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di Marco Santopadre.
Vittoria storica per la sinistra greca ma senza maggioranza
assoluta, il che sta generando già le prime fibrillazioni all’interno
del partito di Tsipras e in una parte dell’area sociale organizzata che
ha sostenuto nelle piazze l’ascesa di un partito che pochi anni fa era
al 5% e che ieri ha conquistato il 36.34%. Ottenendo però solo 149 seggi
– il doppio dei 71 del 2012, grazie al netto aumento percentuale e al
premio di maggioranza di 50 parlamentari – rispetto agli almeno 151
necessari a governare da solo. In realtà glie ne servivano parecchi di
più tenendo conto che se lo scontro con i poteri forti europei ed
interni si dovesse radicalizzare il partito potrebbe perdere qualcuno
dei parlamentari provenienti da quelle aree del Pasok uscite – o
cacciate – dal partito socialista perché in polemica con i diktat della
troika e l’austerity.
Da sottolineare che la partecipazione al voto nella giornata di ieri è
stata solo del 64%, nonostante tutti i giornalisti stranieri abbiano
evidenziato le lunghe file ai seggi e la mobilitazione dell’elettorato.
Che non c’è stata più di tanto, visto che l’affluenza ha superato di
neanche due punti quella registrata nelle politiche del 2012 e a fronte
di norme che teoricamente rendono il voto obbligatorio.
Da segnalare
anche che non c’è stato nessun crollo o smottamento della destra
‘costituzionale’ e governativa guidata dall’ex premier Antonis Samaras,
che ha portato a casa un ottimo risultato con il 27.81%, poco al di
sotto della quota raggiunta tre anni fa.
Il disastro, annunciato e
previsto già dalla vigilia, c’è invece stato per i socialisti del Pasok,
partner di governo di Nea Dimokratia relegati dall’elettorato in ultima
posizione tra le formazioni che hanno avuto accesso al parlamento
avendo superato lo sbarramento del 3%. Un misero 4.68% a fronte del
quasi 40 che il Pasok otteneva sistematicamente alle elezioni prima che
diventasse uno strumento dell’Unione Europea e del Fondo Monetario
Internazionale. Bastava girare per gli uffici deserti del partito ad
Atene per rendersi conto ieri sera dell’aria che tira nell’ex partito
egemone del centrosinistra ellenico. Nel quale già durante la notte è
iniziato un durissimo scontro per la leadership, con una parte della
dirigenza che chiede la testa del segretario Evangelos Venizelos. Che da
parte sua accusa del disastro soprattutto Giorgios Papandreou,
esponente di punta del partito che a poche settimane dal voto si è
inventato una sua formazione – Kinima – che avrebbe sottratto voti
preziosi al Pasok. Ma in realtà tutti i sondaggi degli ultimi mesi,
quindi prima della scissione di un Papandreou già estromesso dalla
direzione del partito, mostravano quel tracollo che ieri si è poi
effettivamente manifestato.
Inquietante appare l’affermazione
dell’estrema destra neonazista che si piazza al terzo posto con il 6.28%
dei voti. Assai meno di quanto ottenuto alle elezioni amministrative e
poi alle recenti europee, ma comunque troppo considerando che la sua
direzione e molti dei suoi parlamentari sono in galera dal 2013 e
verranno presto processati per reati gravissimi: omicidi, aggressioni,
estorsione, traffico di armi ecc. I capi di Alba Dorata alla vigilia del
voto hanno chiarito che “tifavano†per una netta vittoria di Syriza
perché, in caso di fallimento di Tsipras e soci, i neonazisti avrebbero
le carte in regola per proporsi ad un disilluso elettorato popolare come
“salvatori della patria”.
Parzialmente deludente il risultato di
To Potami, la lista centrista ed europeista fondata recentemente da un
giornalista televisivo e che ha attratto parte del voto socialista in
fuga. “Il fiume†ha ottenuto però solo il 6.05% e 17 seggi, meno di
quanto gli assegnavano i sondaggi.
