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Il Kurdistan e il Califfato

'In poche settimane, si stanno concretizzando due nuove entità: il Kurdistan e il Califfato. Entrambe agiscono sotto l''impulso di Washington [Thierry Meyssan]'

Il Kurdistan e il Califfato
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7 Luglio 2014 - 07.28


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«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°88

di
Thierry Meyssan
.

In poche settimane, due entità alle quali
ben pochi assegnavano un qualche avvenire, si stanno invece concretizzando: il
Kurdistan e il Califfato. L”analisi di Thierry Meyssan, secondo cui queste due
entità agiscono entrambe sotto l”impulso di Washington, è confermata dagli
eventi. Qui esamina gli ultimi sviluppi.

Dalla
caduta di Mosul, ho affermato che la guerra in Iraq non deve essere
interpretata come un”azione dell”EIIL, bensì come un”offensiva combinata degli
jihadisti e del governo locale curdo al fine di applicare il piano statunitense
di rimodellamento del paese. [1]

Ero
in quel momento da solo, e questo punto di vista andava contro corrente. Tre
settimane più tardi, è diventato assai evidente.

La
creazione del Kurdistan

Il 20 giugno, Israele ha acquistato presso il governo
locale curdo il petrolio che aveva rubato a Kirkuk a dispetto del parere
internazionale del governo federale iracheno [2].

Il transito di petrolio era stato facilitato dall”EIIL
che controlla l”oleodotto e dalla Turchia che ha concesso che la merce fosse
caricata su una petroliera nel porto di Ceyhan.

Il 25 giugno, i partiti politici curdi in Iraq mettevano
da parte le loro differenze e formavano un governo unitario locale. Fino ad
allora, erano divisi tra due grandi coalizioni, una filo-turca e
filo-israeliana guidata dal Partito Democratico del Kurdistan (PDK) di Barzani
e l”altra filo-iraniana e filo-siriana, guidata dall”Unione Patriottica del Kurdistan
(UPK) di Talabani. L”unione tra queste due fazioni non sarebbe stata possibile
senza un accordo preventivo tra Tel Aviv, Washington e Teheran.

Mendi Safadi, un politico druso che funge da interfaccia
tra Israele e i Contras in Siria, trasmetteva a Reuven Rivlin una lettera del
Partito della Sinistra curda della Siria che si congratulava con lui per la sua
elezione da parte del Knesset e per chiamarlo a sostenere la creazione un
Kurdistan indipendente, a cavallo tra Siria e Iraq.

Il 26 e 27 giugno, il ministro degli Esteri britannico,
William Hague, ha visitato Baghdad ed Erbil. Come concordato, si è appellato al
primo ministro Nouri al-Maliki affinché formasse un governo inclusivo, sapendo
che non l”avrebbe fatto. Questo esercizio di stile fece sorridere la stampa di
Londra per la quale quel suo consiglio arrivava “un po” tardi” [3].

Poi ha discusso con Massoud Barzani della futura
indipendenza del Kurdistan. Come al solito, il passaggio dei britannici è un
momento decisivo.

Il 29 giugno, il primo ministro israeliano Benjamin
Netanyahu, ha rotto il tabù: ha annunciato che Israele sosteneva la creazione
di uno stato curdo indipendente in occasione di un discorso presso l”istituto
dell”Università di Tel Aviv per gli Studi di sicurezza nazionale. Cautamente,
si è astenuto dal precisare le frontiere che potrebbero sempre evolvere nel
corso del tempo [4].

Il 3 luglio, il presidente del governo locale del
Kurdistan, Massoud Barzani, ha fatto appello al suo parlamento affinché
indicesse un referendum per l”autodeterminazione. Non a caso, la Casa Bianca ha
risposto ribadendo pubblicamente il suo sostegno in favore di «un Iraq
democratico, pluralista e unito», mentre il vice presidente Joe Biden riceveva
in privato il capo di gabinetto di Barzani, Fouad Hussein, per mettere a punto
il referendum.

Non pare che il PDK (maggioritario in Iraq, ma
minoritario in Siria) sia in grado di organizzare il referendum
contemporaneamente in entrambi i paesi. Washington dovrà dunque accontentarsi
di un Kurdistan separato dall”Iraq attuale, rinviando a un altro momento le
divisioni territoriali della Siria e della Turchia. Nel periodo attuale,
moltiplica i messaggi distensivi verso Damasco (con cui parla di nuovo) e verso
Ankara, che però non vi ci credono.

La questione su cui tutti s”interrogano è: quale sarà la
politica estera del nuovo Stato. Finora, i Barzani erano riusciti a creare
un”isola di prosperità, ma l”avvevano allineata con Israele. Qualora questa
opzione dovesse perdurare, cambierebbe completamente i rapporti strategici
nella regione.

