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La fine del colonialismo francese

Hollande in Siria vede 3 campi, ma ce ne sono solo due: Stato contro jihadismo. Asssisteremo a una nuova spartizione Mosca-Washington, e Parigi è fuori. [T. Meyssan]

La fine del colonialismo francese
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22 Settembre 2013 - 22.33


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°51.

di
Thierry Meyssan
.

Il
presidente Putin ha appena scritto sul
New
York Times
che la guerra di Siria
contrapponeva lo Stato allo jihadismo internazionale. Allo stesso
tempo, il presidente Hollande ha dichiarato a TF1 che si trattava di
una guerra per la democrazia. Il secondo si sbaglia, come dimostra il
prosieguo del suo ragionamento basato su un terreno di battaglia a
tre campi. Dietro queste contraddizioni retoriche, è la fine del
colonialismo ad essere in gioco.

Gli
Stati Uniti e la Russia hanno convenuto, in occasione della
conferenza di Ginevra 1, nel giugno 2012, di spartirsi il Vicino
Oriente sulle rovine dell”accordo Sykes-Picot del 1916. Quella che
veniva presentata come una volontà di trovare una pace giusta e
duratura significava in realtà tanto tornare al mondo bipolare come
ai tempi dell”Unione Sovietica, quanto escludere i britannici e i
francesi dalla regione.

Questo
progetto poteva sembrare illusorio. Tuttavia, quattordici mesi dopo,
ha trovato un inizio di realizzazione.

Finora,
gli europei avevano giocato bene. Nel novembre del 2010 , Nicolas
Sarkozy e David Cameron hanno firmato il Trattato di Lancaster House,
in base al quale i due paesi nettevano in comune le loro forze di
proiezione, vale a dire le loro forze coloniali. Come concordato con
Washington, i due Stati attendevano l”inizio della “primavera
araba”, per fomentare disordini in Libia e in Siria. Ai loro
agenti libici donavano la bandiera dell”ex re Idriss, collaboratore
dei britannici. Quanto all”Esercito siriano libero, gli donavano la
bandiera del mandato francese. Bastava vedere i loro simboli per
capire che questi movimenti, che pretendevano di essere
rivoluzionari, erano invenzioni dei vecchi occupanti.

Con
l”aiuto del Qatar e dell”Arabia Saudita, sono giunti a seminare la
confusione nei due paesi. Una parte delle opposizioni a Muammar
Gheddafi e a Bashar al-Assad si univano per un certo tempo con i
jihadisti della NATO. Tuttavia, mentre la Jamahiriya libica dovette
soccombere sotto i bombardamenti, in carenza di alleanze
internazionali, la Siria non fu bombardata e resistè. La questione
non era più quella di rovesciare le istituzioni, bensì di scegliere
il proprio futuro. A poco a poco gli equivoci svanirono. Oggi, come
in tutte le guerre, rimangono solo due campi: lo Stato laico da un
lato, contro il jihadismo internazionale dall”altro.

Allo
stesso modo, durante la seconda guerra mondiale, Charles de Gaulle fu
isolato al tempo del suo appello del 18 giugno 1940. Pochissimi
francesi gli risposero, sia che pensassero che la guerra fosse persa
prima d”essere cominciata, sia che non sopportassero il suo carattere
autocratico. Eppure, quattro anni più tardi, raccolse dietro di sé
il 95 per cento dei francesi, da una parte perché li conduceva alla
vittoria e d”altra parte perché aveva saputo federare intorno a sé
le diverse sensibilità politiche.

Poiché
adesso il presidente al-Assad raduna dietro di sé la stragrande
maggioranza dei siriani, la Francia non sa cosa più che pesci
prendere. In un”intervista a TF1, il presidente François Hollande ha affermato che questa guerra aveva come scopo la
democrazia. Secondo lui, gli occidentali dovrebbero quindi portare
al potere a Damasco i democratici siriani, ossia, precisava, né
Bashar al-Assad né i jihadisti . Quest”analisi assurda significa che
sul terreno di battaglia ci sarebbero tre campi. La verità è che ce
ne sono sono soltanto due, e i democratici si sono schierati con lo
Stato siriano, cioè con il presidente al-Assad.

È
in fondo lì che risiede la posta in gioco internazionale di questa
guerra: la colonizzazione non ha più alcun senso nel XXI secolo. Se
gli Stati Uniti e la Russia vogliono spartirsi la regione in zone di
influenza, come consentito dal loro status, devono farlo su una base
diversa da quella che adottarono britannici e francesi, quasi un
secolo fa. Devono ragionare in termini di un”alleanza e non di
dominazione.

Thierry
Meyssan, 22 settembre 2013.

Traduzione
a cura di Matzu Yagi.

Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Tichreen” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”, in francese sul “Réseau Voltaire”.

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