesi coinvolti a vario titolo nell’impresa, con l’Ue
che non è stata da meno minacciando, da par suo, sanzioni nei confronti
di quegli Stati membri che dovessero giungere a violare le prescrizioni
del Tpe, le quali sembrano pensate apposta per creare ostacoli
all’accordo coi russi.

Ma mentre il nostro governo, more solito, si è immediatamente piegato ai
diktat di Bruxelles e di Washington
, accampando scuse pretestuose e
difficoltà immaginarie, come quelle di Descalzi, gli altri partner
comunitari procedono spediti nella collaborazione con Mosca.

L’Ungheria è
tra questi.

Il Presidente Viktor Orbán non si è fatto intimorire dalla Commissione e dalla
Casa Bianca, ribadendo la sua determinazione ad attuare il progetto: “La
Germania ha già costruito il gasdotto North Stream, con il quale è in
grado di aggirare l’Ucraina che è una potenziale fonte di pericolo. E
noi non vogliamo niente di più”
.

Come dargli torto alla luce delle innumerevoli crisi aperte da Kiev con
il Cremlino che hanno più volte messo a rischio le forniture per il
vecchio continente? Per prevenire qualsiasi problema legale il
parlamento ungherese ha approvato una legge che bypassa il pacchetto
europeo sull’energia
. Gli euroburocrati, abituati a sentirsi rispondere
signorsì, non l’hanno presa bene. Budapest potrebbe pagare un prezzo
salato per questo atto di coraggio ma, evidentemente, gli ungheresi
ritengono che esercitare la propria sovranità decisionale su tali temi
alla lunga premi di più che non cedere a testa bassa ai ricatti di
terzi.

Washington, per ritorsione, è già ricorsa alle sanzioni contro
l’Ungheria
precludendo l’ingresso nel suo territorio a uomini d’affari
ungheresi legati ad Orbán. Se il Presidente non torna sui suoi passi
dovrà attendersi ancora brutte sorprese, magari un altro ubriaco che col
carrello urta il suo aeroplano e gli fa fare la fine di Christophe de Margerie.

Invece, a Roma non l’hanno ancora capito e fanno a gara a
rilanciare le intemerate della Commissione e i consigli che non si posso
rifiutare degli statunitensi sull’argomento, per accreditarsi verso i
potentati internazionali che garantiscono le loro carriere.

Non ci aspettiamo nessuno scatto d’orgoglio da una classe dirigente che
si regge in piedi solo coi giochetti trasversali di Palazzo, ma almeno
non ci vengano a prendere in giro anteponendo geroglifici contabili ai
nostri interessi strategici che non hanno prezzo
.

E’ già successo con lo
spread e gli italiani non ci ricascheranno un’altra volta, almeno lo si
spera.

I nostri politicanti da strapazzo si trovino una giustificazione
migliore per le loro menzogne o, infine, dicano la verità, anche se
dubitiamo che essere sinceri sia mai stato nelle loro corde. Piuttosto, è
utile sapere che la sfida per il South Stream è appena agli inizi.

Gli
Usa non intendono cedere
sul punto e quando non ci riescono con le buone
ricorrono alle cattive maniere. Lo sanno i dirigenti bulgari e serbi,
rappresentanti di territori interessati dalla posa dei dotti e
dipendenti dal gas di Mosca, che sotto le pressioni del senatore McCain,
in visita a Sofia, furono costretti a dichiarazioni contro il South
Stream, come ammesso anche dallo stesso Premier bulgaro. Come mai John
Sidney McCain III, un senatore yankee dell’Arizona, abbia una tale
influenza fuori dal suo ranch, tanto da mettere in riga presidenti e
parlamentari europei, resta un arcano che può essere spiegato unicamente
constatando l’assenza di uomini seri nell’UE. Del resto, qui sta tutta
la superiorità della democrazia all’occidentale che rispetto alle
“dittature orientali” ha affinato le tecniche di condizionamento: sotto
le tirannie non esistono che servi e leccapiedi (o almeno così ci
descrivono i collaboratori e gli amici di Putin o di Xi Jinping i nostri
giornali), mentre in democrazia sono gli uomini liberi che servono,
ossequiano e ungono i prepotenti! E noi in Europa siamo tutti uomini
liberi, vuoi mettere la differenza?

Fonte: http://www.conflittiestrategie.it/il-south-stream-e-gli-smidollati-europei.

L”articolo è presente anche nella rubrica di Petrosillo su Tiscali: [url”http://notizie.tiscali.it/politica/socialnews/politica/Petrosillo/15073/articoli/South-Stream-Descalzi-e-l-Italia-dei-piedi-nudi.html”]http://notizie.tiscali.it/politica/socialnews/politica/Petrosillo/15073/articoli/South-Stream-Descalzi-e-l-Italia-dei-piedi-nudi.html[/url]

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