Buon risultato invece per i
comunisti del KKE che con il 5,47% e 15 seggi ottengono un punto
percentuale e 3 seggi in più rispetto al 2012 evitando di rimanere
schiacciati all’interno dello scontro a due tra Syriza e Nuova
Democrazia.
Greci Indipendenti (Anel, scissione di destra di Nea
Dimokratia contraria all’austerity) ha ottenuto ieri il 4,75% e 13
seggi. Sette parlamentari in meno del 2012 ma abbastanza per fornire una
sponda a Syriza. Un risultato che si sta rivelando centrale per la
formazione di un nuovo esecutivo.
Già ieri sera, parlando davanti a
migliaia di sostenitori riuniti per festeggiare la vittoria davanti
all’università ad Atene, Tsipras ha evitato accuratamente di parlare di
‘vittoria della sinistra’ ed ha invece valorizzato termini come “patriaâ€
e “popoloâ€. Tsipras evidentemente parlava da premier a tutta la societÃ
greca, ma più di qualcuno ha intravisto nel linguaggio utilizzato dal
popolare leader un”apertura di credito proprio nei confronti di Panos
Kammenos, l’ex esponente di Nuova Democrazia ora a capo di un partito
che è si anti-memorandum ma che in cambio potrebbe chiedere una
contropartita. Ad esempio sul contrasto all’immigrazione o su alcuni
temi riguardanti i diritti civili. Anel non è un partito della destra
estrema, ma non ha certo una visione di classe dello scontro con la
troika, che invece concepisce a partire dalla sua concezione prettamente
nazionalista.
A sinistra l’alleanza sta creando mal di pancia e
proteste, con dirigenti e militanti della sinistra interna e di altre
formazioni indipendenti che chiedono alla direzione di Syriza di
rinunciare all’accordo con Anel e di provare di nuovo a convincere il
Partito Comunista a formare una coalizione di governo che lotti
frontalmente contro la troika da una posizione di sinistra. Ma il KKE
chiede misure drastiche e immediate – nazionalizzazioni, la denuncia e
il rifiuto del pagamento del debito – che Tsipras non è disposta a
concedere.
E” comunque di poco fa la notizia che l’accordo tra
Syriza e Anel è cosa fatta. «Il partito dei Greci Indipendenti sosterrÃ
il governo che sarà formato dal presidente incaricato Tsipras. Da questo
momento il Paese ha un nuovo governo» ha dichiarato Panos Kammenos,
uscendo dall”incontro di un”ora avuto con il segretario di Syriza che
dovrebbe essere nominato ufficialmente primo ministro alle 16 di oggi
(le 15 italiane) dal presidente della Repubblica Ellenica, Karolos
Papoulias. Prima di giurare Tsipras dovrebbe incontrare l”arcivescovo di
Atene per comunicargli che non intende prestare anche la versione
religiosa del giuramento, il che potrebbe creare già le prime frizioni
con la destra nazionalista.
Tramonta quindi la possibilità di
un”intesa con To Potami, formazione di centrosinistra ma assai più
morbida nei confronti delle politiche rigoriste e assai più europeista
della stessa Syriza.
Che in queste ore deve fare i conti con un
evidente e strumentale tentativo da parte del partito socialista europeo
– in particolare da parte di Matteo Renzi e di Francois Hollande, oltre
che del leader di Sel Nichi Vendola – di impossessarsi del risultato
elettorale greco, intestandosi la vittoria e cercando di cooptare Syriza
all’interno di un fronte che si oppone sì alla Germania in nome
dell’allentamento dell’austerity e del rilancio della crescita, ma in un
meccanismo tutto interno e affatto conflittuale nei confronti della
Troika.
Come era prevedibile, anche i movimenti euroscettici di
destra ed estrema destra stanno cercando di appropriarsi del risultato
elettorale ellenico. Tra questi il Front National francese, la cui
presidente, Marine Le Pen, in una dichiarazione si «rallegra per lo
schiaffo democratico mostruoso che il popolo greco ha dato all”Unione
europea».
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