Lo
spettro del Califfato

Nel frattempo, l”EIIL (rinominato EI) ha proclamato il
Califfato. In un lungo testo lirico, condito con citazioni del Corano, annuncia
che poiché è in grado di imporre la Shari”a nel vasto territorio sotto il suo
controllo in Siria e in Iraq, è giunto alla conclusione che il tempo del
Califfato sia venuto. E ha annunciato di aver eletto Califfo il suo capo, Abu
Bakr al-Baghdadi, e che ogni credente, ovunque si trovi, ha il dovere di
sottomettersi a lui [5].

Nessuna fotografia del nuovo capo di Stato è stata
diffusa, così che nessuno sa se al-Bagdhadi esista davvero o se il nome di
“califfo Ibrahim” sia solo uno spauracchio.

Se la presa del nord dell”Iraq era stata ben accolta da
una parte del mondo musulmano, cӏ da dubitare che questa pretesa di governarlo
nel suo insieme sia stata diversamente apprezzata.

Al-Qa”ida nel Maghreb Islamico (AQMI) ha apportato il
proprio sostegno “agli eroi dell”Emirato islamico”. Mentre Al-Qa”ida
nella Penisola Arabica (AQPA) ha inviato i suoi migliori auguri di successo e
vittoria. Altri gruppi affiliati ad Al-Qa”ida, come Boko Haram in Nigeria e gli
Shabaab in Somalia, dovrebbero proclamargli fedeltà a breve. Assisteremo così a
una mutazione di Al-Qa”ida che passerebbe dallo status di rete terroristica
internazionale a quello di Stato non riconosciuto.

In ogni caso, l”EI continua la sua progressione con
cautela. Sa di poter combattere entro certi limiti, ed è attento a non
offendere gli interessi di Washington e dei suoi alleati, compresi quelli di
circostanza. Così, a Samarra, ha evitato accuratamente di attaccare i mausolei
degli imam sciiti in modo da non provocare l”Iran.

D”ora in poi, molte voci si alzano a Washington per
confermare il rimodellamento dell”Iraq. Così Michael Hayden, ex direttore della
NSA e della CIA, pronuncia a Fox News il seguente verdetto: «Con la conquista
da parte dei ribelli della maggior parte del territorio sunnita, l”Iraq ha già
praticamente cessato di esistere. La sua suddivisione è inevitabile». Le sue
dichiarazioni sono accompagnate da appelli all”intervento. L”ex consigliere di
George Bush, poi ambasciatore in Iraq di Barack Obama, James Jeffrey, ha
commentato: «[Gli jihadisti] non si sono mai fermati, nemmeno quando ero
laggiù, nel 2010 e nel 2011. Erano totalmente sconfitti e avevano perso la loro
popolazione. Eravamo alle loro calcagna e non si sono individuati. Non cӏ
alcun modo di ragionare con loro, non c”è nessun modo di contenerli, è
necessario ucciderli.»

La stampa atlantista interpreta queste posizioni come un
dibattito tra i sostenitori della divisione dell”Iraq e il sostegno alla sua
unità con la forza. In realtà, il programma di Washington non potrebbe essere
più chiaro: prima lasciare che gli jihadisti dividano l”Iraq (e forse l”Arabia
Saudita), poi schiacciarli una volta assolto il loro compito.

In questa prospettiva, il presidente Obama si consulta e
si fa trascinare fino a un certo punto. In violazione degli accordi di Difesa
iracheno-statunitensi, ha inviato sul posto appena 800 uomini, di cui soltanto
300 per inquadrare le forze irachene, essendo gli altri assegnati alla
protezione dell”ambasciata.

NOTE:

[1] «Washington
rilancia il suo progetto di divisione dell’Iraq
»; «Jihadismo
e industria petrolifera
»; «Quale
obiettivo dopo l’Iraq?
», di Thierry Meyssan, Al-Watan/Réseau
Voltaire/Megachip
, 16, 23 e 30 giugno 2014.

[2]
“
Israel accepts first delivery of
disputed Kurdish pipeline oil
”, di Julia
Payne, Reuters, 20 giugno 2014.

[4]
«
Address by PM Netanyahu at the
Institute for National Security Studies
», Ufficio
del primo Ministro, 29 giugno 2014.

[5]
«
Proclamation du Califat», Réseau Voltaire, 1°
luglio 2014.

Questa “cronaca settimanale
di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul
quotidiano“Al-Watan”
 (Siria), in versione tedesca
sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa
sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information
Clearing House”
, in francese sul “Réseau Voltaire”.

Thierry Meyssan, 6 luglio 2014.

Traduzione a cura di Matzu
Yagi
.

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